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L’OMBRA LUNGA DI CENERENTOLA - regia Silvio Eiraldi

n momento de "L’ombra lunga di Cenerentola" che ha concluso nelle grotte il 57.mo Festival di Borgio Verezzi. Foto Luigi Cerati n momento de "L’ombra lunga di Cenerentola" che ha concluso nelle grotte il 57.mo Festival di Borgio Verezzi. Foto Luigi Cerati

di Davide Diamanti
regia: Silvio Eiraldi
Interpreti: Davide Diamanti, Matilde Amato, Giovanni Bortolotti, Alessio Dalmazzone, 
Eleonora Demarziani, Gaia De Marzo, Saonia Fraschetti, Michela Marenco, Monica Rabino
Costumi a cura de I Coribanti (Liceo Martini-Chiabrera di Savona)
Audio e luci: Mixando Savona
Produzione: Uno sguardo dal Palcoscenico
Borgio Verezzi, Grotte Valdemino, 13-14 agosto 2023

www.Sipario.it, 15 agosto 2023

Un interessante spettacolo della compagnia «Uno sguardo dal Palcoscenico» di Cairo Montenotte chiude la 57a edizione del Festival di Borgio Verezzi. Si tratta di un bell’esempio di teatro civile proposto da Davide Diamanti, giovane attore e autore che, insieme al valido Silvio Eiraldi, ha proposto una lettura amplificata della fiaba dei fratelli Grimm, Cenerella (meglio nota come Cenerentola). Lo spettacolo è stato allestito nelle grotte Valdemino (spazio visitabile dai turisti), che per l’occasione sono diventate lo scenario di una fiaba con risvolti inquietanti. L’ingresso in un ambiente arcaico e creato dalla mano potente della Natura, corrisponde ad una discesa verso una dimensione primordiale e selvaggia, e bene hanno fatto autore e regista a scegliere questo luogo come sfondo per la loro proposta drammaturgica. Lo spettacolo è itinerante e si sviluppa in due stazioni corrispondenti a due suggestive «sale» delle grotte: in quella situata più in profondità abbiamo le prime due parti dello spettacolo, la favola di Cenerella e poi un brano in cui gli attori recitano per punti un brano in cui la giornalista Laura Aprati, in un articolo scritto per Rai News il 10 settembre 2021, ha elencato tutti i divieti imposti dai talebani alle donne afghane. La terza parte dello spettacolo è ambientata nella «sala» superiore delle grotte e qui cinque attrici impersonano altrettante donne afghane impegnate a raccontare episodi tragici della propria vita.

Diamanti è ricorso alla storia di Cenerella poiché in essa ha riscontrato forti analogie con le condizioni di vita delle donne di molti Paesi del mondo, costrette a sottostare a fortissime restrizioni della propria libertà e negazione dei diritti civili oltre che violenze fisiche e morali. Non solo Cenerella, relegata nella sua situazione servile, è l’immagine della schiavitù femminile, ma le stesse sorellastre, secondo la versione originale della fiaba, si sottopongono a mutilazioni fisiche pur di riuscire a sposare il principe: la violenza quindi va a toccare tutte le donne, e non ci può essere un lieto fine se le donne sono ancora sottomesse al potere maschile. Ed infatti, l’elenco dei divieti imposti nel 2021 dai talebani ci immette in una dimensione violenta, carceraria e proibizionista, vòlta ad annichilire le donne impedendo loro la realizzazione personale e la libertà. Questa è la scena di raccordo con la terza parte dello spettacolo in cui cinque attrici, vestite con abiti islamici (ottimo il lavoro dei costumisti), impersonano diversi personaggi. Si parte con un estratto dalla Locandiera goldoniana, in cui Mirandolina, donna lavoratrice ed autonoma, esprime il proprio diritto di decidere se sposarsi o meno e di scegliersi l’uomo che più le aggrada. A dire che ancora oggi, duecentosettanta anni dopo Mirandolina, in Afghanistan (ma non solo), le donne non hanno alcuna libertà. A seguire un altro curioso accostamento: un’attrice impersona Pinocchio in dialogo con Lucignolo mentre quest’ultimo sta aspettando il carro che lo condurrà al Paese dei Balocchi e il simpatico burattino è particolarmente affascinato dal fatto che in quel bellissimo Paese non ci siano maestri e non si debba mai studiare. Immediatamente dopo ci viene ricordato che alle donne afghane è proibito studiare oltre gli undici anni e che una donna senza lavoro e senza istruzione è facilmente manipolabile, proprio come un burattino. Altre attrici ci rammentano, di volta in volta, momenti strazianti della vita delle donne afghane e il tutto viene messo a confronto con i nostri piccoli problemi quotidiani che impallidiscono e appaiono sciocchi dinanzi alla questione femminile che sussiste in alcuni Paesi islamici. 

In conclusione abbiamo assistito ad uno spettacolo intelligente e ben costruito, ma soprattutto necessario, proprio oggi che i riflettori sul mondo afghano parrebbero essere meno presenti e, per contro, la condizione femminile non cessa di rivelarsi ben lungi dall’essere risolta.

Davide Diamanti, che si è ritagliato un ruolo di cantastorie e ha introdotto lo spettacolo ci ha regalato un bel testo, diretto con mano sicura da Silvio Eiraldi e in cui tutti gli attori hanno dato prova di bravura. Al termine applausi convinti da parte del pubblico ne hanno sottolineato l’apprezzamento.

Mauro Canova

Ultima modifica il Sabato, 19 Agosto 2023 17:15

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