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L’ORESTE. QUANDO I MORTI UCCIDONO I VIVI - regia Giuseppe Marini

Claudio Casadio in "L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi", regia Giuseppe Marini. Foto Tommaso Le Pera Claudio Casadio in "L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi", regia Giuseppe Marini. Foto Tommaso Le Pera

di Francesco Niccolini
con Claudio Casadio
illustrazioni di Andrea Bruno
regia di Giuseppe Marini
scenografie e animazioni Imaginarium Creative Studio
costumi di Helga Williams
musiche originali di Paolo Colella
luci di Michele Lavagna
produzione Società per Attori e Accademia Perduta Romagna Teatri, in collaborazione con Lucca Comics & Games
Teatro Filodrammatici, Piacenza, 2 marzo 2023

www.Sipario.it, 9 marzo 2023

L’Oreste: quell’articolo determinativo davanti al nome ci dice tutto, dice di un uomo che non è Oreste del mito, ma è l’Oreste, un uomo segnato dalla vita, un uomo in procinto di lasciare il carcere manicomiale e che si racconta, mentre prepara o dovrebbe preparare i suoi affetti per lasciare quel luogo che è prigione, ma al tesso stesso, inaspettatamente, nido. Oreste è Claudio Casadio, Oreste di Francesco Niccolini e Andrea Brugno è una storia di violenza e follia che emerge pian piano, che disegna l’orrore subìto e visto da Oreste bambino, la sua rabbia e la violenza che sono via di fuga e di sfogo dell’indicibile. Un letto, un armadietto, un tavolo e sullo sfondo una sorta di grande parete che è uno schermo in cui prendono corpo i sogni, i ricordi, i dialoghi di Oreste con lo psichiatra, con Marilena, la sorella rimasta bambina, con Ermes, ufficiale straniero internato, con un infermiere. 

L’Oreste. Quando i morti uccidono i vivi interessa per ciò che racconta e per come la narrazione è condotta in un intreccio di prestazione attoriale e di graphic novel. Claudio Casadio dà un corpo potente e segnato dal tempo a questo uomo della bassa che ha visto ammazzare il padre, che ha abitato la violenza e l’abisso degli affetti e si ritrova a scontare una pena in quello che è un penitenziario manicomiale. Gli è data la possibilità di uscire, questa libertà è però una condanna, il mondo fuori non lo conosce e lui non si ri-conosce in esso. Oreste parla, parla, dialoga e pian piano svela la sua storia, svela che il carnefice all’origine è vittima, svela il sogno di raggiungere il papà per andare in Unione Sovietica e poi volare sulla luna, ma prima vuole incontrare e portare con sé la sua Marilù che ha conosciuto al manicomio di Lucca e a cui ha scritto lettere, su lettere. Peccato che di Marilù non ci sia traccia. Nel racconto e nelle verità di Oreste tutto e tutti sono determinati, l’articolo determinativo gli dà certezza, indica l’assolutezza di un’esperienza nata dal buio della mente. La scrittura di Francesco Niccolini è potente e precisa, così come lo sono i disegni di Andrea Bruno che dialogano con Casadio. La vicenda manicomiale di quell’uomo si sviluppa non solo nelle parole dell’uomo, ma anche nel susseguirsi delle immagini, strisce di un fumetto che scena dopo scena compone un puzzle fatto di orrori rimossi, di paure taciute, di affetti negati. Il meccanismo di proiezioni e registrato è macchina che costringe Claudio Casadio a respirare e muoversi in un tracciato filmico e audio che gli impone una naturale estraneità che rende raccontato il suo personaggio in un’insolita prima persona, in quell’articolo determinato che indica Oreste, quell’Oreste, ma al tempo stesso assomma il dramma dei morti che uccidono i vivi, il dramma della follia che inchioda uomini e donne al dolore. Commossi applausi per una storia che sa toccare il cuore.

Nicola Arrigoni

Ultima modifica il Mercoledì, 15 Marzo 2023 08:07

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