Regia: Carlo Verdone, Arnaldo Catinari
Con : Carlo Verdone, Max Tortora, Giada Benedetti, Filippo Contri, Pietro Ragusa,
Anita Caprioli, Monica Guerritore, Antonio Bannò, Caterina De Angelis, Maria Paiato, Claudia Potenza, Andrea Pennacchi
Soggetto: Carlo Verdone
Sceneggiatura: Carlo Verdone, Menotti, Luca Mastrogiovanni, Nicola Guaglianone, Pasquale Plastino
Fotografia: Arnaldo Catinari
Musiche: Fabio Liberatori
Montaggio: Pietro Morana
Scenografia: Giuliano Pannuti
Costumi: Tatiana Romanoff
Suono: Roberto Sestito
Genere: COMMEDIA, SERIE TV
Produzione: FILMAURO DI AURELIO E LUIGI DE LAURENTIIS
Distribuzione: AMAZON ORIGINAL
Quando, in un’intervista, gli chiesero di svelare i trucchi della sua arte umoristica, Peppino De Filippo rispose, elusivamente: “Ho capito, non per studio ma per intuito, i segreti più nascosti del teatro. E, soprattutto, che per far ridere occorre un certo ritmo”. Vedendo, rivedendo, gustando Vita da Carlo, autobiografia in forma di serie che Verdone ha realizzato per Amazon Prime Video, mai affermazioni come quelle di Peppino appaiono più appropriate.
Per tutti gli amanti del Nostro regista, attore, scrittore e sceneggiatore, è cosa nota che la sua vena umoristica, e le risa del pubblico che ne derivano, scaturiscono da una sapiente maestria nel saper costruire situazioni e gags. Sin dai primi film, l’ironia di Verdone somiglia a una bomba ad orologeria pronta a detonare al momento giusto: mai un istante in anticipo, mai un attimo in ritardo. Il segreto di questa precisione, di questa puntualità nel saper porgere una battuta secondo una certa intonazione e in un preciso lasso temporale, di saper arrivare alla soluzione di una situazione pazientemente approntata, è tutto nel ritmo. Una certa cadenza, innata in gran parte e affinata con l’esperienza, che condiziona la storia scegliendo il punto esatto e quell’unica angolazione dai quali iniziare il racconto, svilupparlo e concluderlo.
Vita da Carlo è l’apoteosi di questo senso di precisione, equilibrio, leggerezza profonda che Verdone ha sempre mostrato di possedere fin dai suoi esordi. Tutto inizia in medias res, mostrando il Nostro attore alle prese con un momento delicato della sua professione: non voler più continuare a realizzare film di tipo comico, lasciando maggiore spazio ad una vena malinconica e riflessiva sui problemi che la quotidianità presenta e che chiedono di essere compresi e affrontati. Ma a questo lato se ne aggiunge un altro della vita di Verdone: quello privato, alle prese con le questioni personali della sua famiglia, dei suoi figli e i vari problemi che gli pongono innanzi. E, ciliegina sulla torta, il difficile rapporto con il suo pubblico, improntato ad una simpatica indiscrezione che si manifesta in richieste tra le più varie: selfie fatti in condizioni comiche e paradossali, visite a persone in fin di vita il cui unico desiderio è conoscere e parlare con l’attore che tanta letizia ha donato al loro tempo piagato dalla malattia. Come se non bastasse, a questa quotidianità travagliata e ricca, giunge per Verdone una proposta inattesa, che si rivelerà non priva di difficoltà e insidie: la sua candidatura a sindaco di Roma alla quale non riesce ad opporsi. Perché Carlo, come si dice in più di un’occasione nella serie, non riesce a dire no: gli sembra scortese e brutto.
Su questa storia, s’intrecciano una serie di vicende e situazioni esilaranti, assistendo alle quali è impossibile non ridere. Deliziosa l’amicizia fra Verdone e Max Tortora: schietta, goliardica, tenera, a tratti paradossale come nella migliore tradizione cinematografica sul tema (Stanlio e Ollio su tutti). Molto bello, profondo, con risvolti teneri che per stile e lucidità ricordano l’occhio di Mario Monicelli, ma senza arrivare al suo crudo e severo cinismo, il rapporto con Chicco (interpretato dal giovane e bravissimo Antonio Bannò), ex fidanzato di sua figlia Maddalena (impersonata da Caterina De Angelis, altrettanto brava e molto spontanea nella recitazione), e che Carlo salva da una situazione di vita non piacevole, dandogli l’occasione di un riscatto che il ragazzo, forse, attendeva da anni e mai nessuno gli aveva concesso prima. E come non lodare i duetti recitativi di altissimo livello fra Verdone e Maria Paiato (Annamaria, colf inflessibile ma in fondo bonaria, e anche confidente di fiducia del Nostro protagonista)? Di battuta in battuta, si ride vedendo l’espressione irremovibile della Paiato alla quale fa da controcanto quella di Carlo, che da un piglio di severità si stempera via via fino a diventare condiscendente e accomodante.
Un intreccio narrativo non facile da condurre. Ma che Verdone riesce benissimo a sciogliere, sempre mantenendo equilibrio e leggerezza. Il montaggio che ha realizzato, difatti, è mirabile proprio perché essenziale e mai approssimativo. Ogni vicenda, principale o secondaria, trova nel racconto, così come realizzato, la giusta misura. Al punto che riesce difficile immaginare un dettaglio in meno che si sarebbe potuto aggiungere, o uno in più che sarebbe stato meglio togliere.
Questa perfetta economia narrativa, questo ritmo la cui arte è un segreto che si apprende – come diceva Peppino De Filippo – per intuito più che per studio, Verdone la affina film dopo film. E proprio per questo Vita da Carlo si dimostra un capolavoro, e tra i migliori della tradizione del cinema italiano. Quella per cui, insegnava Luciano Salce, l’ironia è cosa seria, figlia diretta dell’intelligenza, del senso della misura e di un’innata eleganza. Un’eleganza che Verdone possiede e della quale il suo cinema e la sua scrittura sono permeati.
Pierluigi Pietricola