di Jean Racine
con Xavier Boiffier, Vincent de Bouard, Camille Cayol, Dominique Charpentier, Romain Cottard, Christophe Grégoire, Camille Japy, Sylvain Levitte, Anne Rotger
regia: Declan Donnellan
scene e costumi: Nick Ormerod
movimenti: Jane Gibson
luci: Judith Greenwood
Torino, Teatro Astra, 29 e 30 ottobre 2007
Nell' Andromaque di Jean Racine che Declan Donnellan ha allestito per le Bouffes du Nord e presentato all' Unione dei Teatri d' Europa c' è una caduta di gusto, quanto di più anti-raciniano si possa immaginare. Accade nel momento in cui Ermione, figlia di Elena e promessa sposa di Pirro, re dell' Epiro, di fronte a lui - in alta uniforme per le nozze con la preda di guerra Andromaca che ha infine consentito al desiderio del nemico greco - Ermione, che pure non è pazzamente innamorata di Pirro, lo bacia, come già in altra scena accaduto, e si prova a spogliarlo. È un gesto che del tutto inopinatamente scade nella commestibilità contemporanea, nel nostro «tutto è possibile». Ma è in specie quanto sembra in Racine inimmaginabile. Come dice Karl Vossler: «La rinuncia alla felicità dei sensi è la stella polare sia della sua poesia sia della sua lingua, una casta, impareggiabile riservatezza, laica e insieme ultraterrena, una contenuta spiritualità che è gretta e monotona per il gusto barbaro ma nobile per quello colto». Inutile, forse, rammentare come, a proposito della lingua, per Leo Spitzer il grande segreto di Racine fosse in ciò che egli chiamava la smorzatura, «una lingua con il pedale smorzatore». Per il resto dello spettacolo, di tale smorzatura Donnellan fa ampio e giustificato uso secondo la lancinante sua idea che la vendetta, motore della vicenda, non sia che nostalgia: di ciò che fu o di ciò che non è mai stato. Ne fa uso in termini di traduzione visiva, di immagini, di geometrie, in quanto dislocate nello spazio. Come in tutto il buon teatro contemporaneo, la scenografia è elementare, non vi sono che otto sedie allineate sul fondo della scena, cui si dirigono i personaggi quando escono dall' azione. Ve ne sono poi altre due, in proscenio, una di fronte all' altra. L' impatto visivo è offerto dai movimenti, cioè dai corpi degli attori, e dai loro sobri costumi: Oreste e Pilade in divise militari verde scuro, di indefinibile provenienza, forse scozzesi; in rigidi, eleganti abiti borghesi gli altri, il solo Astianatte in camicia (e cravatta). Teoricamente, proprio il figlio di Andromaca è la posta in gioco: vorrà la vedova di Ettore salvare il figlio cedendo alle richieste di Pirro? A differenza che in un classico contemporanea, La scelta di Sophie di William Styron, in cui l' aguzzino nazista avanzava simili profferte, Pirro è davvero innamorato. Questo è quanto si verifica in Andromaque, il suo vero scandalo, la rottura della legalità, della fedeltà, dell' ordine. A causa di ciò, e a causa dell' amore (vero) di Oreste per Ermione, si assiste a un' altalena di promesse non mantenute, di spergiuri da tutte le parti, di successivi ripensamenti. Ma si assiste anche, per la prima volta nella storia di Racine (siamo nel 1667), a quel puro visibilio che è la scacchiera delle sue passioni: una scacchiera in cui tutte le pedine sono poste in diversi ordini simmetrici per all' improvviso saltare o, quasi, sparire nell' impossibilità che tutto sia contenuto in quella programmatica smorzatura. Roland Barthes fa notare come il cerchio della simmetria sia prigione e asilo. Ma lì dentro Andromaca non è, come vuole la tradizione e ancora attesta l' edizione Folioplus del testo, con le sue devianti appendici, Andromaca non è la madre di Astianatte. È ancora, o soprattutto, la sposa di Ettore; poi, di conseguenza, quella di Pirro cui conserverà la fedeltà dopo la sua morte. Nello spettacolo di Donnellan è il momento più toccante. Nel testo è Oreste che la racconta a Ermione. Sulla scena, Andromaca si allontana in punta di piedi. Pirro resta solo, in un cono di luce. Su di lui stavano cadendo i bianchi petali delle nozze. Senza che lo spettatore quasi se ne accorga, essi diventano i rossi petali del sangue e della morte.
Franco Cordelli