di Richard Strauss
direttore: Gianluigi Gelmetti, regia: Nicolas Joel, scene: Ezio Frigerio, costumi: Franca Squarciapino, luci: Vinicio Cheli
con Christiane Iven, Kurt Rydl, Irini Karajanni, Peter Weber, Gemma Bertagnolli, Alessia Grimaldi, Cesare Ruta, Mariella Guarnera, Robert Holzer, Danilo Gabriele Serraiocco, Antonio Pannunzio, Mauro Utzeri, Patrizio Saudelli, Mario Zefferi, Marco Frusoni, Miriam Artiaco, Gemma Gabriella Stimola, Manuela Boni, Maria Sharon Menini, Francesco Giannelli, Antonio Taschini, Giuseppe Auletta, Fabio Tinalli, Federico Benetti, Maurizio Rossi, Giorgio Parpaiola, Maurizio Cascianelli, Stefano Pitaccio, Francesco Luccioni, Daniele Massimi, Andrea Buratti, Luca Battagello, Francesco Melis, Riccardo Coltellacci.
Nuovo allestimento in coproduzione con il Thèâtre du Capitole di Tolosa, Orchestra e Coro del Teatro dell'Opera
Roma, Teatro dell'Opera, dal 12 al 18 novembre 2008
Nel 1911 il Teatro dell'Opera di Roma fu secondo solo alla Scala di Milano nel rappresentare, a pochi mesi dalla prima assoluta di Dresda, Il cavaliere della rosa, secondo grande frutto del connubio Srauss-Hofmannsthal. A quello zelo iniziale dell'ente lirico romano seguì per tutto un secolo un sostanziale disinteresse: l'ultima edizione risale a 35 anni or sono. La ripresa messa in scena l'altra sera ha un buon impatto con il nuovo (ed ignaro) pubblico.
Tradizionale nel senso più positivo del termine (regia di Nicolas Joel, scene di Ezio Frigerio e costumi di Franca Squarciapino) questo Cavaliere corre più sul filo della malinconia che del piacere: nella storia come nella musica il languore ha sempre la meglio su un vitalismo esagerato.
Che questa sia anche un'opera 'comica' sarà pur vero, ma in fondo si tratta di un grosso equivoco. E il maestro Gianluigi Gelmetti, sul podio, è il primo a mettere in risalto l'affinità delle idee melodiche e delle situazioni drammatiche. La sua direzione restituisce unitarietà al sostanziale eclettismo della partitura e risulta precisa e quando occorre appassionata: una guida sicura per l'affollatissima orchestra e per i cantanti, per il virtuosismo strumentale (ad esempio quando piega o espande il valzer dalla parodia all'abbandono lirico) e per i momenti magici della vocalità come l'aria della Marescialla nel primo atto e lo splendido terzetto finale. Del tutto meritati non solo gli applausi del pubblico per gli interpreti (Christiane Iven, Kurt Rydl, Irini Karajanni, Peter Weber e Gemma Bertagnolli), ma anche l'onorificenza (le insegne di Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al Merito della Repubblica) che il presidente Napolitano ha voluto consegnare personalmente a Gelmetti (maestro concertatore e direttore dello spettacolo, nonché direttore musicale del Teatro dell'Opera) nel primo intervallo dell'opera.
Virgilio Celletti
E' senz’altro da ritenere che Strauss, scrivendo l’opera intorno al 1910, in quel declino umano aveva intuito una sorta di presagio di ciò che presto sarebbe accaduto in maniera ben più tragica e sconvolgente all’Austria, ancora per poco Felix.
Detto ciò, in questa magistrale e complessa “commedia per musica” è necessario trovare il giusto equilibrio tra allegria anche grossolana e consapevole malinconia, tra il coraggio della rinuncia e lo slancio del sentimento, tra accenti mozartiani ed echi wagneriani, sempre nella sapiente duttilità espressiva del forse anacronistico ma efficacissimo valzer.
Gianluigi Gelmetti concertatore, direttore e squisito cesellatore, attentissimo allo “stile di conversazione” dell’opera, ha colto tutto ciò con sagace rigore stilistico, pur concedendo qualche vitalismo di troppo alle scene con il barone Ochs e stemperando a volte l’incisività ritmica del valzer.
Molto buona la compagnia di canto, a cominciare dalla convincente Marescialla di Christiane Iven e dal barone Ochs dello smaliziatissimo cantante-attore Kurt Rydl. Altrettanto bravi e disinvolti Irini Karajanni (Octavian), Gemma Bertagnolli (Sophie) e tutti gli altri interpreti, incluso il tenore Mario Zefferi che nella recita cui abbiamo assistito impersonava in sostituzione del titolare del ruolo “un cantante italiano”.
Grandi bianche colonne con capitelli in oro caratterizzavano le scene di Ezio Frigerio, appropriate come i costumi di Franca Squarciapino. Sciolta e vivace, forse con qualche gag di troppo, ma indubbiamente colorita nella caratterizzazione di tutti i personaggi, la regia di Nicolas Joel ripresa da Stephane Roche e suggestive, specie all’arrivo del Cavaliere con la rosa d’argento, le luci di Vinicio Cheli.
Teatro gremito, pubblico plaudente.
Lucio Lironi
torna un "Cavaliere" di qualità
L'argomento principe, negli intervalli del Cavaliere della rosa l'altra sera al Teatro dell'Opera, era la crisi delle fondazioni liriche. Ma l'incertezza del momento non si è riflessa sull'esecuzione del capolavoro di Strauss e Hofmannsthal. L'Opera ha messo in campo un allestimento di qualità, musicale e scenica. E non era facile, sia perché il Rosenkavalier è una partitura complessa e dal cast imponente, sia perché orchestra e coro del Costanzi non la eseguivano da 45 anni (nel '73 fu proposta dai complessi del Teatro di Colonia diretti da Istvan Kertesz).
Eros e rinuncia, allegria e malinconia, musica raffinata e popolare, accenti ora mozartiani ora wagneriani: poche altre opere mescolano così felicemente tanti elementi diversi e contrastanti. Ma su tutto, anche sull'aurora dell'amore tra i giovani Octavian e Sophie, domina il senso del trascorrere del tempo che spegne la bellezza simboleggiato dalla Marescialla.
E il finale del prim'atto («Tutto ci sfugge tra le dita... tutto si disfa...») è stato il momento più intenso, con il canto ricco di sentimento di Christiane Iven (la Marescialla) e i toni scuri e dolenti della direzione di Gianluigi Gelmetti. La parte orchestrale suonava come il commiato da un mondo al tramonto, quello dell'Austria Felix, e forse come un presentimento della catastrofe imminente (l'opera è del 1910).
Ma il Cavaliere è anche il trionfo del valzer: Gelmetti, pur attento allo "stile di conversazione" della commedia, l'ha inteso come occasione di eleganze strumentali grazie a un'orchestra di bel suono, e l'ha suscitato invece in modo più "ruffiano" nelle parti relative al rozzo barone Ochs. Quest'ultimo era interpretato da Kurt Rydl, magnifico attore-cantante, il più applaudito alla fine. Convincenti di voce e di aspetto Irini Karajanni (mezzosoprano "en travesti") e Gemma Bertagnolli nei ruoli di Octavian e Sophie: la Bertagnolli ha dato al suo personaggio un tocco viperino che non guastava. Centrati il Faninal di Peter Weber, il Valzacchi di Cesare Ruta, l'Annina di Mariella Guarnera.
A bella esecuzione musicale, nitida realizzazione scenica con la regia di Nicolas Joel (ripresa da Stephan Roche): molto curata la recitazione, come si conviene al teatralissimo testo di Hofmannsthal. Forse un tantino sopra il rigo le gags di secondo e terz'atto ma non al punto da di attenuare l'eleganza e l'ambiguità della commedia. Il tutto nelle scene luminose di Ezio Frigerio, all'insegna della classicità e coerenti all'azione, e con i costumi di Franca Squarciapino che riflettono bene il ceto di appertenenza dei personaggi (l'allestimento è in coproduzione con il Thèatre du Capitol di Tolosa). Le luci di Vinicio Cheli danno un'atmosfera magica all'arrivo del Cavaliere con la rosa. E il coro istruito da Andrea Giorgi canta e recita in scioltezza.
Alla "prima" c'era il presidente Giorgio Napolitano (accolto dall'Inno di Mameli) che nell'intervallo ha consegnato al maestro Gelmetti l'onorificenza di Cavaliere di Gran Croce. Unico neo l'orario d'inizio, le 20.30, troppo tardi: lo spettacolo è terminato all'una meno un quarto. Si replica fino a martedì, tutti i giorni eccetto lunedì.
Alfredo Gasponi