Capitolo I. Antonuccio si masturba
Capitolo II. Piccoli gesti inutili che salvano la vita
scritto e diretto da Davide Enia, musiche originali dal vivo Giulio Barocchieri
e Rosario Punzo, Scene di Giorgio Regina, Luci di Giorgio Cervesi Ripa
Roma, Piccolo Eliseo, dal 23 ottobre al 2 dicembre 2007
Milano, Teatro Franco Parenti, fino al 17 aprile
Caserta, Settembre al borgo, 4 settembre 2008
Napoli, Teatro Mercadante Ridotto, dal dal 26 febbraio al 2 marzo 2009
Enia, l’incanto di racconti di terra e mare
Antonuccio e i suoi fratelli, tredici anni lui, uno in più Angelino, uno in meno Asparino. Nella loro terra siciliana si affacciano alla vita, imparano a scoprire il mondo, con tutte le incertezze dell’adolescenza, infatuazioni, struggimenti, piccoli segreti, sogni. Prendono voce nella narrazione di Davide Enia, straordinario cantore palermitano, che apre il suo «cunto» ad elementi favolistici che rimandano ad antiche tradizioni popolari. Sono «I capitoli dell’infanzia», che Enia ha impaginato in due tasselli che incrociano storie e sostanza fantastica, presentati al Ridotto del Mercadante. Il capitolo 1 si intitola «Antonuccio si masturba», espressione di crudo realismo che risponde alle pulsioni dell’età, alla sessualità che si affaccia prorompente nell’innocenza di un gioco adolescenziale: i ragazzini si sfidano a gara in questo esercizio collettivo, si affermano come «masculi», fanno mostra di disprezzare le femmine, ma Antonuccio è punto d’amore per Labbra Dorate, sogna i falò della notte e il profumo delle magnolie. E poi c’è zio Concetto che parla con gli uccelli, Corradino Quattro Dita che non ha i pollici e sta sugli alberi per toccare le stelle, Gennarino che fa vibrare una foglia tra le labbra come un’incantevole arpa d’erba. Ma il racconto si vena di umori neri, nella felice notte dei tempi il Re del Mare fa l’amore con la Sirena, il Pesce Squalo interrompe con ferocia l’amplesso, il seme del Re si effonde nelle acque, la maledizione rende muti i pesci, nel mare entra il sale del dolore: metafora di un Eden perduto. Nel capitolo II, «Piccoli gesti inutili che salvano la vita», l’urgenza della realtà ammazza i sogni. La Palermo di luce lascia il posto al buio della miniera. I picciutteddi scendono nelle viscere profonde, dove le rocce piangono lacrime di sale, gelidi coltelli nella carne. Carmelo racconta dell’Uccello Grifone che salva un re malato e di un flauto d’osso che svela un atroce fratricidio. Enia (nella foto) affida gli incanti di questi suoi racconti di terra e di mare alla forza visionaria del suo linguaggio fisico e verbale. Il senso del mitico trasfigura la realtà, la restituisce amara e crudele nella concretezza, anche mimetica e parodistica, del gesto e della voce. Fermo sulla sedia, la modulazione di un fischio, un accenno di danza, la chitarra e le percussioni di Giulio Barocchieri e Rosario Punzo che assecondano le atmosfere. Quando Bastiano muore nella frana della miniera, dinanzi al suo corpo di ragazzo i padroni girano le spalle. L’ala nera di un Grifone oscura Palermo. Ma in cima ai rami di un albero rinsecchito sbocciano dei fiori vermigli come il cuore.
Franco de Ciuceis
L'infanzia un cunto vasto come il mare
Il primo dei suoi «Capitoli dell'infanzia» - quello che Davide Enia (nella foto) ha presentato in piazza del Duomo a Casertavecchia, nell'ambito della 38esima edizione di «Settembre al Borgo» - s'intitola «Antonuccio si masturba». E altrettanto esplicita è la descrizione della masturbazione collettiva in cui gareggiano, con annesso punteggio, i ragazzini palermitani protagonisti del monologo in questione. Ma ecco che quest'ultimo inizia con un canto calabrese di Diamante, il lamento funebre della Vergine che piange il Figlio e chiama «perfido» il chiodo che gli ha trafitto le mani sulla croce. Quell'aggettivo attiene, in breve, alla personificazione delle cose che costituisce il pregio decisivo, e non comune, dello spettacolo. C'imbattiamo, infatti, nelle tappe iniziali della vita di tre fratelli dei quali Angelino, il più grande, è «bello come un agosto»; il mezzano, giusto Antonuccio, «parla in sogno con il pesce squalo»; e Asparino, il più piccolo, «desidera ardentemente abbracciare gli alberi». E si tratta, com'è evidente, di un testo «in progress», che non esclude deviazioni dal percorso principale e aggiunte agli episodi preventivati. Per esempio, quando verrà a Napoli - sarà nel Ridotto del Mercadante dal 26 febbraio all'8 marzo - Enia non proporrà i «Capitoli» 1 e 2 annunciati dal cartellone dello Stabile, ma uno spettacolo inedito centrato sul personaggio di Corradino, soprannominato «quattro dita» perché gli mancano i pollici e che, nel monologo presentato a Casertavecchia, faceva solo una fugace apparizione. E davvero non c'è bisogno di sottolinearlo, lo straniamento che la menomazione di Corradino esercita nei confronti della gara di cui sopra. Sì, c'è un'assai significativa dialettica fra il «basso» e l'«alto» nella divertente, trascinante e non di rado commovente performance dell'artista siciliano. E il suo approdo prezioso sta nella conseguenza che, qui, il vero orgasmo è quello delle parole e dei gesti: s'attorcono, s'inseguono e si aggrovigliano fino a zampillare verso un cielo di mille metafore che poi ricade nel mare vasto della quotidianità, in cui le correnti del sesso e le risacche dei sentimenti disegnano la mappa di latitudini dell'anima sempre uguali e sempre diverse. Inutile, infine, soffermarsi più di tanto sulla bravura d'interprete di Enia: con lui il «cunto», inventato per narrare le gesta dei paladini, diventa una sorta di rap nello stesso tempo vertiginoso, sincopato, ironico, nevrotico e appassionato. Molti e sentiti gli applausi, anche a scena aperta.
Enrico Fiore
Enia nelle viscere della terra Struggente, epico, visionario
Il racconto di Davide Enia «I capitoli dell' infanzia. Capitolo II. Piccoli gesti che salvano la vita» ha i colori profondi della notte in miniera, il brillio di un cielo stellato, il rosso del sangue di quei bambini siciliani che tra le viscere della terra hanno lasciato la vita, fiori scarlatti che nascono dalla pianta rinsecchita della miseria e dello sfruttamento. Colori che si mescolano tra felicità e cupo senso di morte per comporre i quadri dell' intenso «narrar cantando» di questo bravissimo artista che riesce a trasformare il sogno in realtà e la realtà in un sogno che permetta di continuare a viverla. Enia, con i bravi musicisti Giulio Barocchieri e Rosario Punzo, percorre con una intensità trascinante, irruente e dolce, le difficili strade del quotidiano di ragazzini che vivono in miniera legati a un lavoro che nel suo buio costante ha il sapore della fine, intrecciandole a racconti popolari, per dare vita a un corpo narrativo complesso che si scioglie in canti, in parole, in gesti per evocare un mondo troppo duro per essere vero e troppo vero per essere sognato. È bravissimo nell' immergere in un' atmosfera di magica epicità lo spettatore che resta turbato da sentimenti lievi come una brezza ma taglienti come rasoi e ammaliato dalla visionarietà carica di significati e stupori di una favola reinventata, semplice e crudele. Da non perdere. Teatro Franco Parenti, ultima replica.
Magda Poli
Il ragazzo sogna e s’atteggia a uomo Capolavoro di infatuazioni e struggimenti adolescenziali, i primi due Capitoli dell’infanzia sono creati come “narrar cantando” sui 13 anni dei ragazzi palermitani, inscenati come drammaturgia del desiderio, e interpretati/somatizzati da uno straordinario Davide Enia che esplora una nuova (per lui) poetica tra l’umano e il mitico. Il capitolo 1 intitolato per ossessione di crescita “Antonuccio si masturba”, ma anche il disincantato e para-romanzato n.2 “Piccoli gesti inutili che salvano la vita”, sono miniere di emozioni, di parole che inquietano per bellezza. Del padre morto in mare si ricordano «le labbra come la curva del mare», e ci sono i riti proibiti, le gare di sputi, gli autoerotismi collettivi, mentre «le stelle sono gli occhi delle persone morte», e arrivano nella testa «i pensieri come chiodi di crocifissione», o si sfiora la felicità quando con una lei si balla «schiena contro schiena in un mondo all’incontrario». Enia dice, canta, fischia, lamenta, ritma con mani e piedi, e coi suoni “altri” dal vivo di Barocchieri e Punzo. Nel capitolo 2 è un ragazzo che s’atteggia a più grande, e ti confonde tra storie e sogni, in un’epica che ancora ammalia.
Rodolfo Di Giammarco
Adolescenti tra pruriti desideri e timidezze Torna Davide Enia che, dopo il successo di qualche anno fa, si era concentrato su altre forme comunicative. Ora presenta a settimane alterne due Capitoli dell'infanzia (fino al 2 dicembre al Piccolo Eliseo, poi in tournée). Il primo, Antonuccio si masturba, ha in realtà una forma conchiusa e autosufficiente, che affronta la pubertà esigente di tre piccoli fratelli siciliani. È un universo intero che vi scorre, il papà pescatore morto, la madre eroica che di essi si è fatta carico, i compagni grandiosi e tremendi, la società asfissiante dove loro imparano a guadagnarsi la loro libertà. Che consiste innanzitutto nella crescita e l'affrancamento della sessualità incipiente, pruriti e deliri, desideri e timidezze che Enia racconta divinamente, come suo solito, accompagnato e coadiuvato dai suoi fidi musicisti Giulio Barocchieri e Rosario Punzo.
Nello snodarsi del racconto, nelle volute e nelle iterazioni sapientemente dosate dal narratore, il punto cruciale è come per tutti gli adolescenti del mondo la masturbazione. Che come indica il titolo, viene assunta a elemento caratterizzante e centrale, nelle parole come nella mimica del narrator birbante. Il pubblico in maggioranza mostra di gradire e ride, pochi si scandalizzano. Anche se alla lunga l'elemento ossessivo di quel gesto fatidico sposta quasi il cuore e il sentimento della storia. Che avrebbe invece fremiti e pudori, rossori e crudeltà di ogni rapporto tra uomo e donna, seppure in giovanissima età.
Il racconto di Enia pare insomma perdere quel legame con storia e memoria che aveva reso i suoi racconti precedenti, facilmente coinvolgenti per tutti.. Come in un film di Muccino o in un romanzo di Baricco, la ricchezza sentimentale è sempre sul ciglio di ruotare su se stessa. Come Enia non era. Per fortuna chi per caso ha già assistito al secondo capitolo, Piccoli gesti inutili che salvano la vita, rassicura che a quel punto il racconto ritrova il suo spessore attorno alle giovani vite dei protagonisti. Quindi attenzione a non lasciarsi andare a giudizi affrettati: i due capitoli vanno visti entrambi, per potersi godere il miglior Enia.
Gianfranco Capitta
Davide Enia il siciliano
e le sue "storie" infinite
Rimane in scena al Piccolo Eliseo fino al 2 dicembre. Se ancora non lo conoscete, andate a trovarlo. Si chiama Davide Enia, è nato a Palermo nel 1974. Artista fine, sensibilissimo, fin troppo colto per scontrarsi con le concretezze (spesso illetterate) della battaglia teatrale contemporanea, va sviluppando nel tempo una poetica dell'amarcord sempre più capace di denudare la radice siciliana autentica. Nello spazio di via Nazionale dove si è già esibito con successo, racconta ora in due tranche (il titolo complessivo è I capitoli dell'infanzia; quelli dei singoli episodi Antonuccio si masturba e Piccoli gesti inutili che salvano la vita ) l'ennesima storia. Si tratta delle prime tessere di un largo mosaico da sviluppare sulla vita di tre fratelli: Angelino che muore in battaglia, Antonuccio il beneamato, Asparino al quale piacerebbe vivere in una casa davanti al mare. E con loro c'è una piccola popolazione di tipi familiari che brilla di colori e sapori, la madre Fiore, lo zio Concetto, il fantasma del pescatore Toti, marito di Fiore e padre dei tre ragazzi, morto in mare in una notte d'inverno. Davide racconta. Ma non solo. Evoca, interpreta, profetizza, ripesca, trasfigura, rappresenta. Scrive parlando e viceversa, un po' come Carmelo Bene. Come lui vive in prima persona, e ci fa vivere, una piccola rivoluzione.
Rita Sala