di Luigi Capuana
Regia: Giuseppe Romani
Scene: Susanna Messina
Costumi: Sorelle Rinaldi
Musiche: Matteo Musumeci
Luci: Sergio Noè
Produzione: Teatro della Città- Catania
Interpreti Tuccio Musumeci, Margherita Mignemi, Margherita Papisca,
Riccardo Maria Tarci, Giovanni Strano, Miko Magistro, Eleonora Sicurella,
Francesco Fichera, Gianmarco Arcadipane, Maria Iuvara, Enzo Tringali
al Brancati di Catania dal 26 ottobre al 12 novembre 2017
«Mamma, chi veni a diri 'nnamuratu?/ ...Voldiri...un omu ca si fa l'amuri/...». E' L'Amuri, una fra le più belle poesie di Martoglio tratta dalla sua Centona, che ad inizio della commedia di Luigi Capuana I Fratelli Ficicchia (1912) viene cantata (invero in chiave musicale non l'avevo mai sentita) con molto trasporto da Elena Sicurella, con voce da mezzo soprano, vestendo mirabilmente gli abiti di Lisa somigliante ad una figuretta del Boldini, che intonerà altre arie più avanti compresa quella della Traviata (sempre libera degg'io folleggiare di gioia in gioia...). L'abile regia di Giuseppe Romani ha mantenute intatte le aure degli anni '20, lo si nota subito per come i personaggi sono agghindati con i costumi delle Sorelle Rinaldi, come se i fatti che vi si narrano si ripetessero in ogni epoca e ciò che cambia non sono i sentimenti e le beghe ma solo gli abiti e gli arredi. Al centro del fragile testo di stampo verista, per lo più vernacolare, con un cast tutto all'altezza, vi sono i due fratelli del titolo. I quali a causa di un'eredità divisa in forme ineguali, più privilegi al primogenito Giacomo (Riccardo Maria Tarci) pure sindaco del paese, meno beni al più giovane Giovanni (Miko Magistro), si odiano a morte badando bene a non incontrarsi mai di faccia. Entrambi sono vedovi con un figlio ciascuno: Peppino (Giovanni Strano) è figlio di Giacomo, Lisa è figlia di Giovanni. Ma a differenza dei genitori, i due giovani si amano e vorrebbero sposarsi. Tra le due famiglie campeggia la figura di 'Nzulu Trombetta, maestro elementare e segretario comunale cui Tuccio Musumeci conferisce come sempre il suo estro attoriale fatto di improvvisazione e d'una mimica tutta sua in grado di suscitare risate allo stato nascente. Il personaggio s'accompagna spesso con la moglie Anna (Margherita Mignemi) e la figlia Saridda (Margherita Papisca), grottesche oltremodo entrambe dallo scilinguagnolo etneo e dalla voce squillante la seconda quando si rivolge al padre. Don 'Nzulu è un paciere nato, una sorta di deus ex machina che cerca di mettere pace fra i due fratelli, intervenendo in particolare quando il Giovanni di Miko Magistro (che allunga i camei dei suoi personaggi) cerca di far sposare la figlia con l'ispettore forestale Eugenio Crispo (Gianmarco Arcadipane) mandando in tilt la giovane Lisa che s'ammala d'inedia, decidendo di farsi monaca pur di non unirsi a quell'uomo scelto dal padre. I fatti prenderanno il verso giusto quando Giovanni busserà alla porta di Giacomo e ancor di più quando i rispettivi figli potranno liberamente scegliere d'unirsi in matrimonio con buona pace di tutti e dei due fratelli che alla fine si abbracceranno senza più odio e rancori. Tra i già citati compaiono il Minicu di Francesco Fichera, la meschinella donna Peppa di Maria Iuvara e il medico di Enzo Tringale. Le scene dai fondali dipinti erano di Susanna Messina, le musiche di Matteo Musumeci, le luci di Sergio Noè. Successo al Teatro Brancati di Catania per questo primo spettacolo che inaugura la nuova stagione 2017/18 e che persegue un repertorio del grande Teatro Siciliano.
Gigi Giacobbe