di William Shakespeare
regia: Armando Pugliese, scene: Andrea Taddei, costumi: Silvia Polidori
musiche: Massive Attack e Zero P:M, luci: Valerio Tiberi
con Alessandro Preziosi, Franco Branciaroli, Silvio Orlando, Carla Cassola, Silvia Siravo
Verona, Teatro Romano, dal 1 al 5 luglio 2008
Taormina Arte 2008, 19 e 20 Luglio 2008
Ricordate Humpty Dumpty, il bizzoso personaggio oviforme di Alice? Era sicuro che le parole gli obbedissero perché le pagava extra. Tutto il contrario succede a Polonio, il verboso padre di Ofelia: questo campione della vacua retorica cortigiana rimane impegolato nelle sue immagini concettose, autentico ostaggio delle proprie sbrodolature verbali. Silvio Orlando è bravissimo a renderne tutto il goffo e pomposo impaccio, così come Franco Branciaroli sa cesellare da par suo, con contenuto sarcasmo, la figura dell'usurpatore Claudio. La regia di Armando Pugliese, nello spettacolo in tournée fino ad agosto dopo il debutto al Teatro romano di Verona, sottolinea in modo persuasivo il gioco di maschere, il grottesco, la «commedia in commedia» dell'Amleto scespiriano. Meno felice appare sul versante della tragedia vera e propria, fin dall'iniziale apparizione di Amleto in candido camicione da ospedale dei lunatici, che riduce la perturbante apparizione del fantasma paterno in cerca di vendetta a mera fantasia di malato. Forse per questo, nonostante il serio impegno, il protagonista Alessandro Preziosi non convince del tutto. Roberto Barbolini TAORMINA - In questo Amleto shakespeariano al Teatro greco secondo Armando Pugliese, nella chiara traduzione di Eugenio Montale, proveniente dall’Arena di Verona, la corte di Elsinore è un luogo-non-luogo nella scena di Andrea Taddei: doppie porte frontali a mo’ di quinte, un nero fondale che nasconde paesaggi informali o reali in bianco e nero e una serie di arredi e suppellettili contemporanei, in netto contrasto con i costumi rinascimentali rigorosamente in nero (quelli di Silvia Polidori) con bianche gorgiere per gli uomini e ampi collettoni pure bianchi per le donne. C’è pure sul palcoscenico impresso a grandi lettere, in inglese, il titolo della prima stesura dell’opera e di lato un lettino d’ospedale in cui si dibatte fra pazzia e malincolia quel bel tenebroso di Alessandro Preziosi nel ruolo del titolo, cui gli è accanto dietro un tavolo l’amico fraterno Orazio (Mino Manni) che gli dà coraggio e che l’asseconderà nei suoi vendicativi progetti. E’ noto infatti che ciò che rovella la mente di Amleto, novello Oreste, è come riuscire a smascherare lo zio Claudio (un Franco Branciaroli re di coppe fanfaronesco e clawnesco) che gli ha ucciso il padre, s’è impossessato del regno di Danimarca e ha sposato la madre Gertrude (oltremodo tragica quella di Carla Cassola). Accanto alle due star della televisione e del teatro, appunto Preziosi e Branciaroli, spicca la presenza della star cinematografica Silvio Orlando, nel ruolo del ciambellano Polonio, invero lontano dalle sue efficaci caratterizzazioni, una macchietta quasi che si muove dando consigli morali ai due figli Laerte (Giovanni Carta) e Ofelia (Silvia Siravo) e che sarà il primo a cadere in quella serie di ammazzamenti che vedranno i protagonisti soccombere in vari modi. Contemporaneamente a questo Amleto italico sta andando in scena al Festival d’Avignone un’edizione secondo Thomas Ostermeier che utilizza solo sei attori per interpretare venti ruoli, (qui Pugliese ne utilizza dodici) e con le annunciate riletture di Carriglio e Bruschetta possiamo dire che questo 2008 è un anno amletico. Chissà cosa vorrà dire poi! Per tornare al nostro protagonista bisogna dire che Preziosi se la cava egregiamente, riscuotendo applausi a scena aperta, e contrariamente a tanti Amleti tutti dark, qui è in tenuta bianca, solo i calzari sono neri, e che è il più concentrato dei suoi colleghi, anche quando è alle prese senza teschio del noto monologo essere o non essere..- Lo spettacolo, targato oltre che Khora anche Taormina Arte, va avanti per quasi tre ore, il fresco della sera asseconda il sonno dei giusti, parecchi lasciano gli scomodi seggiolini e tanti altri tra un ammazzamento e l’altro hanno pure il tempo di godersi, attraverso i muri sbrecciati del teatro, quello spettacolo naturale, sempre nuovo, che è la scia di fuoco della lava che cola là in alto e lontano sulle falde dell’Etna. Gigi Giacobbe Il regista Armando Pugliese con Amleto, spettacolo che ha aperto l' Estate Teatrale Veronese, sembra cercare una sorta di «close up» sul protagonista, sui suoi sentimenti, quasi che tutto quello che ruota intorno a lui, come la nera corte che con pragmatismo e naturalezza svagata è il regno del marcio e della vendetta, altro non sia che una sorta di incubo, di angosciante sogno ad occhi aperti. Un' idea, però, che si dissolve dopo la prima scena, dopo che Amleto, interpretato dal bravo Alessandro Preziosi con bella tensione e assenza di enfasi, si alza vestito di bianco da un bianco letto d' ospedale, da un luogo di tormento, turbato dall' allucinazione della voce del padre assassinato, e entra l' elegante corte in costumi d' epoca che non riesce mai ad essere evocazione della sua mente o parto della sue angosce. La bella scena di Andrea Taddei è un nudo spazio con pochi arredi che si apre su grigi panorami. L' idea registica si perde perché non sostenuta da un' adeguata drammaturgia, e i consistenti tagli di scene e personaggi , come ad esempio Fortebraccio, risultano solo mutilanti e si perde anche per l' eterogeneità dei registri interpretativi degli attori che Pugliese non riesce a concertare penalizzando anche la traduzione di Montale. Lo spettacolo è un coacervo di stili e generi nel quale Franco Branciaroli fa sfoggio dei suoi molti toni, dai vocioni ai borbottii, costruendo un trombonesco re Claudio, Silvio Orlando, Polonio, sembra un personaggio da commedia partenopea, un intrigante avvocaticchio che manovra parole come fossero reti, obliquo come i suoi buoni consigli. Carla Cassola è una Getrude di maniera e senza grande spessore come l' Orazio di Mino Manni e l' Ofelia di Silvia Siravo. E la troppo ovvia corte di Elsinore diventa così una trappola troppo piccola che spegne gli infiniti riflessi di quel teatro del mondo che è la tragedia di Amleto. Magda Poli Un cast di richiamo al Teatro Romano per l'apertura del festival shakespeariano: Franco Branciaroli, perfido re, ruba la scena al protagonista Alessandro Preziosi, bravo, ma superficiale È il dramma delle nostre insicurezze, delle nostre ansie e paure, dei nostri dubbi. È Amleto uno specchio infrangibile dentro il quale ognuno si guarda e crede di riconoscersi. È Amleto, il capolavoro che ha subito le letture più diverse e singolari.
Amleto con attori Preziosi
Il principe tra avvocaticchi e tromboni
Amleto a Verona dimentica i suoi dubbi
Dal Teatro Romano di Verona dove ogni estate é il nome del gran bardo che trionfa (si festeggia quest'anno il sessantesimo Festival shakespeariano) mancava da diverse stagioni. Vi ritorna in una edizione che fa leva su nomi di attori di forte popolarità. Da Franco Branciaroli a Silvio Orlando e, nel ruolo del titolo, l'aitante e biondo Alessandro Preziosi, star televisiva che è anche produttore dello spettacolo.
A mettere in scena è Armando Pugliese. Regista che conosce bene le regole del mestiere e che propone uno spettacolo che non manca di trovate interessanti. Di felici soluzioni, in alcuni momenti formalmente e visivamente bello, anche se non manca di qualche incongruenza, decimato com'è dai molti tagli: fugace l'apparizione dello spettro ed eliminato Fortebraccio (un errore). Uno spettacolo (la versione quella di Montale) che corre via rapido, con taglio quasi cinematografico. Anche se poi tutto rimane in superficie, con valore meramente illustrativo, e dunque assenti letture significative.
L'azione ambientata (scenografia di Andrea Taddei) in un grande spazio neutro che si arreda disinvoltamente man mano che scorre l'azione. Vari stili come i costumi, che si assemblano. Grandi armadi barocchi, sedie e divani biedermeir come si trattasse di una commedia borghese, e un lettino da clinica psichiatrica sul quale all'inizio (poi scomparirà) vediamo struggersi un giovanotto, Amleto, nostro contemporaneo, tutto di bianco vestito come il mitico Gérard Philippe nel kleistiano Principe di Homburg. Addosso ha quel malore interiore che si porterà fino alla fine.
Un Amleto per il quale Alessandro Preziosi si spende con generosità. Sulla scena a muoversi scattante e veloce, sicuro come un vecchio mattatore dell'800. Le preziose frasi scespiriane a scivolar via dalla sua bocca senza una vera sostanza. Un Amleto che rivela una sorta di cinismo e a cui però viene a mancare quel dubbio, quella malinconia, quel mistero, insomma quella intelligenza disperata che è solo dei veri e autentici protagonisti.
A rivelare ben altra classe è Franco Branciaroli che restituisce un re Claudio che risulta quasi un deuteragonista. Più che crudele, beffardo e subdolo. Giocato su quelle sue straordinarie qualità vocali dove anche una semplice battuta lascia un segno. Piuttosto marginali risultano invece le presenze di Carla Cassola e Silvia Siravo, rispettivamente la Regina e Ofelia. Mentre spicca, in un cast parecchio mediocre, un Silvio Orlando che però tende ad eccessivamente caratterizzare il suo Polonio, avvolgendolo in una buffoneria che risulta talora eccessiva. The rest is silence come direbbe il poeta.