di e con Monica Guerritore
musiche di A. Part, S. Barber, A. Iglesias, G. Kancheli, R. Sakamoto, C. Armostrong, A. Rodriguez
produzione L'isola ritrovata
Festival Icastica, Arezzo 18 luglio 2013
Come ad inizio Novecento, quando il pubblico andava a teatro per vedere l'attore mattatore e neanche si interessava a ciò che gli stava attorno, lo stesso si può dire di Dall'Inferno all'infinito. Lo spettacolo, molto semplice dal punto di vista registico, unisce testi tra loro apparentemente inconciliabili: parte con l'Inferno di Dante, per poi passare a Flaubert e arrivare a Leopardi; il tutto attraversato da citazioni di Pasolini, Proust, Cesare Pavese ed Elsa Morante. Ciò che lo rende straordinario è la maestria con cui la splendida Monica Guerritore ci conduce in questo viaggio, verso un infinito (evocato proprio dall'omonima poesia) che è la vita. È un invito a buttarsi a capo fitto nelle esperienze, a non rimanere ancorati alle proprie cose, ma scoprire anche quei mondi che non esistono e che vivono solo nella propria fantasia. Come Elisa di Menzogna e Sortilegio, come Madame Bovary, dobbiamo avere il coraggio o forse la pazzia di andare oltre la realtà.
Il nucleo centrale dello spettacolo è sicuramente la Divina Commedia. Il famoso incipit della prima delle tre cantiche "Nel mezzo del cammin di nostra vita", accompagnato da potenti musiche suggestive, ci introduce nel clima dantesco. Successivamente la Guerritore con delicatezza ed immensa poesia ci racconta l'incontro con Virgilio, il primo con Beatrice (canto II) e quello con Paolo e Francesca (canto V), dialogando tra sé e la sua ombra proiettata nel muro. Per il conte Ugolino avviene una vera e propria trasformazione: per un attimo ci dimentichiamo la calda voce che abbiamo ascoltato finora e vediamo in scena un corpo bestiale e macabro. Nel passare da un canto all'altro e spiegare ciò che ha appena interpretato, l'attrice nella sua tradizionalità rischia di essere didattica e descrittiva, ma il potere della sua interpretazione cattura talmente tanto che diventa secondaria questa pecca.
La scenografia è costituita solo da alcuni parallelepipedi neri di legno in cui la nostra protagonista si siede tra una poesia e una lettura. Non occorre altro, basta la facciata della Chiesa di San Domenico di Arezzo alle spalle del palco ha creare la giusta suggestione.
Sara Bonci