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RITORNO DI CALANDRINO (IL) - regia Ruggero Cappuccio

Il ritorno di Calandrino Il ritorno di Calandrino Regia Ruggero Cappuccio

opera in due atti
direttore: Riccardo Muti
regia: Ruggero Cappuccio, scene: Edoardo Sanchi, costumi: Carlo Poggioli, luci: Maurizio Viani
con Laura Giordano, Monica Tarone, Leonardo Caimi, Juan Francisco Gatell, Marco Vinco
Salisburgo, Haus fur Mozart, 25 e 27 maggio 2007

La Stampa, 27 maggio 2007
Muti a Salisburgo
porta la Napoli di "Calandrino"

Il successo riscosso a Salisburgo dalla prima in tempi moderni dell'opera buffa di Domenico Cimarosa Il ritorno di Don Calandrino, risalente al 1778, va al di là della riuscita dello spettacolo, animato con vigile brio dalla bacchetta di Riccardo Muti, con i magnifici giovani dell'Orchestra Cherubini, giovani cantanti e regia di Ruggero Cappuccio fra acrobati, numeri della smorfia e oggetti antijella. Il pubblico, infatti, ha compreso che reinventare il Festival di Pentecoste attorno al direttore e a tesori sconosciuti del Settecento napoletano significa recuperare un tassello fondamentale della storia del melodramma. Cimarosa e prima ancora Paisiello, di cui l'anno prossimo si darà Il matrimonio inaspettato, hanno condotto a perfezione il genere dell'opera buffa trasformandolo in linguaggio comune alla musica europea.

Non solo i napoletani erano contesi dalle corti, ma la brillantezza melodica, la suadenza del canto, la spigliatezza delle situazioni divennero il termine di confronto, a partire dal vocabolario musicale, dei compositori successivi. Senza Cimarosa il teatro di Mozart non esisterebbe: Mozart andò ben oltre nell'introspezione, a livello melodico e armonico, ma alcune formule o intrecci gli arrivarono da Cimarosa.

Il ritorno di Don Calandrino ne è una dimostrazione possibile, oltre la sua gustosa fattura. Calandrino è il figlio del podestà che torna in paese con fama di sapiente, essendosi addottorato: in realtà ha studiato poco e abbindola gli altri con strampalate citazioni dotte. Però è fatto oggetto dell'attenzione di due fanciulle, Livietta e Irene: la prima è avvenente e intraprendente, suscita desideri nel francese Le Blonde, ma sarà abile nel conquistarsi Calandrino. Ora, tutto questo avviene in un tono caricaturale, con la rivalità fra le donne litigiose, fra gli uomini che si sfidano a duello ma per darsi forza col vino finiscono ubriachi, in parte secondo la tipica alternanza di recitativo e aria. Ma la marcia in più dell'opera buffa e di Cimarosa è il concertato d'azione, che arriva dritto nelle mani di Mozart. Il finale primo del Calandrino inizia come duetto fra i contendenti che s'attaccano alle bottiglie, laddove il protagonista deforma l'inizio dell'Eneide «Arma virumque cano» in «Arma vinumque cano», però dopo arrivano la donne e poi Valerio, sindaco nonché fratello di Irene. E' il medesimo principio di accumulazione e di complicazione che torna nel finale secondo delle mozartiane Nozze di Figaro un decennio più tardi, e la situazione di due coppie che girano attorno a un quinto personaggio si ritroverà in Così fan tutte.

Quel concertato è il luogo dove i personaggi fanno emergere i dubbi dell'interiorità, e chi se non Muti avrebbe potuto meglio farlo capire con il suono, il fraseggio, il timbro? In tre anni Muti ha forgiato i suoi giovani della Cherubini in modo esemplare, anche nei passaggi più veloci i violini sono nitidi e precisi. Fra le voci davvero interessante il tenore di grazia Juan Francisco Gatel: Calandrino sarà un mezzo contaballe, ma Cimarosa gli scrive arie da protagonista col colpo d'ala, anche parodiando l'opera seria. Molto agile Laura Giordano come Livietta, più robusta ma meno precisa Monica Tarone come Irene, spigliato seppur monocorde Marco Vinco in Le Blonde, forse indisposto Leonardo Caimi in Valerio.

Giangiorgio Satragni

Ultima modifica il Lunedì, 22 Luglio 2013 10:53
La Redazione

Questo articolo è stato scritto da uno dei collaboratori di Sipario.it. Se hai suggerimenti o commenti scrivi a comunicazione@sipario.it.

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