da William Shakespeare
adattamento di Davide Sacco
con Francesco Montanari, Franco Branciaroli, Sara Bertelà, Francesco Acquaroli, Gennaro Di Biase,
Raffaele Ausiello, Amedeo Carlo Capitanelli, Matteo Cecchi, Flavio Francucci, Caterina Tieghi
scene Luigi Sacco
costumi Annamaria Morelli
stanze sonore Francesco Sarcina
luci Luigi Della Monica
Direttore di produzione Maria Pia Valentini
Maestro d’armi Alessandro Bartoli, Circolo Scherma Terni
regia Davide Sacco
produzione Ente Teatro cronaca, LVF – Teatro Manini di Narni, Teatro Segreto
coproduzione Estate Teatrale Veronese
Estate Teatrale Veronese 2024
Verona, teatro Romano, 4 e 5 luglio 2024
Spettacolo che ha aperto l’edizione 2024 delll’Estate Teatrale Veronese, l’Amleto di Davide Sacco, adattato dal testo di Shakespeare, certamente colpisce per visione registica e drammaturgica, e gli interventi fatti nell’adattamento danno essa largo respiro, potenza rafforzata della trama, con intensità del testo e del suo significato inalterati se non messi più ancora in evidenza. E’ il lavoro di Davide Sacco, di Francesco Montanari e di tutti i suoi ottimi colleghi sulla scena, una vera sferzata di vento che arriva dagli anni Trenta, ambientazione scelta dal regista. Amleto figlio è una figura dominata da quella, spettrale, del padre assassinato da Claudio, (Francesco Acquaroli), un fratricidio che scombina equilibri e passioni, ma che rimane controllato in qualche misura dall’Amleto-padre, che vigila e veglia sul figlio e lo condiziona non certo poco nel suo agire, nel suo pensiero. Lo stesso palazzo-teatro dove Amleto si dispera, soccombe, elabora il pensiero dell’assassinio di suo padre (ma sempre condizionato dalle visioni continue dello spettro, che gli appare e dispensa consigli e vendette, naturalmente non visto da nessun altro) è un simbolico labirinto dove il principe di Danimarca si muove marcato a uomo da tutti gli scagnozzi dello zio, nel frattempo autoproclamatosi re. I più piacevolmente dannati, alle estremità uno dell’altro sono Polonio, efficacissimo e sornione al quale non è riservata una bella fine, interpretato perfettamente da Gennaro Di Biase, e Laerte, che Raffele Ausiello interpreta con espressione lucida, estrema, in una sorta di caleidoscopica vicenda dove i personaggi sembrano a tratti respingersi l’un l’altro, ognuno in qualche maniera preso da se stesso. Nella girandola dei personaggi, Orazio, Rosencrantz, Guildenstern e le due figure femminili, l’amata di Amleto Ofelia, e Gertrude, regina sposa di Claudio, vedova del defunto e madre del principe, s’intersecano in quello spaccato, la prima dolce fino alla pazzia e alla morte, la seconda rigorosa e sofferente nel suo cercare la propria coscienza, chiedersi, e nel soffrire per il figlio, e qui Sara Bertelà, da interprete di alto livello dona sfumature importanti, ottime, raggelanti e al tempo stesso introspettive. Linearmente suggestive sono le stanze sonore composte da Francesco Sarcina,e la totalità della scenografia di Luigi Sacco. Dunque, il regista mette in scena un Amleto che pone più interrogativi e piani di lettura, rimanendo pienamente pregno del suo significato primario e riuscendo a conquistare il folto pubblico intervenuto. Ofelia è interpretata con grazia da Caterina Tieghi, vittima predestinata costretta a trascinare il suo amore e il suo credo prima nella pazzia e poi nella morte, tragedia nella tragedia, dolore immenso e acuto ma almeno scelto, deciso. Sacco attraverso Shakespeare non si limita naturalmente a un innovativo esempio drammaturgico, fa introspezione sul rapporto padre-figlio, sull’incapacità di essere maturi a diverse età, sulle reazioni agli accadimenti, e concede qualche scena modernista, che non sempre va di pari passo con l’intensità del testo. A inizio secondo tempo, Franco Branciaroli, un ottimo spettro-padre, spiega al figlio Amleto come imporsi convincentemente nella messa in scena che andrà ad affrontare con la corte e i seguaci di re Claudio, in un gustosissimo e straniato divertissement, come un grande attore che va ad insegnare la propria arte. Di Amleto, ovvero Francesco Montanari, c’è da dire della sua bella, trascinante e robusta prova d’attore, duttile nelle nuances, sagace, immediato, che, appunto, il pubblico da tanti applausi finali apprezza molto. Francesco Bettin