di Aldo Nicolaj
Regia di Nicasio Anzelmo
Scene e costumi di Giuseppe Andolfo
Musiche di Matteo Musumeci
Con Tuccio Musumeci, Marcello Perracchio, Alessandra Cacialli
Produzione: Teatro Brancati – Catania 14 aprile, 2010
CATANIA (gi.gi.).- Classe di ferro di Aldo Nicolaj scritta nel 1973 "è l'opera più compiuta di Nicolaj – scriveva Chigo De Chiara - sicuramente la più matura nel suo equilibrio tra favola demenziale e solidità realistica". Si racconta di due pensionati di 74 anni che conosciutisi ai giardini pubblici diventano amici affidati al punto da non potere fare a meno l'uno dell'altro. Il signor Bocca ex-tipografo e il signor La Paglia ex-contabile, rispettivamente Tuccio Musumeci e Marcello Perracchio, più cinico il primo, più tollerante il secondo, sono molto credibili nei loro ruoli. I dialoghi, complice pure l'arteriosclerosi, sono pateticamente esilaranti, in particolare per il modo come lo smilzo Musumeci colora le parole con accenti etnei e il caracollante Perracchio controbatte in modo ingenuo e bonario. E a parte gli acciacchi che confessano reciprocamente d'avere, i loro dialoghi finiscono sempre per essere incentrati sulla loro condizione di vecchi mal sopportati in casa dei rispettivi figli che preferirebbero vederli posteggiati all'ospizio. Fra i due si frappone la signora Ambra (Alessandra Cacialli), un'anziana maestra che è solita frequentare quella piccola oasi di verde ora in compagnia del gatto ora a fare la maglia, verso la quale i due, più Musumeci che Perracchio, hanno parole di misoginia mista a misantropia. Lo spettacolo garbatamente diretto da Nicasio Anzelmo, con scene e costumi di Giuseppe Andolfo e musiche di Matteo Musumeci, si tinge di malinconia nel finale, allorquando i due decidono di fuggire insieme per potersi godere in libertà gli ultimi scampoli della loro vita e uno muore nelle braccia dell'altro. Uno spettacolo sempre più attuale, con i pensionati sempre più numerosi in una società sempre più tesa al progresso tecnologico, in cui si constata che essere fuori dalla produttività è essere fuori dalla vita, dei fuorilegge quasi, tanto da far percepire la vecchiaia come diserzione civile.- Calorosi gli applausi finali e repliche sino al 2 maggio.
Gigi Giacobbe