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MOLTO RUMORE PER NULLA - regia Veronica Cruciani

Lodo Guenzi e Sara Putignano in “Molto rumore per nulla”, regia Veronica Cruciani Lodo Guenzi e Sara Putignano in “Molto rumore per nulla”, regia Veronica Cruciani

di William Shakespeare
Regia di Veronica Cruciani, adattamento di Veronica Cruciani e Margherita Laera,
traduzione di Margherita Laera, luci Gianni Staropoli
scene Anna Varaldo costumi Erika Carretta,
musiche Nicolò Carnesi le canzoni sono di Lodo Guenzi e Nicolò Carnesi
Movement coach Marta Ciappina e Norman Quaglierini
Personaggi interpretati: Lodo Guenzi BENEDETTO, Sara Putignano BEATRICE, Paolo Mazzarelli DON PEDRO,
Marco Quaglia DON JOHN, Francesco Migliaccio LEONATO, Lorenzo Parrotto CLAUDIO, Romina Colbasso ERO,
Marta Malvestiti ANTONIA e MARGHERITA, Davide Falbo BORRACCIA, Andrea Monno SANGUINELLO e CORRADO,
Gianluca Pantaleo CRESCIONE, FRATE e BALDASSARRE
Valerio Santoro per La Pirandelliana e TSV – Teatro Nazionale in collaborazione con Comune di Verona - Estate Teatrale Veronese.
Al Teatro Romano di Verona il 25 e 26 luglio 2024
nell'ambito della “Estate Teatrale Veronese”

www.Sipario.it, 30 luglio 2024

Molto rumore per nulla è la vita, e la vita è molto rumore per nulla, ma non nel senso apparente di essere un nulla vuoto quale l'Universo Gnostico, come infingono anche i famosi versi della scena V del V atto di Macbeth, tra candele che si consumano e attori che gridano e si agitano, bensì proprio per il suo contrario in quanto è solo attraverso le apparenze che si può, esteticamente e insieme esistenzialisticamente s-velare, ri-velandola in sincerità, l'irriducibile essenza dell'essere umano, un po' come, restando in argomento teatrale, la pirandelliana doppia maschera che lì simula e qui, contemporaneamente, dissimula.

Dunque un gioco delle apparenze e dei doppi in cui sta non solo il riflettersi mimetico di René Girard ma anche le infinite diadi che caratterizzano l'umanità e che il contrasto “conscio-inconscio” in un certo qual freudiano modo tutte riassume.

Ha scritto con efficacia Victor Hugo nel suo classico saggio sul drammaturgo elisabettiano: “L'antitesi di Shakespeare è quella universale , sempre e dovunque, è l'ubiquità dell'antinomia: vita e morte, freddo e caldo, giusto e iniquo, angelo e demone, cielo e terra, fiore e fulmine..oggettivo e soggettivo, prodigio e miracolo, carne e spirito”.

Un giocare 'a' sé stessi che è un giocare 'sé' stessi sul tavolo della vita (in cui lo sfondo bellico che ne fa shakespearianamente da 'esergo' ci ricorda che quel tavolo ha come suo ripido bordo la morte) che è la struttura stessa, e la lingua, di questa famosissima commedia del Bardo, in cui, come in tutte le grandi commedie, non si manca di respirare, tra lazzi, inganni e risate, l'afflato gelido della tragedia.

Ma è anche il filo ispiratore e conduttore di questa bella messa in scena di Veronica Cruciani che fa della fedeltà quasi filologica al testo, ben oltre l'imbalsamazione da museo che talvolta caratterizza le riedizioni di Shakespeare, il grimaldello per svelare, per sciogliere i nodi dell'inganno, nel plot e nelle narrazioni, e quelli della cecità esistenziale oltre la scena, in nome di una sincerità che è sempre tradire, appunto, l'apparenza.

Un meccanismo che coinvolge, essendone anche in un certo qual senso stimolato, dalla stessa nuova e bella traduzione di Margherita Laera, all'uopo utilizzata, in cui, a partire dalla dizione 'elisabettiana' dei nomi di alcuni protagonisti, recupera quasi matericamente gli 'umori' profondi del teatro shakespeariano che, già dal suo tradizionale e molto variegato pubblico, sapeva magistralmente mescolare, linguisticamente, sintatticamente e drammaturgicamente, anche negli stessi personaggi, 'basso' con 'alto', recuperando e continuamente trasfigurando l'uno nell'altro e l'altro nell'uno.

Non staremo certo a ricordare trama e storia narrata (quello che è ormai da tutti definito 'plot') non solo perché da tutti conosciuto, ma soprattutto perché talmente intrecciato con la sua specifica destinazione in scena che l'unica e la migliore maniera per farlo sarebbe quella di rifare ogni volta una messa in scena, e non è certo compito che ci spetta.

Mi limito a ricordare che in questo testo, come in altri peraltro, precipitano, quasi a ulteriormente moltiplicare l'effetto a specchio del racconto scenico, anche suggestioni e motivi di altri grandi drammi del Bardo, tra i tanti in particolare Giulietta e Romeo, di cui riprende il tema non solo dell'amore contrastato ma anche, comicamente, quello della morte apparente, e La bisbetica domata, di cui ripropone in maniera più sfumata il tema del femminile e della sua nascente 'opposività', seppur ancora una volta risolta nel corrente (allora e oggi) patriarcato.

È quest'ultimo, quello del femminile io credo, un altro elemento che la Cruciani sa mettere in efficace evidenza, senza snaturare o forzare il racconto ma lasciandolo emergere quasi spontaneamente nei diversi toni recitativi che le protagoniste sanno dare a versi antichi che sono già i prodromi ancora nascosti di una consapevole modernità delle donne.

Proprio a questo riguardo Nadia Fusini scrive significativamente in una sua altra presentazione al testo: “Non v'è dubbio che la commedia, la commedia nuova come quella antica, come quella shakespeariana, accenda le sue trame intorno alla sessualità femminile, che sarà pure un nonnulla, ma esiste e come. Anzi, proprio in quanto nulla (soprattutto nella vergine), e in quanto godimento ignoto, esso incombe con la forza del suo mistero nell'orizzonte erotico del maschio”.

Un dramma di e in movimento che la regia asseconda sapendo mescolare prossemica e mimica degli attori, voce e canto, sonorità ed ambiente luci in un singolare effetto grammaticale prima che sintattico, un effetto che coinvolge recitazione e dizione in un misurato 'melting pot' estetico, talora forse con qualche eccesso espressionistico.

Bravi tutti i protagonisti, giovani e meno giovani coinvolti in un recitazione moderna che restituisce a Shakespeare quello che a Shakespeare è sempre appartenuto, l'essere stato e l'essere ancora oggi, in fondo, un geniale scrittore un po' pop con sfumature beat.

In particolare si segnalano le due coppie di giovani (Lodo Guenzi e Sara Putignano – Benedetto e Beatrice, con Lorenzo Parrotto e Romina Colbasso – Claudio e Ero) dalla recitazione fresca e convinta, che Guenzi integra cantando anche due canzoni da lui stesso composte insieme a Nicolò Carnesi.

A Verona (una, restando al pop, delle location preferite del Bardo) nei grandi spazi di un Teatro Romano pieno e che ha apprezzato, il 25 luglio.

Maria Dolores Pesce

Ultima modifica il Sabato, 03 Agosto 2024 09:43

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