drammaturgia Wu Jiang e Wu Yuejia,
regia e scene Marco Plini
musiche originali Luigi Ceccarelli, Alessandro Cipriani e Qiu Xiaobo
regia per l'Opera di Pechino Xu Mengke
aiuto regia Thea Dellavalle,
costumi Jiang Dian; luci Tommaso Checcucci
video Orlando Bolognesi; acconciature e trucco Zheng Weiling
con gli attori della Compagnia Nazionale dell'Opera di Pechino:
Xu Mengke (Calaf), Zhang Jiachun (Turandot), Liu Dake (Timur),
Wu Tong (Liu), Ma Lei (Wang Ping), Wang Chao (Ping), Nan Zikang (Pong),
Wei Pengyu (Pang);
e l'ensemble musicale composto da musicisti italiani e cinesi:
Vincenzo Core (chitarra elettrica ed elaborazione elettronica),
Zhang Fuqi (Jing Er Hu) Li Lijing (Yue Qin) Meng Lingshen (Jing Hu),
Niu Lulu (Da Luo), Laura Mancini (percussioni) Giacomo Piermatti (contrabbasso),
Cao Rongping (Nao Bo), Chen Shumin (Xiao Luo), Wang Xi (Ban Gu e Da Tang Gu)
produzione Emilia Romagna Teatro Fondazione, Teatro Metastasio di Prato
e China National Peking Opera Company
al Teatro Comunale di Casalmaggiore (Cremona), 1 febbraio 2019
Il pubblico esplode in un lungo, caloroso applauso e viene da pensare che il linguaggio del teatro abbia veramente in sè qualcosa di magico e universale che smuove un comune sentire che trascende stili, lingue e culture. Questa è la considerazione che scaturisce dopo aver assistito a Turandot, messo in scena dalla Compagnia Nazionale dell'Opera di Pechino, con drammaturgia di Wu Jiang e Wu Yuejia e la regia di Marco Plini. La storia della principessa Turandot che fa uccidere i pretendenti che non risolvono i suoi enigmi e la determinazione del nobile Calaf nel conquistarla sono gli estremi della favola di Carlo Gozzi, nota al pubblico per la versione pucciniana. Ma qui Puccini non c'entra nulla. In scena — dominata da tre massicce colonne 'marmoree', quasi elementi totemici di un occidente che incombe — a muoversi sono in splendidi e sontuosi costumi gli attori dell'Opera di Pechino per cui vocalità e mimica sono l'alfabeto di una lingua complessa, tanto quanto il cinese tradotto dai sovratitoli. La cattivissima Turandot (Zhang Jiachun) di giallo vestita, il determinato Calaf (Xu Mengke) così come gli altri personaggi della fiaba si fanno funzioni, arrivano al pubblico nel loro presentarsi e forte connotazione visiva: la ricchezza dei costumi permette di individuare con facilità chi è l'uno e chi è l'altra; linguaggio non verbale che supplice alla lingua e alla lettura. Ciò che accade in scena è una sorta di recupero ancestrale e raffinato al tempo stesso degli stereotipi dei grandi racconti mitici e fiabeschi. Tutto ciò si verifica sottotraccia, per fascinazione e incalzato da un mix che vede la musica cinese tradizionale intrecciarsi con le musiche originali composte da Luigi Ceccarelli, Alessandro Cipriani e Qiu Xiabo. Le figure degli attori/personaggi si sciolgono — grazie alla regia di Marco Plini —, perdono, forse, un po' della loro staticità e sacralità originarie, e vivono di una relazione interna che li rende meno lontani, più penetrabili, pur in una gestualità che appartiene ai codici dell'Opera di Pechino, ma che può ricordare certi movimenti dei comici dell'arte, ritratti nelle stampe del XVI e XVII secolo. Suggestioni, forse, ma sta di fatto che il fascino esotico della ricchezza e dei colori squillanti dei costumi, la musicalità di quel recitato che sembra canto finiscono col conquistare e far entrare il pubblico in una dimensione altra, in una sorta di astrazione scenica in cui a confrontarsi come sempre sono il bene e il male, il giusto e l'ingiusto, l'odio e l'amore... in un tempo lontano che sa essere presente. L'impressione ricevuta da Turandot è quella di una certa 'ripetitività' dell'azione, ma anche questo aspetto ha il suo fascino. Almeno considerando la risposta calorosa che alla fine di un'ora e mezza arriva della platea. Un bell'azzardo quello proposto dal Comunale, vinto su tutta la linea e che smentisce i luoghi comuni che vogliono il pubblico di provincia meno avvezzo agli azzardi scenici. E chi l'aveva mai visto uno spettacolo dell'Opera nazionale di Pechino sulle sponde del Po... solo questo vale l'applauso caloroso al numeroso cast e alla stagione del Comunale di Casalmaggiore.
Nicola Arrigoni