di Rainer Werner Fassbinder
da Carlo Goldoni
traduzione di Renato Giordano
regia e adattamento scenico di Veronica Cruciani
con la Compagnia del Teatro Stabile del Friuli Venezia
Giulia Filippo Borghi, Ester Galazzi, Andrea Germani, Lara Komar,
Riccardo Maranzana, Francesco Migliaccio, Maria Grazia Plos, Ivan Zerbinati (attore ospite)
e con Graziano Piazza
scene e costumi Barbara Bessi
drammaturgia sonora Riccardo Fazi
disegno luci Gianni Staropoli
produzione Teatro Stabile Friuli Venezia Giulia
Roma, Teatro Vascello dal 23 al 30 gennaio 2018
La riscrittura scenica che quasi cinquant'anni or sono fece Fassbinder della Bottega del caffè di Goldoni, per la regista Valeria Cruciani si può adattare ai nostri giorni. In che modo? Vestendo i protagonisti con abiti moderni; conferendo alla recitazione toni e movenze tipici d'un certo cinema contemporaneo o di un determinato genere di serie televisive; rappresentando il caffè di Ridolfo in termini minimalisti: qui e lì qualche tavolo in plastica preso da un bar di periferia; un carrellino con sopra qualche bottiglia di superalcolici, un macinino da caffè e bicchieri dove versare distillati e liquori; un pavimento ed un soffitto tinti con un motivo floreale ove s'alternano il bianco e il nero. Al di fuori di questo scheletrico bar, vi è il mondo tipico delle case da gioco dove fino all'alba si perdono somme inverosimili di denaro, scommettendo e ubriacandosi. Pierluigi Pietricola
Quando non sono presso Ridolfo, i personaggi indossano una maschera. Ma appena vi fanno ritorno, prontamente se la tolgono. Questo a dimostrazione che solo nel caffè – luogo dove uomini appartenenti a classi sociali d'ogni tipo, senza distinzione, si incontrano e confrontano – si può essere autentici?
I dialoghi mostrano ed ostentano la piccineria e meschineria del genere umano. Ma finiscono tutti per ruotare attorno ad un solo argomento: i soldi. E se ne parla convertendo in dollari ed euro gli equivalenti delle cifre originarie in zecchini veneziani.
A sottolineare la chiusura di ogni atto, tutti gli attori danzano su musiche da discoteca. E mentre si abbandonano a balli scombinati, con lievi movenze ed espressioni mimiche suggeriscono al pubblico assunzione di droga o di alcool oltre ogni ragionevole ebbrezza.
Il finale è giocato su toni bui con una tenue luce diafana, resa ancor più fioca da una nebbia che man mano copre la scena. Atmosfera lugubre e che tutto confonde: anche la bottega del caffè di Ridolfo.
Fassbinder della commedia di Goldoni accentuò il lato oscuro mettendo da parte gli aspetti ironici, leggeri e allusivi propri del drammaturgo veneto. La Cruciani, rileggendo questo adattamento, ha voluto dire che le persone sono oggi guidate dal denaro e da null'altro? Se così è, lo ha fatto non cogliendo – nel testo originario e nella riscrittura – una bella e potente metafora che sapesse rendere un classico contemporaneo senza snaturarlo.
Questa Das Kaffeehaus-La bottega del caffè (in scena al teatro Vascello di Roma) difetta, in sintesi, d'un'idea drammaturgica e di regia in grado di rappresentare simbolicamente i nostri giorni. L'universalità – sia di personaggi che di situazioni – propria di questa commedia, la Cruciani l'ha spinta all'estremo. Ne è risultato qualcosa di rarefatto, confuso, vagamente somigliante tanto a Goldoni quanto a Fassbinder.
Un vero peccato. Principalmente per il pubblico che, forse, avrebbe desiderato bere un buon caffè nella bottega del grande drammaturgo veneto uscendone fuori interrogandosi e, magari, comprendendo qualcosa in più di questi tristi tempi.