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Sono sempre ‘altrove’, proiettati verso luoghi che i grandi non vedono, persi negli schermi dello smartphone, oppure in una piazzetta a raccontarsi, o ancora nella loro stanza a sognare mondi nuovi e a tenere a bada il cuore che batte all’impazzita. Sono i ragazzi di oggi, gli adolescenti di sempre che ‘Altrove’ della Compagnia dei Piccoli racconta con calore e prossimità anagrafica fra l’oggetto della narrazione e gli attori che agiscono il racconto. ‘Altrove’ si articola in una serie di frammenti di vita, amplificati dalle riprese in presa diretta e proiettate su schermo, come se stessimo assistendo a una sorta di esperimento, come se quei ragazzi fossero cavie di un’indagine sociologica che si vuole documentare con l’oggettività di una telecamera ‘nascosta’. 

Il disegno drammaturgico appone, una scena all’altra senza un’apparente concatenazione: c’è l’approccio con l’altro sesso che si stempera in una serie di selfie, c’è la voglia di essere accettati dal gruppo, c’è la sensazione a volte di essere invisibili, c’è l’angoscia che monta, c’è la voglia di giocare, quasi a non voler abbandonare quel luogo sicuro che è l’infanzia. Le scene dello spettacolo — scritto e diretto da Mattia Cabrini con la collaborazione di Carolina Griffini — potrebbero essere storie di Instagram o reel di Tik Tok da scrollare con la velocità e la distanza con cui si passano ore e ore immersi nello schermo. 

Gli attori Maddalena Parma, Francesca Poli, Andrea Sangiovanni, Luca Taino e Ester Tolomini sono, si limitano a essere nella loro ingenuità e acerbità che da difetto finiscono con l’essere un pregio.  Lo sguardo di quella telecamere è, anche, lo sguardo del pubblico che sta in sala, è uno sguardo da voyeur che si intrufola nelle stanze di quei ragazzi, ne scruta l’anima e in fondo un po’ ha nostalgia di quelle emozioni dirompenti, di quell’assoluto sentire che si è perso con l’arrivo della maturità. ‘Altrove’ della Compagnia dei piccoli è un lavoro onesto e che profuma di sincerità, è quella finestra aperta sugli adolescenti che non inclina al pietismo, né al giudizio che assolve o condanna, ma si limita a presentare quello che accade, lo fa con un’apparente oggettività documentaristica. A scardinare questa oggettività ci pensano i giovani attori con la loro energia e la voglia di mettersi in gioco. ed allora non è difficile commuoversi per i più anziani e forse rispecchiarsi per i più giovani in sala, comunque tutti concordi nel regalare un lungo e prolungato applauso.

Nicola Arrigoni