di James Joyce
15 : The Dead - Part 1
Regia di Giancarlo Sepe
con (in o. a.) Giulia Adami, Lucia Bianchi, Paolo Camilli, Federico Citracca, Manuel D'Amario, Enrico Grimaldi, Ivan Marcantoni, Annarita Marino, Bruno Monico da Melfi, Caterina Pontrandolfo, Giannina Raspini, Federica Stefanelli, Guido Targetti
e con la partecipazione speciale di Pino Tufillaro
scene e costumi Carlo De Marino, musiche a cura di Harmonia Team
con la collaborazione di Davide Mastrogiovanni
produzione Bis Tremila srl
San Salvatore – 57° Festival dei due mondi di Spoleto, 4,5,6 luglio 2014
The dubliners è una raccolta di 15 novelle pubblicate da Joyce nel 1914 ambientate tutte a Dublino in cui i personaggi che vi compaiono si muovono in modo circolare quasi come le lancette d'un orologio coattivamente a ripetere gli stessi movimenti. Giancarlo Sepe, regista di spettacoli che hanno fatto la storia del teatro come Zio Vania e Accademia Ackermann in quegli anni irripetibili delle cantine romane negli anni '60 e '70, facendo suoi i racconti di Joyce, ri-crea qui, nella navata centrale dell'ex- chiesa del San Salvatore, giusto accanto al cimitero di Spoleto, all'interno del 57° Festival dei due Mondi, uno spettacolo suggestivo e affascinante facendo respirare agli spettatori, sistemati tutt'intorno allo spazio scenico, nebbiose atmosfere irlandesi dense di misteri e di enigmi in cui i vivi si confondono con i morti e viceversa e dove i personaggi appaiono come zombie atrofizzati e paralizzati dal tempo. Sembra che il destino della gente di Dublino e dell'Irlanda sia lo stesso di tanti che vivono la medesima condizione di isolani/isolati in altrettante isole sparse per il mondo con la stessa impronta esistenziale, quella cioè di vivere una vita in un luogo ostile da cui si cerca di evadere e da cui si viene poi inesorabilmente ri-cacciati nel medesimo cul de sac, avendo l'impressione di essere andati non lontano dal proprio naso, pieni di birra e di sogni, sospesi a mezz'aria fra cielo e terra, fluttuanti in uno status metafisico. E' stato autorevolmente scritto che The dubliners è una "collezione di epifanie" e che la Dublino di Joyce è una "grande epifania una rivelazione di carattere religioso, il cui scopo è rendere manifesto ai suoi concittadini che essi si trovano al centro di una paralisi spirituale, corrotti e oppressi da regole inutili quanto crudeli". Opportunamente Sepe ha condensato il suo spettacolo sul più bello e completo dei racconti, I morti appunto, che riassume il senso dell'intera opera: i morti più potenti dei vivi, reali i primi solo ombre i secondi. Si racconta nella Dublino del primo '900 dell'insegnante e scrittore Gabriel Conroy che partecipa con la moglie Gretta al ballo annuale delle signorine Morkan: la cugina Mary Jane e e le ospitali zie Julia e Kate. Tra densi fumi e nebbie accentuate dal bagliore dei riflettori ( il disegno luci era di Umile Vainieri), fanno bella mostra sul fondo della navata un gruppo di sagome di dublinesi con cappelli e pipa alcuni e c'è pure una bambina. Un cerimoniere in frac e fascia azzurra (il carismatico Pino Tufillaro fondatore con Sepe del Teatro La Comunità) esprimendosi in inglese dà il via allo spettacolo. Al centro della scena di Carlo De Martino (suoi pure io costumi) ristagna un grande tavolo ricco di girasoli e gerbere multicolori e tutt'intorno sono distesi a terra i personaggi che da uno stato di morte passeranno ad uno di vita con movimenti epilettiformi. I loro volti appaiono tinti di grigio, poi il sudore della fronte cancellerà lentamente il funereo colore. Dopo aver portato in processione quelle leggere sagome ha inizio la festa con danze e musiche tipiche dell'Irlanda ( quelle curate da Harmonia Team con Davide Mastrogiovanni) e quel tavolo, finalmente liberato dei suoi fiori, diventa il parterre per frenetiche danze. Il personaggio di Gabriel dopo essersi imbattuto nel nazionalismo bigotto della signora Ivors e nei comportamenti allegrotti e alticci di Mister Browne e Freddie Malins, sottolineerà in un discorso-pistolotto denso di malinconia il carattere ospitale del popolo irlandese e poi andrà via in albergo con la moglie. Qui cercherà di far l'amore con lei che invece sbotterà confessandogli d'aver conosciuto al suo paese un ragazzo malato innamorato follemente di lei, che pur d'incontrarla prima della sua partenza ha sfidato la pioggia e la sua grave malattia. Gabriel è rabbioso, si sente sconfitto come uomo e fallito come marito. Capisce che morire da giovani avvolti da una forte passione sia meglio che lasciarsi uccidere dal tempo e dalla vecchiaia. La sua anima muore e la nebbia sempre più fitta non distinguerà più i vivi dai morti. "Go west" (Andar all'ovest o morire) è la proposta finale di Gabriel che può attuarsi nella morte fisica o nella fuga della realtà irlandese che qui diventa la sintesi dei quindici racconti dei The dubliners, The dead Parte1. Molto concentrati e tutti all'altezza i protagonisti dell'attraente spettacolo di Sepe, a cominciare da Giulia Adami e finire con Lucia Bianchi, Paolo Camilli, Federico Citracca, Manuel D'Amario, Enrico Grimaldi, Ivan Marcantoni, Annarita Marino, Bruno Monico da Melfi, Caterina Pontrandolfo, Giannina Raspini, Federica Stefanelli, Guido Targetti.
Gigi Giacobbe