di Jean Genet
traduzione Monica Capuani
adattamento Veronica Cruciani
con Eva Robin’s, Beatrice Vecchione, Matilde Vigna
regia Veronica Cruciani
scene Paola Villani
costumi Erika Carretta
drammaturgia sonora John Cascone
CMC/Nidodiragno, Emilia-Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale
Teatro Stabile di Bolzano
Teatro Gobetti (Torino) 27 FEB – 3 MAR 2024
Tipico esempio di un grande classico, di un capolavoro senza tempo, che si ha la fortuna di vedere in una veste nuova, ma c’è dell’altro: sì, c’è di più, se si ha l’opportunità di assistere a una specie di opera pop. Il testo è universale, perché sa spingersi oltre il tempo denunciando le disparità e le ingiustizie sociali di sempre (per non parlare delle discriminazioni di genere); a questo si aggiunga un’operazione di look e di restyling stilosissimo, attraente. Ecco l’impressione di chi scrive, dopo aver visto Le Serve di Jean Genet, nella traduzione di Monica Capuani e nell’adattamento/regia di Veronica Cruciani (in scena al Teatro Gobetti di Torino). Protagoniste in scena sono le due bravissime Beatrice Vecchione e Matilde Vigna: le mitiche serve di Genet, che ancora una volta vivono (e offrono generosamente al pubblico) un intenso e irresistibile delirio; il desiderio autodistruttivo di liberarsi dal giogo sensuale, rivestito di paillettes e preziosi lustrini, una catena lunga quanto la vita eterna. Nei panni della “signora” - la viziata, capricciosa e autoritaria padrona delle serve -, c’è una divertentissima Eva Robin’s: cinica, matronale e disumana; regina della scena, come una Lady Gaga versione highlander. Le scenografie, da moderno boudoir, sono affascinanti e interattive: a gestirle sono le interpreti stesse, dando vita e forma all’ambientazione. Le musiche sono graffianti e molto coinvolgenti: tant’è che le protagoniste (Vecchione e Vigna, strepitose) non si risparmiano ballandole; le due serve, in primis; le due sorelle, Solange e Claire, in preda a folli e masochisti propositi omicidi. Genet scrive il suo dramma nel 1947, ispirandosi liberamente a un fatto di cronaca che scosse l’opinione pubblica francese negli anni Trenta: due sorelle, che vivono un rapporto di amore e odio nei confronti della loro padrona, la signora – vero e proprio idolo di platino, rivestito di gioielli, tessuti e belletti pregiati –; che ogni sera inscenano un rituale macabro e intriso di livore in cui, a turno, la interpretano e la uccidono. Come viene riportato nelle note di regia dello spettacolo diretto da Cruciani, Jean-Paul Sartre definisce Le serve «uno straordinario esempio di continuo ribaltamento tra essere e apparire, tra immaginario e realtà». Un testo che resta attuale, perché squarcia la piaga degli abusi di potere (di ieri e di oggi), dello sfruttamento, della violenza psicologica e di genere. Giovanni Luca Montanino