performance di OHT Office for a Human Theatre
regia e scena Filippo Andreatta
suono e musica Davide Tomat
performer Silvia Costa, Stina Fors
assistente regia Veronica Franchi
luci Andrea Sanson
responsabile allestimento Cosimo Ferrigolo
costumi Lucia Gallone
sculture di scena e automazioni Plastikart Studio
busto di cera e maschere Nadia Simeonkova
fondale dipinto Paolino Libralato
tecnico Orlando Cainelli
stage tecnico Rebecca Quintavalle
amministrazione Lucrezia Stenico
sviluppo Anna Benazzoli
fotografie Giacomo Bianco
teaser Anouk Chambaz
produzione OHT
co-produzione TPE Teatro Piemonte Europa, Snaporazverein (CH), Opera Estate festival
residenza artistica Centrale Fies, CSC S.Chiara di Trento con il contributo di MiC, Provincia Autonoma di Trento, Fondazione Caritro di Trento e Rovereto OHT è associata al CSC S.Chiara di Trento
Teatro Astra, Torino dal 8 al 12 febbraio 2023
Perché proprio Frankenstein? La risposta di OHT Office for a Human Theatre è semplice: perché il capolavoro di Mary Shelley, tra i romanzi più presenti nell’immaginario collettivo mondiale e trans generazionale, tra i più citati, anticipa l’ansia e la paura legate all’emergenza climatica e al surriscaldamento globale. L’allestimento curato da Filippo Andreatta (regia e scena), con le performer Silvia Costa, Stina Fors, si avvale del contributo fondamentale del suono e della musica di Davide Tomat: decostruisce il testo, lo smembra e lo scuce come un abito, per poi rimontarlo, rielaborarlo, facendo passare un messaggio potente e inquietante, come le immagini proiettate a tutto schermo. Una lettura incentrata proprio sulla natura, sui paesaggi, sulle ambientazioni: talvolta dure e aspre, ma continuamente minacciate di sparizione.
Pubblicato nel 1816, Frankenstein non è solo un’icona letteraria, ma anche un mito vicino alla vulcanologia, più in generale a fenomeni geofisici ed ecologici, dunque alle sfumature politiche della ricerca di OHT: «Nell’aprile del 1815 – si legge nelle note di regia – il monte Tambora nell’isola di Sumbawa in Indonesia erutta, sputando circa 200km3 di materiale nell’atmosfera. Il Tambora diventa il primo Supervulcano, ovvero un vulcano la cui eruzione tocca il valore più alto esistente nella scala VEI (Indice di Esplosività Vulcanica). L'eruzione, sentita a più di 2.500km di distanza, abbassa la cima del monte Tambora di 1449m e provoca un’anomalia climatica chiamata l’Anno-Senza-Estate, il 1816; anno della pubblicazione di Frankenstein. Nelle parole di Mary Shelley, Frankenstein nasce a Napoli vicino ai Campi Flegrei che, assieme al Tambora, è tra i rarissimi Supervulcani del mondo».
L’immagine di Frankenstein, quasi come fosse una maschera, schiaccia da sempre i temi forti del romanzo e l’identità stessa dei personaggi: proprio da questa constatazione nasce “la necessità” dell’allestimento curato da OHT. Qui, inaspettatamente, a prendere la parola è il mostro, che si pone al centro: non vuole più essere commiserato, non indugia sottolineando la sua condizione di escluso e di emarginato, di aborto della società. Il mostro diventa un nostro concittadino, un intellettuale “giovane” e uno spirito critico, che – in quello che a tratti risuona come un radiodramma e a tratti come un reading – si interroga, ma soprattutto interroga il pubblico ponendo questioni “calde”.
In questa rilettura audace, l’opera di Shelley diventa terreno fertile per esperimenti scenici diversi: lo spettatore ha la sensazione di visitare un’installazione d’arte e, nello stesso tempo, di testimoniare a una sperimentazione, sullo sfondo degli strapiombi del monte Bianco: là dove si incontrano il mostro e il suo creatore; luoghi spesso contraddistinti da asperità, eppure tali da accogliere e offrire riparo a una creatura socialmente rigettata, che nella loro natura controversa impara a conoscere sé stessa.
Giovanni Luca Montanino