di PAU MIRÒ
traduzione e adattamento Enrico Ianniello
Regia Giuseppe Miale di Mauro
con (in o.a.) Alessandra Borgia, Giuseppe Gaudino, Alessandra Mantice, Stefano Meglio, Adriano Pantaleo
con la partecipazione in voce di Francesco Di Leva
assistente alla regia Marcello Manzella
scene Luigi Ferrigno
costumi Giovanna Napolitano
light designer Luigi Biondi
una produzione Nest Napoli est Teatro / Diana O.r.i.s
in scena al teatro Acacia di Napoli fino all’11 dicembre
Bufale e Liùne di Pau Mirò con traduzione e adattamento di Enrico Ianniello per la regia di Giuseppe Miale di Mauro, in scena la teatro Acacia fino all’11 dicembre, racchiude in sé tante bellezze: il testo e il suo adattamento, la regia, la prova degli attori, le scene. I personaggi di Pau Mirò vivono per dire più che per specificare e questo li rende incredibilmente teatrali nella loro semplicità, accompagnati da una lingua che a tratti si fa divertente mentre la trama non indugia mai nella comicità. Questa prerogativa, tipica dei testi di Mirò, già visti e apprezzati qua in Italia, garantisce un risultato drammaturgico di alto livello.
La compagnia Nest, stimolata da Enrico Ianniello che ben conosce autore e testo e che ha adattato per loro, si cala in maniera perfetta nel mondo di Mirò, che nasce per il Raval di Barcellona ma che, come visto anche per altri testi, sembra pittato per Napoli, per San Giovanni a Teduccio, dove la compagnia ha sede, ancora di più.
In origine è una trilogia di cui vanno in scena solo due parti; la voce registrata di Francesco di Leva accompagna lo spettatore narrandogli ciò che avviene in Bufale che funge da prologo a Liune. In Bufale, che in origine è un monologo condotto da cinque fratelli, si racconta di una famiglia che vince la lotteria che invece di essere un evento lieto diventa una tragedia: la scomparsa di Max, uno dei figli, ed i segni che ha lasciato nel quotidiano della famiglia. Sono un padre (Stefano Meglio), una madre (Alessandra Borgia) ed una figlia (Alessandra Mantice), che è paralizzata su una sedia a rotelle schiacciata dal senso di colpa per non avere badato bene al fratello
Ed in una notte di luna piena avviene il fatto che sconvolge la routine della famiglia; la saracinesca dalle lavanderia è chiusa per metà ed entra un ragazzo, Davide, (Adriano Pantaleo) con indosso una camicia sporca di sangue che vuole lavare. La ragazza lo accoglie, e resta folgorata da Davide, le ricorda il fratello, o forse vede in lui l’unica possibilità che ha per fuggire da quel luogo da quella famiglia.
Un noir sui generis, che cede ad alcuni momenti di comicità, dove l’umano, anzi per meglio dire il troppo umano, con il suo carico di meschinità, con la sua arte di arrangiarsi, domina. Il microcosmo familiare, devastato dalla scomparsa/perdita del figlio, si è ricomposto, ma come prevedibile in maniera malata e questo ‘evento’ apre uno spiraglio ad un cambiamento, ad una salvezza. Come si dice: “se fai parte della famiglia siamo pronti a difenderti con i denti, proprio come fanno i leni del branco, ma solo se sei della famiglia. “Noi non facciamo domande” dicono come un leitmotiv padre, madre e figlia ma a fare domande ci pensa il commissario (Giuseppe Gaudino) che sta indagando per la morte di uno spacciatore avvenuta nel vicolo vicino alla lavanderia.
Viene fuori a stralci la storia di Davide, anche lui carico di problemi, che vorrebbe tornare a casa sua, ma che cerca anche di salvare la ragazza, o forse no, fa una cosa semplice, la bacia, forse per salutarla, o semplicemente per cortesia, prima di scappare per sempre da quell’inferno.
Il linguaggio è duro, crudo, così come i gesti lo sono, quando si affaccia qualche battuta lo spettatore respira per poi ricacciarsi nei tempi serratissimi ed ottimi tenuti dagli attori per tutta la durata dello spettacolo.
La regia è meticolosa, scandita, come detto, da tempi difficili da sostenere che invece gli attori hanno fatto propri e restituiscono con giustezza.
Un bel lavoro da vedere dove tutti le componenti si sposano in un riuscito puzzle di qualità.
Roberta D’Agostino