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DENIAL - regia Yael Ronen

"Denial", regia Yael Ronen. Foto Ute Langkafel "Denial", regia Yael Ronen. Foto Ute Langkafel

di Yael Ronen e Ensemble
Regia: Yael Ronen
Con: Oscar Olivo, Orit Nahmias, Dimitrij Schaad, Çiğdem Teke, Maryam Zaree
Scenografia: Magda Willi
Costumi: Amit Epstein
Video: Hanna Slak
Musica: Nils Ostendorf
Drammaturgia: Irina Szodruch
Berlino, Teatro Maxim Gorki, dal 9 settembre 2016

www.Sipario.it, 7 ottobre 2016

Negazione, rinnegamento, rimozione: diversi sono i significati che può assumere il termine inglese Denial, titolo del nuovo spettacolo che la regista Yael Ronen ha realizzato con l'ensemble del teatro Maxim Gorki di Berlino per la stagione 2016-2017. Storie di emigrazione, di abusi, di percosse e di coming out ne costituiscono il materiale narrativo. Storie diverse, accomunate dal desiderio, dall'obbligo, dal dovere (più o meno inconsci) di dimenticare da parte di chi le ha vissute; storie di traumi soffocati, rimossi e negati; storie di coscienze ferite, di memorie frammentarie e di conflitti. Come già in Common Ground e The Situation, Yael Ronen gioca con finzione e realtà, mischiando i testi con le biografie degli attori. Per l'ennesima volta e con assoluta maestria la regista fa del mix di verità e fantasia il punto cardine dello spettacolo. La serata risulta comica e tragica al contempo: portando il pubblico alle risa, la messa in scena riesce a rivelare profondi, drammatici conflitti. Se The Situation si era già aggiudicato il titolo di "spettacolo dell'anno" secondo la rivista Theater heute, Denial rappresenta il primo approccio della regista alla psicologia: il risultato è tanto entusiasmante quanto il suo teatro politico.

Sin dalla scena iniziale è evidente la completa assenza di una cornice narrativa, elemento che rende Denial diverso dai precedenti lavori di Ronen. Allo stesso modo la scenografia risulta estremamente scarna: una tenda realizzata con strisce di materiale sintetico pende dal soffitto dividendo la scena; su di essa vengono proiettati volti, scritte, filmati girati in diretta. Partendo da commenti su quanto sia stata felice la propria infanzia, i cinque personaggi si avvicendano sulla scena raccontando episodi che dimostrano l'esatto contrario dello statement iniziale: lo statunitense di origine dominicana Oscar Olivo narra di come abbia scoperto di essere omosessuale e della reazione della famiglia al suo coming out; l'israeliana Orit Nahmias racconta del "lavoro segreto" del padre e di come scoprì del suo coinvolgimento in crimini a danno dei palestinesi; l'iraniana Maryam Zaree utilizza lo spettacolo come strumento per rivolgersi alla madre e parlare per la prima volta della propria nascita, della fuga dall'Iran e degli abusi subiti; Çiğdem Teke cerca un modo per nascondere la sua relazione con una donna alla propria famiglia in Turchia; Dimitrij Schaad narra dei terribili incubi che tradiscono gli abusi subiti dal padre quando era bambino. La messa in scena oscilla di continuo tra comicità e drammaticità senza mai sbandare, mantenendo un perfetto equilibrio tra i due poli che diventano l'uno parte integrante dell'altro. Inevitabilmente il pubblico si lascia trasportare dall'ilarità suscitata dai racconti di Oscar Olivo per poi ritrovarsi sull'orlo del pianto un attimo dopo, quando Maryam Zaree prende la parola. I personaggi di Denial non possono, non vogliono o non riescono a ricordare, a parlare, ad ammettere. Al contrario preferiscono negare, dimenticare, tacere, almeno finché non arrivano sul palcoscenico. Orit Nahmias, in una scena tipica per Ronen, si dice delusa dalla messa in scena: "Pensavo che in Denial si sarebbe parlato di genocidi e guerre", di Storia e non di storielle insomma. Ma è proprio questo il messaggio di Ronen: tematizzando il processo di rimozione psicologica nel privato, la regista sta in realtà portando alla luce l'origine dei grandi e terribili episodi di rimozione storica.

Gloria Reményi

Ultima modifica il Sabato, 15 Ottobre 2016 07:09

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