di Giancarlo Sepe
con Lucia Bianchi (Geltrude), Paolo Camilli (Laerte), Federico Citracca (Guildenstern), Manuel D'Amario (Re), Francesco Sechi (Claudio), Federica Stefanelli (Ofelia), Marcela Szurkalo (Rose), Guido Targetti (Amletó)
scene e costumi Carlo De Mario, Matteo Zenardi
musiche a cura di Davide Mastrogiovanni e Harmonia Team
luci Guido Pizzuti
produzione BISTREMILA di Marioletta Bideri
Roma, Teatro La Comunità, 19 febbraio/19 aprile 2015
Un Amleto nero e clownesco
Addio Danimarca, l'Amleto (anzi, l'Amletó) di Sepe emigra in Francia e si rifugia all'Hotel du Nord. In una chiave noir e originale ci viene presentata la tragedia shakespeariana per eccellenza al Teatro La Comunità di Roma, teatro fondato dallo stesso regista casertano. La parola diventa puro suono, a volte volontariamente incomprensibile, e passa in secondo piano per dare centralità al corpo e a tutte le sfaccettature del movimento. Non importa seguire perfettamente i dialoghi in grammelot francese e se ci perdiamo qualche parola è pure divertente. Tutto è gestualità, pantomima, a tratti danza frenetica, perfettamente coreografata durante lo spettacolo. Gli attori sono marionette guidate dalle musiche, una fra tutte La pantomime da Les enfants du paradis.
La prima scena è una presentazione muta dei personaggi. Ognuno entra e cerca il posto segnato con il proprio nome rigorosamente circoscritto dalla luce dei fari, si posiziona e ripete ossessivamente il gesto che più lo caratterizza. Il racconto vero e proprio della storia parte da un lungo flashback del fratello del re di Danimarca. La sua desiderata Geltrude si è sposata con il re, con il quale ha avuto un figlio, e Claudio non può che provare un'acuta gelosia. L'unico sollievo sembra averlo da una visita all'Hotel du Nord, affascinante ma al tempo stesso inquietante albergo di Parigi. Ad accoglierlo ci sono provocanti fanciulle e bizzarri buffoni che già sappiamo essere Ofelia, Rose (Rosencrantz in versione femminile), Guillame (Guildenstern) e Laerte.
Ben presto arrivano tra le camere dell'Hotel francese anche Amletó con i genitori, scappati dal governo fascista durante un'interminabile fuga in auto. Sembra di essere insieme agli attori in questo inseguimento da casa degli orrori, con tanto di mostro (il fuhrer tedesco), fumo e nebbia fitta. Da qui giungiamo al cuore della vicenda: l'amore e la crisi tra Amleto e Ofelia, la morte del re, il matrimonio di Geltrude con lo zio del figlio, la "pazzia" del principe danese, il suicidio della giovane Ofelia, il progetto di vendetta e via dicendo. Ma non è più la trama - che conosciamo benissimo - a interessarci, bensì l'allestimento scenico, le scelte registiche che ci portano a spostare lo sguardo da una parte all'altra, come se fossimo dentro una fabbrica di giocattoli in continua attività.
Sara Bonci