testo, scene, costumi e regia di Emma Dante
luci: Cristian Zucaro
intepreti: Manuela Lo Sicco, Antonio Puccia, Salvatore d’Onofrio, Sandro Maria Campagna, Carmine Maringola, Sabino Civilleri, Michele Riondino, Alessio Piazza, Fabrizio Lombardo, Ugo Giacomazzi e Stefano Miglio
Crt. Milano, teatro dell’Arte (prima nazionale).
Teatro Palladium, Roma dal 23 settembre al 5 ottobre 2007
Il teatro ci sta abituando a nuove modalità per parlare di mafia. Ricordando fatti di cronaca (L'istruttoria), sviscerando le ragioni profonde che ne dimostrano l'immortalità (Gomorra), aggredendo fisicamente l'occhio dello spettatore attraverso scene che rimandano simbolicamente a scenari dell'immaginario collettivo. Quest'ultimo è il caso di Emma Dante, la drammaturga e regista siciliana che nel suo Cani di bancata (ospite del Romaeuropa edizione 2006, è tornato in questi giorni al Palladium di Roma Tre) svela attraverso un'ultima cena profana e sgangherata le dinamiche ineludibili imposte da una divinità terrena.
La Mammasantissima (Manuela Lo Sicco), versione femminile del Padrino, chiama a raccolta i suoi cani a grufolare tra le macerie di una piccola umanità. Distribuisce a loro, disposti a piramide intorno a un tavolo che incombe sulla platea in verticale, pane e vino, carne e sangue dei loro simili, compromessi e bassezze. Espressionista, dritta al punto, sguaiata come la deriva che rappresenta, questa femmina vorace vi farà tremare. Fino al 5 ottobre.
Paola Polidoro
Nel raccontare tutto ciò Emma Dante si serve unicamente di una serie di sedie/scranni che, unite, ora partecipano a disegnare la sagoma di una cattedrale, ora l'emiciclo di un parlamento mafioso, o ancora i posti che stanno ai lati di una tavola imbandita. Strepitosa è l'immagine dell'ultima cena in cui Dio-Mafia (grande, intensa, unica Manuela Lo Sicco) distribuisce ai figli il pane, il suo corpo e sangue. Quei figli sono un gruppo indistinto di uomini, desiderosi di scalare gli scranni del potere e della considerazione di mamma mafia. Laddove Emma Dante affida la sua riflessione alla potenza del gesto e alla forza dell'immagine Cani di bancata stupisce ed è efficace. Meno intenso appare il disegno drammaturgico, meglio sarebbe dire testuale, per cui la lotta fra i figli della mafia appare a tratti macchinosa e un po' confusa, così pure la gestione d'insieme di un gruppo di attori in sintonia, ma differenti per potenzialità espressive.
L'impressione assistendo a Cani di bancata è che Emma Dante col suo "j'accuse" alla mafia e ai suoi riti abbia assolto ad un personale dovere etico e morale nei confronti della sua terra. Ora ciò che attende Emma Dante è il nuovo distacco dalla sua Sicilia, per un viaggio in un altrove che metta al sicuro il suo teatro da un regionalismo e provincialismo autoreferenziale… Emma Dante lo sa e si può supporre che abbia già pronte le valige non per fuggire, ma per farsi regista di un orizzonte più ampio.
Nicola Arrigoni