Ritratto di Danilo Dolci
testo: Renato Sarti - Franco Però
con Paolo Triestino
regia: Franco Però
e con Alessio Bonaffini, Diego Gueci, Renzo Pagliaroto, Domenico Pugliares, Francesco Vitale
Roma, Teatro Valle, dal 16 al 28 ottobre 2007
Danilo Dolci alla sbarra Un processo clamoroso nel migliore spettacolo di politica illustrata offerto da anni in Italia
Durante il settimo decennio dell'Ottocento il grande critico d'arte John Ruskin, allora professore a Oxford, convinse i suoi studenti a uscire dalla contemplazione improduttiva e a seguirlo in un'impresa manuale, nientemeno che la costruzione di una strada. I lavori cominciarono con entusiasmo, ma alla lunga l'imperizia generale e altre incombenze li fecero languire e infine cessare senza concludere gran che. Ma i partecipanti all'impresa, uno dei quali fu il giovane Oscar Wilde, andarono poi fieri tutta la vita di quel tentativo.
Di sicuro ignaro di tale precedente, circa ottant'anni dopo, nel 1956, il, come chiamarlo? santo laico, benemerito assistente sociale volontario? Danilo Dolci promosse qualcosa di simile a Partinico. I suoi seguaci però non erano ricchi studenti inglesi, ma braccianti siciliani disoccupati e disperati. Piuttosto che languire nell'inattività, Dolci li stimolò a intraprendere non pagati un'opera di utilità pubblica collettiva, il restauro appunto di una strada preziosa per il collegamento coi campi. Commise però l'errore di chiamare ad alta voce tale servizio volontario, «sciopero alla rovescia». La parola bastò a evocare lo spettro del comunismo e della rivoluzione. Le autorità intervennero immediatamente, Dolci e i principali collaboratori fuorono arrestati per sedizione, resistenza alla forza pubblica e via dicendo. Il processo fece epoca, molte personalità si schierarono a sostegno del missionario civile, e l'insigne giurista Pietro Calamandrei scese di persona a Palermo per pronunciare un'arringa appassionata, che se smontò qualche imputazione collaterale (come l'avere chiamato omicida la polizia) non evitò a Dolci un mese di carcere, sia pure già scontato, e una ammenda.
Questi fatti lontani ma non dimenticabili sono rievocati con molto brio nel migliore spettacolo di politica illustrata che si veda da tempo: E' vietato digiunare in spiaggia, scritto ds Renato Sarti e Franco Però, quest'ultimo anche regista. Il titolo viene da una precedente impresa di Dolci, che aveva promosso un digiuno dimostrativo di pescatori ridotti alla fame dall'attività di concorrenti mafiosi, non combattuti dalle autorità, che nell'occasione avevano fatto sgombrare l'arenile gridando la frase nei megafoni. Benché a senso unico, né data la materia altro atteggiamento sembrerebbe concepibile, l'apologo evita ogni grevezza didascalica ricorrendo all'umorismo: le scenette brechtiane sono introdotte e recitate da cinque attori siciliani tutti molto vivaci e molto spiritosi - Alessio Bonaffini, Diego Gueci, Renzo Pagliaroto, Domenico Pugliares, Francesco Vitale - uno dei quali fa da cantastorie, mentre gli altri diventano con disinvoltura contadini analfabeti (di quelli che Dolci riuniva per scambi di opinioni che avevano funzioni maieutiche), agenti, funzionari e via dicendo. L'arringa di Calamandrei viene letta ogni sera da un diverso personaggio noto, chiamato a esprimere la sua solidarietà (cominciò Bertinotti, a me è toccata la simpatica Dacia Maraini). Col maglione bianco di Dolci, Paolo Triestino è un pacato agitatore di idee, più spettatore che protagonista di fermenti. Il copione è ricco di battute spassose, quasi tutte provenienti dai verbali dell'epoca, e i circa 80' filati scorrono leggeri e terribili (quella, cari signori, è la nostra Italia).
Masolino d'Amico
possibile di Dolci
Spettacolo di passione e di denuncia, quello in scena al Valle con la regia di Franco Però, testo di Renato Sarti e dello stesso Però. Spettacolo che scuote e fa riflettere, al di là della necessità o della voglia. Spettacolo che ripesca dal passato (è morto dieci anni fa) un uomo speciale, Danilo Dolci, poeta, architetto, sociologo, pedagogo, ma soprattutto utopista. Uno che fu chiamato il Gandhi italiano perché volle, senza violenza ma con estrema determinazione, rammentare ai poveri l'articolo 4 della nostra Costituzione: «La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società». E' vietato digiunare in spiaggia è teatro brechtiano e insieme elegia. Adotta la tecnica dei cantastorie, la poetica precarietà della scena che si scopre dietro una tenda mobile, pochi segni a definire un androne, la riva del mare, la vecchia strada dissestata che Dolci e i suoi discepoli, gli analfabeti senza pane di Partinico, decidono di aggiustare violando le diffide delle forze dell'ordine. Gli attori sono duri, bravi, eloquenti (Paolo Triestino è Dolci). L'orazione di Piero Calamandrei vien letta in scena, ogni sera, da un personaggio pubblico dei nostri giorni. Si sono già prestati Fausto Bertinotti, Gherardo Colombo e Leoluca Orlando. Da non perdere.
R.S.
Bertinotti attore difende la Costituzione Roma
Se tensioni e forse anche qualche problema Fausto Bertinotti può avere nel suo partito o nella sua alta carica istituzionale, ha mostrato l'altra sera al Valle una sicurezza e una autorevolezza sul palcoscenico davvero rare. La sua apparizione, verso la fine dello spettacolo attorno alla figura di Danilo Dolci, ha magnetizzato attenzione e rispetto, un silenzio spesso e improvviso che tanto più metteva in risalto i ticchettii di fotografi e cameramen pronti a immortalare quella apparizione davvero fuori dell'ordinario.
Non solo il valore dell'arringa di Piero Calamandrei in difesa di Dolci e della Costituzione di cui egli stesso era stato uno dei padri, ma l'assunzione in prima persona che il presidente della Camera ne ha fatto, hanno catturato chiunque in sala. Bertinotti si è rivelato, più che attore consumato (la sua vanità è tra i bersagli usuali dei suoi avversari) ma con un potere di immedesimazione nei valori che andava ricordando, davvero straordinario. Con immediato riferimento all'oggi, visto che l'articolo 4 della Carta a cui l'arringa faceva riferimento è il lavoro, non solo come diritto di ogni cittadino, ma anche come «dovere», civile e sociale.
C'erano molti politici, in sala, quasi tutti alla sinistra del Pd si può dire oggi, ma mancavano quei poteri forti cui quelle parole sembrano oggi più di allora destinate. Gli applausi sono stati fragorosi, anche da parte del resto del pubblico, che non era per altro quello solito delle prime. E hanno premiato anche attori e autori dello spettacolo che della performance di Bertinotti è stato l'occasione: È vietato digiunare in spiaggia, «ritratto di Danilo Dolci», che Renato Sarti e Franco Però (quest'ultimo anche regista) hanno dedicato a uno dei padri pensanti e tormentati del dopoguerra italiano, morto giusto dieci anni fa nella sua amata e amara Sicilia, oggi quasi rimosso dalla memoria e dalla cultura di questo paese. A tenerne vivo e attuale il ricordo presso gli spettatori saranno, dopo Bertinotti, uno per sera, esponenti della politica, della magistratura, della cultura di oggi, da Gherardo Colombo a Leoluca Orlando. A tutti toccherà confrontarsi con l'arringa bellissima di Calamandrei.
Un contributo alla produzione l'ha dato la Provincia di Trieste, perché lì era nato, figlio di ferroviere, Dolci, prima di scegliere di stabilirsi tra il mare di Trappeto e le montagne di Partinico sullo Jato, in quella Sicilia che pareva destinata irrimediabilmente a restare succube di mafiosi e reazionari, ecclesiastici e gendarmi. Con la sua dolcezza e il suo cosmopolitismo, Dolci divenne quello che fu detto il "Gandhi di Sicilia", con le sue scuole alternative e il suo atteggiamento di ferma resistenza contro ogni abuso. Nel 1956, anno capitale per la sua pedagogia popolare, organizzò dapprima uno sciopero della fame contro i pescatori di frodo che affamavano gli abitanti della zona, poi indì uno «sciopero alla rovescia» per il quale fu processato e condannato, nonostante la sua difesa fosse sostenuta da Calamandrei.
Lo spettacolo di Sarti e Però, che cerca il massimo della comprensibilità popolare, comincia come un cunto di cantastorie, prosegue come un docudrama, ma rischia ogni tanto un didascalismo tra il televisivo e l'entusiasmo amatoriale. Ma poco importa: la testimonianza storica è in questo caso più forte di ogni linguaggio. Il solo Paolo Triestino, che interpreta Dolci, dà spessore e tiene sobriamente la barra del racconto.
Poi fortunatamente è arrivato Bertinotti (e da oggi gli altri). E con una «spalla» del genere l'orazione civile vola assai alto.
Gianfranco Capitta