Di Claire Dowie
Traduzione di Anna Parnanzini e Maggie Rose
Interprete: Chiara Tomarelli
Regia: Pierpaolo Sepe
Costumi: Barbara Bessi
Prodotto da Ass. Cult. Inarte
Roma – Cometa Off, Stagione 2023/2024 10-15 ottobre 2023
Vedendo Benji – Adult Child – Dead Child, in scena al Cometa Off di Roma, ho pensato: dove ho già letto di questa infanzia ricordata come tragedia, trauma non superato? Certamente in Freud. Anche nelle pagine dello Jung di Ricordi, sogni e riflessioni –in una prospettiva più ottimistica, maggiormente evoluzionistica. Memorie e letture che non mi convincevano del tutto. Pierluigi Pietricola
Man mano che lo spettacolo procedeva, così ben interpretato da una bravissima Chiara Tomarelli, sola in scena e con una sedia come sua unica compagna di palco, andavo ripescando nei ricordi. E poi, finalmente, ecco riaffiorare quello giusto: l’Alberto Savinio di Tragedia dell’infanzia. Libro così ironico, divertente e arguto, ignorato dalla maggior parte dei lettori. In quelle pagine, il poliedrico e geniale fratello di De Chirico raccontava non tanto dei traumi vissuti da fanciullo, quanto dell’ipocrisia di un certo sistema educativo di stampo borghese nel quale si veniva un tempo educati. Il tutto raffigurato con grande ironia, irrisione e divertimento. Nessuna ombra di malinconia. Men che meno di ferite che, sempre sanguinanti, ci si porta dietro in età adulta e con le quali non ci si rappacifica mai.
Questo testo di Claire Dowie, a differenza di quello di Savinio, non ha ironia. In nulla l’autrice si diverte a raccontare di un’infanzia vilipesa e offesa. La protagonista, questo io narrante della quale conosciamo gradualmente gli intimi disagi, non mostra nessuna leggerezza, nessuno spasso nel rievocare quanto ha vissuto da bambina. Chi è stata, fondamentalmente? Una bimba che non si è sentita amata e che, per superare questa esperienza radicalmente tragica, arriva a crearsi un’amica immaginaria che l’accompagnerà sino all’età adulta. Tale presenza non sarà, però, un semplice rifugio presso il quale recarsi nei momenti di estrema necessità. Pian piano diverrà una personalità sostitutiva che detterà intenzioni e azioni – tutte negative e votate a danneggiare persone e ambienti circostanti – della protagonista del monologo. Ne conseguirà un disagio psichico, un periodo di internamento presso un manicomio, una pesante terapia farmacologica.
Un’infanzia, quella descritta da Dowie, non regno di ipocrisie smascherate grazie a ironia e leggerezza, come nel caso di Savinio; bensì fomite di patologie psichiatriche difficilmente superabili.
Con tale impostazione drammaturgica di fondo, spazio per un po’ di umorismo è davvero difficile trovarne.
Pierpaolo Sepe difatti, nella sua regia, non ha neppure provato ad alleggerire i toni cupi e amari presenti nel testo. Elementi che hanno caratterizzato l’intera recitazione della Tomarelli: bravissima attrice che, per più di un’ora, ha dato vita a un personaggio disperato ma non così privo di salvezza.
In quei sorrisi forzati, in quei toni vocali permeati di speranza – seppure vaga – ecco delinearsi comunque un orizzonte di positività, dove le ferite che la protagonista si porta dietro dall’infanzia possono finalmente guarire e smettere di sanguinare.