di Franca Valeri
con Franca Valeri
soprano: Eleonora Caliciotti
tenore: Edoardo Milletti
basso: Emanuele Casani
pianoforte: Ida Iannuzzi
a cura di Giuseppe Marini
Teatro della Cometa di Roma, 2008
C'era una volta Franca Valeri, gran personaggio della scena che già in tempi in cui la radio era una creativa fonte di spettacoli e rivelava pure un certo Dario Fo, incantava i suoi ascoltatori con i vezzi sofisticati della Signorina Snob, prima di scendere da Milano a Roma, dove avrebbe messe alla berlina le manie caserecce della Signora Cecioni, ma intanto, insieme a Caprioli e Salce, dava vita ai Gobbi mettendo in scena, prima a lungo in una saletta di Parigi ma poi anche da noi, la sferzante satira di un Carnet de Notes che fece epoca e più volte ripreso.
E riecco ora questa appassionata "lavoratrice del monologo", come lei stessa ama chiamarsi in omaggio a una predilezione solitaria che le ha dato soddisfazione anche quando recita con altri grandi testi non suoi, inventarsi un Carnet de Notes 2008 che, dopo un'unica serata d'onore a Spoleto, ora è entrato in circuio nel suo prediletto Teatro della Cometa, con la regia di Giuseppe Marini. E' uno show in cui, non tralasciando di citare qualche sua applauditissima gag, affronta col feroce spirito di osservazione che tutti conosciamo i tic e le abitudini dello sfascio che oggi ci circonda, ma non si limita, come sempre, del resto, a far ridere, perché dietro le battute si sente puntualmente la critica a un costume di vita incline al disfacimento. E a corredare i suoi attacchi impietosi, da appassionata della musica qual è da sempre, chiama stavolta a evocare alcune delle sue arie preferite tre cantanti lirici di sicure speranze, accompagnati al piano da Ida Iannuzzi. E gli applausi non finiscono mai.
Franco Quadri
Solo la voce la tradisce qualche volta, ma solo quella. Franca Valeri, ottantotto anni e una testa che è un vulcano di idee, affronta il pubblico con piglio deciso sul palcoscenico della piccola bomboniera del Teatro della Cometa a Roma (nel pomeriggio oggi alle 17 l'ultima replica) per presentare la versione aggiornata di un suo antico cavallo di battaglia, quel «Carnet de Notes» che nel dopoguerra riproponeva nei teatri italiani insieme a Vittorio Caprioli e Alberto Bonucci. Lo mise in scena con loro per la prima volta a Parigi, dove si racconta che ad applaudirla accorse Edith Piaf, un titolo voluto - recita oggi come allora l'attrice milanese - «per preservarci dalle minacce del secolo». Ma ha ancora un senso ripresentare i ritratti di queste donnine che lei stessa definisce «in preda a una crisi di nervi»? Ce l'ha eccome, e lo dimostra riattualizzando testi che sono autentici meccanismi di perfetta orologeria, che comprendono pezzi noti tratti dal suo inesauribile archivio, scherza lei, di «lavoratrice del monologo». Sono donne, qualche volta allegramente virago, caratteri sempre sopra le righe, come la signora che ha sposato in seconde nozze un miliardario ma che esasperata dall'eccessiva accondiscendenza dell'uomo lo trascina dal medico («come è ordinato, troppo. Gli va bene tutto»), salvo poi scoprire che è morto stecchito in sala d'attesa. A dividere con lei la scena una pianista (Ida Iannuzzi) e tre giovani e belle voci liriche (Eleonora Caliciotti, Edoardo Milletti, Emanuele Casani), con i quali alterna i monologhi ad arie di Verdi («O terra addio» dall'Aida), Mozart («Dalla sua pace» da Don Giovanni), Rossini («Non si dà follia maggiore» da Il turco in Italia, «Io!» da Il viaggio a Reims), Puccini («D'onde lieta uscì» dalla Bohème) e Donizetti («Tornami a dir che m'ami» da L'elisir d'amore), l'altra sua grande passione di vita. «L'opera mi ha sempre impressionato - spiega - e questa scelta viene anche dalla convinzione che la parola teme il potere della musica, le sue infinite aperture alla fantasia». Ma lei non ha nulla da temere, e con arguzia tratteggia abitudini di ieri e di oggi, mettendo a raffronto nel momento più irresistibile dello spettacolo due lettere «di rottura»; quella aulica della madre e quella sboccata della figlia, oppure quando fa strame della «Voce umana» di Cocteau dove fa dire alla protagonista già con i barbiturici in mano: «Li ho comprati la sera che ci siamo conosciuti. Sarà stato un presagio?». Si ride, anche sull'onda degli inevitabili ritorni della signorina Snob e della Sora Cecioni, di un universo femminile piccolo borghese, che resiste come in una fortezza senza accorgersi dello sfascio che gli sta attorno.
Stefano Crippa
Carnet de notes, lo spettacolo di Franca Valeri in scena alla Cometa (fino al 19 ottobre), non va perso a nessun costo. Gli affezionati della signorina Snob e della sora Cecioni troveranno in questo nuovo contenitore presentato a Spoleto tre mesi fa 80 minuti di buoni pretesti per ridere e per scoprire una nuova attrice, che ha trasformato il suo personaggio cucendolo addosso alla sua età. Un tema centrale, il matrimonio. Uno sotteso, la morte. Tra marito e moglie, lui è l'essere più inutile e di passaggio, lei è quella insoddisfatta, che avverte «un vuoto esistenziale... probabilmente un sintomo un po' scontato, ma sempre spiacevole». Lei sa. Sempre. Il telefono, neanche a dirlo, la fa da padrone. Omaggio al Cocteau della Voce umana, ma soprattutto alla donna e alla sua inesauribile voglia di comunicare, e di dimostrare che non sbaglia mai. Neanche quando, appollaiata in una casa di vacanza con suocera e figli mentre il marito va a Capri perché a lui l'umidità fa male, trova un rigurgito di falso ottimismo che le fa dire «Io ho fatto un buon matrimonio». Con le voci di Edoardo Milletti, Emanuele Casani, Eleonora Caliciotti; al pianoforte Ida Iannuzzi.
Paola Polidoro