con Silvio Orlando
tratto dal romanzo La vie devant soi
di Romain Gary
direzione musicale Simone Campa
con l’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre
con Simone Campa chitarra battente, percussioni, Gianni Denitto clarinetto, sax,
Maurizio Pala fisarmonica, Kaw Sissoko kora, Djembe
scene Roberto Crea
disegno luci Valerio Peroni
costumi Piera Mura
organizzazione Maria Laura Rondanini
direttore di scena Luigi Flammia
fonico Gianrocco Bruno
amministrazione Teresa Rizzo
riduzione e regia di Silvio Orlando
produzione Cardellino srl
Teatro Franco Parenti dal 28 Gennaio al 6 Febbraio 2022
Per difficile che sia in questo caso, bisogna prima parlare della storia e poi di chi la porta in scena. La vicenda di un orfano, un bambino innocente abbandonato in una casa di accoglienza piuttosto disastrata; intorno a lui, personaggi buffi e drammatici insieme, segnati e “variopinti” dalle difficoltà, dalle violenze della vita; la Parigi del secondo dopoguerra, come sempre fiera e pulsante nella sua identità multietnica; i bassifondi, punto di convergenza degli emarginati, così diversi tra loro eppure accomunati dal sentirsi respinti (spesso, addirittura braccati); i bassifondi, attraversati da una colonna sonora struggente. Su tutto, un unico bisogno, un appello accorato e disperato: BISOGNA VOLER BENE.
Ecco La vita davanti a sé, di Romain Gary, pubblicato nel 1975 e adattato per il cinema nel 1977, al centro di un discusso Premio Goncourt. Portato in scena al Teatro Franco Parenti di Milano (dal 28 gennaio al 6 febbraio 2022) da un protagonista nostrano degli spettacoli.
Timido all’apparenza e anche un po’ orso: generosissimo in palcoscenico, da prima ancora che le luci si accendano. Capace di stabilire subito con la platea un contatto ravvicinato, di parlare agli spettatori come in intimità. Empatico, ironico e sorprendentemente poliedrico. Chi ha la fortuna di vedere a teatro Silvio Orlando riscopre l’attore feticcio di autori come Nanni Moretti e Paolo Sorrentino: ne apprezza l’energia, prima di tutto, la forza fisica, la presenza di scena – così vivace da abbracciare il pubblico fino alle ultime file – e la capacità di stupire.
La vita davanti a sé è la storia di Momò, bimbo arabo di dieci anni che vive nel quartiere multietnico di Belleville: Orlando – istrionico, buffo, commovente – diventa quel bambino, in un monologo che, dolcemente, non concede tregua né a lui né al pubblico. L’attore fa rivivere il legame indissolubile – carnale, viscerale, oltre la morale e qualunque convenzione sociale – di Momò con Madame Rosà, anziana ex prostituta ebrea che ora sbarca il lunario prendendosi cura (in una pensione sgangherata) dei figli messi al mondo dalle colleghe più giovani. Madame Rosà è al centro dell’affettività di Momò, del suo mondo pieno di interrogativi taciuti e di risposte impossibili, ma non è l’unico personaggio sullo sfondo della brulicante Belleville: ci sono prodighi vicini di casa – un affascinante travestito e dei prestanti facchini –, ci sono gli altri bambini della casa, c’è la polizia.
La vita davanti a sé di Gary rimane un romanzo che stringe il cuore come in una morsa, che intenerisce e scotta di attualità: all’autore il gran merito di aver anticipato il tema contemporaneo della convivenza tra culture, religioni e stili di vita diversi. Sarà per questo che Silvio Orlando avverte come una necessità portare l’opera in scena e avvicinarla al pubblico, accompagnato dall’Ensemble dell’Orchestra Terra Madre. La musica che interviene in questo racconto non può che essere etnica, risentendo delle sonorità e dei ritmi coinvolgenti di culture diverse.
Risate e momenti di commozione si alternano. Alla fine, l’abbraccio tra Momò e Madame Rosa appare indispensabile, proprio per ribadire – contro la vita che divide, che separa e che spesso ci violenta –: BISOGNA VOLER BENE.
Giovanni Luca Montanino