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DUETTI - regia Ettore Nigro e Pino Carbone

Francesca De Nicolais in "Luci della Città – Stefano Cucchi", regia Pino Carbone Francesca De Nicolais in "Luci della Città – Stefano Cucchi", regia Pino Carbone

200 grammi di teatro a sera
direzione artistica Ettore Nigro e David Jentgens
TRAGODIA il canto del capro
tratto da un racconto di Emanuele D'Errico
adattamento Ettore Nigro ed Emanuele D'Errico
con Emanuele D'Errico
regia Ettore Nigro
scene Armando Alovisi | musiche originali Mario Autore |
costumi Francesca Del Monaco | regista assistente Rebecca Furfaro
LUCI DELLA CITTÀ/Stefano Cucchi
di Pino Carbone e Francesca De Nicolais
con Francesca De Nicolais
regia Pino Carbone
Napoli, Teatro Bolivar, Napoli 30 settembre 2016

www.Sipario.it, 2 ottobre 2016

Due monologhi che hanno in comune il senso di disagio giovanile, la solitudine che trionfa in maniera spietata sulla umanità delle relazioni ed esclude. Emargina. La percezione di se come di un essere frustrato e incapace di comunicare, ma punito esageratamente.
Con la rassegna Duetti (dal 29 settembre al 2 ottobre e poi dal 13 al 16 ottobre), il Teatro Bolivar di Napoli dà inizio alla stagione 2016/17 intitolata Nuove Vele. Come è nella sua vocazione, lo spazio /avamposto della cultura nel quartiere Mater Dei dedica ampia attenzione ai giovani (personaggi principali dei lavori in scena, ma soprattutto interpreti emergenti ed appassionati) attraverso la sempre attuale forma del racconto.
Due monologhi per ogni appuntamento: Tragodia Il Canto del Capro e Luci della CittàStefano Cucchi (venerdì 30 settembre) pongono al centro, come accennato, storie di violenza e abusi. Giovani vittime di se stesse e dei propri demoni, certo, ma anche della società che brutalizza e respinge.
L'amarezza del racconto, nel caso di Tragodia, si sprigiona in una visione onirica: Guglielmo Belati è un giovanotto come tanti, all'apparenza; innamorato di Teresa, vorrebbe sposarla, ma così facendo andrebbe contro il volere dei genitori suoi e della ragazza. Un carico evidentemente eccessivo per il ragazzo, che mentre va a consegnare l'anello alla fidanzata si imbatte in una pecora e se ne innamora perdutamente.
Guglielmo non pensa che all'animale: così, deriso da tutti, si allontana dalla famiglia e dagli amici per entrare in un gregge. Poco a poco si trasforma: orecchie e mento si allungano, spuntano le corna, mani e piedi si trasformano in zoccoli. Come ardentemente desiderato, Guglielmo riesce a capire il linguaggio delle pecore e a comunicare con la bestia che gli ha rubato il cuore. L'idillio, però, non dura che un attimo: l'intero gregge, infatti, viene tratto con l'inganno in un macello, gestito proprio da Teresa (ex fidanzata del protagonista) e da suo padre.
Guglielmo si risveglia da quell'incubo, ritrovando il coraggio e la forza dei propri sentimenti. Corre da Teresa, ma non sa che ad attenderlo ci sono le ostilità della famiglia e un dramma troppo grande per lui. Stavolta reale.
Il secondo monologo Luci della Città – Stefano Cucchi non si sviluppa attraverso il sogno, ma la cronaca in tutta la sua crudezza. Certo, l'autore si serve della metafora del ring e di un incontro di pugilato, ma la realtà dei fatti resta quella ben nota a tutti. Deve rimanere tale e, anzi, essere gridata sotto forma di una denuncia costante.
Stefano Cucchi muore a soli 31 anni il 22 ottobre del 2009, mentre è in custodia cautelare. Vale a dire, quando si trova nelle mani dello Stato. Una settimana prima viene arrestato per detenzione e spaccio di stupefacenti, processato per direttissima e trattenuto nel carcere di Regina Coeli. In soli sette giorni, Stefano perde una decina di chili; al momento del decesso, sul suo corpo vengono trovate lesioni ed ecchimosi alle gambe, al viso (inclusa una frattura della mascella), all'addome, al torace, due fratture alla colonna vertebrale e un'emorragia alla vescica.
Dopo 7 anni ancora nessuno risulta colpevole della scomparsa di Stefano, che stando agli atti si è lasciato morire. L'autore si domanda a gran voce: cosa significa lasciarsi morire? Chi può avere il coraggio di mettere su carta una formula tanto vuota e agghiacciante davanti all'immagine di un cadavere martoriato come quello di Stefano? Chiunque avrebbe diritto a una seconda possibilità, figuriamoci un giovane di trentuno anni! A Stefano la possibilità di rialzarsi, dopo essere stato messo prima all'angolo e poi al knock out dalla vita, è stata negata. Abbandonato a se stesso e agonizzante, è stato torturato, picchiato e ucciso. In fondo, non era che un tossico.
Dei due monologhi si sottolinea la notevole prova fisica dei protagonisti, Emanuele D'Errico e Francesca Nicolais, che in scena ballano, cantano e si fanno valere come veri combattenti. La loro performance non conosce cali, né cedimenti, nonostante i testi siano di durata considerevole per un attore solo e di grande intensità emotiva. L'energia di Francesca ed Emanuele si lancia dal palco come un grido incontenibile (o un silenzio prepotente) ad invadere e rapire l'intera sala.

Giovanni Luca Montanino

Ultima modifica il Domenica, 02 Ottobre 2016 08:00

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