drammaturgia di Simone Derai, Piero Ramella, assistente Paola Barbon
drammaturgia del movimento Marta Ciappina
con Bruno Bassanello, Vittoria Caneva, Marta Ciappina, Lisa Hofman, Piero Ramella, Maya Ripalti, Elena Sgarbossa, Max Simonetto, Joshua Zilinske
musica e sound design Mauro Martinuz
additional drums Alberto Paolin
scene, luci, costumi, Simone Derai
collaboratori alla regia Marco Menegoni, Piero Ramella, assistente Dijana Brnic
regia Simone Derai
co produzione Operaestate Festival Veneto
rassegna Operaestate Festival Veneto 2024 – 46.ma edizione
Bassano del Grappa, CSC San Bonaventura, 27, 28 luglio 2024 - prima nazionale
Una camminata in città tra la comunità e sotto la leggera pioggia che scende è il preludio a Bromio, ultimo spettacolo – performance di Anagoor, che s’infila nell’affascinante spazio scenico del CSC San Bonaventura a Bassano del Grappa, nell’ambito di Operaestate Festival Veneto. Fatto accomodare il pubblico, a uno a uno, dopo un primo periodo di religioso, rispettoso silenzio, onde sonore a parte, una decina di performer si alza(erano già seduti tra gli spettatori) e con lentissima progressione si studiano, contraltano, studiando se stessi e gli altri. Un’occasione di approfondimento tra umani, tra esseri in iniziale trance, la stessa che pian piano trasforma la quiete apparente nel cataclisma di movimento creato da Marta Ciappina. Sottotitolo di Bromio è La vita indistruttibile, segno che il proseguo è segnato, dato per certo. Che a suo modo diventa un rito-centrifuga, che spiana e svela l’essenza alla ricerca di altre essenze, uomini-esistenze, approssimandosi, legandosi agli altri seppur non direttamente. Con sottofondo un suono bailamme che scuote e anima coscienze (forse)assopite per un nuovo, ispirato cammino. Tutto sospeso tra visione del contemporaneo ispirata comunque al classicismo, un teatro performance che sa di sapore diverso. Nell’assolato salone dell’ex chiesetta di San Bonaventura l’esistenziale genesi alla conferma di se stessa si compie elaborandone ricerche e significati. Lo stato di trance che s’impossessa letteralmente dei performer diventa un ensemble di rito collettivo, comunitario e allargato, scandagliando vizi e virtù dell’uomo, moderno e classico allo stesso tempo. La recherce su se stessi non basta dunque mai, Marta Ciappina metaforicamente prende per mano i suoi danzatori e li colloca da un lato all’altro della sala plasmandoli e dando un’ispirata direzione che ognuno di loro sceglie da solo nello specifico. E il richiamo a Dioniso è evidente, con questa prova estenuante, faticosa nel ricercare e ricercare, possentemente, arcaicamente l’arcaico e il moderno, il puro e il metafisico. Mai come in questa occasione lo spettatore fa da acquisitore, osserva e incamera, si rende conto di nuovi orizzonti perché non si può fare a meno, è tutto davanti a sé, come, richiamando un romanzo e un film, la vita. Infatti è’ come un ritorno alla stessa, che come matrioska si rintana dentro altre vite, riesplora. E’ vivere, morire, rinascere, ripartire. Bravi sono i performer a rimanere così concentrati, tra suoni e bordate, dondolii dei corpi, lampi presunti e reali, suoni gutturali e le luci che illuminano. Siamo agli antipodi del teatro di parola, i simbolismi ci sono, e forti. Quando tutto va a scemare il rito si è compiuto, i performer escono di scena e mai ritornano. Tanto da straniare per un po’ di minuti il pubblico, che comunque sa di aver assistito a un evento particolare e oltre superficie. Si replicherà il prossimo 19 settembre a Dro, in Trentino, alla Centrale Fies. Francesco Bettin