(appuntamento al buio)
di Mario Diament
traduzione, adattamento e regia Andrée Ruth Shammah
traduzione dallo spagnolo Maddalena Cazzaniga
con Gioele Dix, Laura Marinoni, Elia Schilton, Sara Bertelà, Roberta Lanave
scena Gianmaurizio Fercioni
luci Camilla Piccioni
costumi Nicoletta Ceccolini
musiche Michele Tadini
aiuto regista Benedetta Frigerio
assistente alla regia Tommaso Bernabei
assistente allo spettacolo Beatrice Cazzaro
direttore dell'allestimento Alberto Accalai
pittore scenografo Santino Croci
direttore di scena Marco Pirola
macchinisti Riccardo Scanarotti, Paolo Roda
elettricista Gianni Gajardo
fonico Matteo Simonetta
sarta Caterina Airoldi
produzione Teatro Franco Parenti e Fondazione Teatro della Toscana
Milano, Teatro Franco Parenti, dal 6 al 29 marzo 2018
Diament e il suo gioco pericoloso con il destino e il bisogno d'amore degli uomini
La drammaturgia. Se dovessimo scegliere il punto di forza attorno al quale ruota tutto lo spettacolo, diremmo che è il testo di Mario Diament. Lo scrittore argentino ambienta a Buenos Aires una storia in cui fanno da padrone gli intrecci esistenziali di tutti i personaggi fino a un finale inaspettato che ha il sapore di una ricongiunzione sperata. C'è il sole primaverile che riscalda una panchina su cui si incontrano lo scrittore cieco, ma che vede bene con il cuore, Jorge Luis Borges e un bancario in crisi con la propria moglie. Ne nasce una lunga chiaccherata in cui i due si confessano i segreti più intimi fino alla reciproca rivelazione più importante: l'impiegato ha perso la testa per una giovane ragazza, lo scrittore, anche lui, perse la testa per una sua accanita allieva che non ritrovò più nella vita e che poi si scopre essere la madre della ragazza. Quello che segue è un incrocio di destini in cui ogni personaggio cerca se stesso nell'altro fino al rischio di perdersi definitivamente come accade al bancario. L'ammissione alla moglie del suo tradimento è il primo passo verso l'inferno. Diverso sarà l'esito dell'incontro fra lo scrittore e il suo destino che non sveliamo.
Mario Diament si cimenta con gli aspetti più profondi dell'essere umano. La trasposizione in parole di questa operazione ci restituisce la vita nei suoi aspetti più problematici e difficili da affrontare che, spesso, tendiamo a rimuovere: cos'è la felicità? Ci piace il lavoro che facciamo? Siamo contenti del nostro matrimonio? Quali sono le cose che non abbiamo fatto e che avremmo voluto fare? Che spazio ha la passione nella nostra vita? Di tutte queste domande esistenziali è, forse, l'ultima a centrare il tema più rilevante che costituisce il filo rosso di tutto lo spettacolo. Sì, perché la passione, quella d'amore, sembra essere il motore trainante della vita di tutti i personaggi. Un "motore" con cui ci si può scottare fino a bruciare. È su questa doppia valenza simbolica della passione, nel suo ruolo salvifico ma anche distruttivo, che scorrono le parole di Diament. La sua è un'opera interessante che avrebbe solo il difetto di compiere una leggera forzatura nel voler incrociare i destini di tutti i personaggi. Ma a parte questo, il testo di Diament si impone, per le due ore e più della pièce, come protagonista totale al cui servizio si pongono la regia sobria di Ruth Shammah e la bravura degli attori.
Andrea Pietrantoni