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FANTASMI - regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi

Fantasmi Fantasmi Regia Enzo Vetrano e Stefano Randisi

da "L'uomo dal fiore in bocca" e "Sgombero"
di Luigi Pirandello e frammenti da "Totò e Vicè" di Franco Scaldati
testo e regia di Enzo Vetrano e Stefano Randisi
con Enzo Vetrano, Stefano Randisi e Margherita Smedile
luci di Maurizio Viani, scene di Marc'Antonio Brandolini
produzione Teatro de Gli Incamminati/Diablogues – Compagnia Vetrano/Randisi
Venerdì 15 e sabato 16 ottobre 2010
Nuovo Montevergini Palermo
Comunale di Casalmaggore, 18 dicembre 2010

www.Sipario.it, 22 dicembre 2010
Giornale di Sicilia, 16 ottobre 2010

Che si muoia quanto la vita decide di giocare a nascondino? E' l'interrogativo che lascia Fantasmi di Diablogues al chiudersi del sipario, mentre Totò e Vicé giocano a nascondino, entrambi morti, amici ritrovati, figurine esili di un teatro dell'assurdo in chiave siciliana, affidato al testo di Franco Scaldati, scelto da Enzo Vetrano e Stefano Randisi come testo cerniera per i pirandelliani, Colloqui con i personaggi, Sgombero, affidato a una Margherita Smedile che in più punti ricorda la migliore Anna Magnani, e L'uomo dal fiore in bocca. Il Pirandello di Vetrano e Randisi coglie nel segno. In questo lavoro 'piccolo nelle dimensioni' ma grande per intensità di pensiero si ritrova la forza esegetica di Enzo Vetrano nel dare azione scenica al pensiero pirandelliano sulla morte, un'argomentazione che trova una mirabile coesione di linguaggio e di profondità analitica nella realizzazione dell'allestimento. La scena è quella di un binario lungo il quale camminano i personaggi/fantasmi di una notte che non è solo quella d'attesa dell'Uomo col fiore in bocca, ma è la notte dello stupore d'essere morti, l'inizio di un viaggio su binari che portano chissà dove. Personaggi e fantasmi, un binomio che si fa unico in quella presenza dei colloqui che visita l'autore, deciso a non dare più udienza alle sue creature, sconvolto dall'incipiente guerra, un fantasma che come pochi racconta il divenire della vita, il suo emergere malgrado tutto, il suo ignorare i fatti per quanto drammatici. Ha un che si esaltante questa riflessione sulla persistenza dell'esistenza che apre uno spettacolo dedicato al finis vitae. Una vita a cui non ci si arrende e alla fine è quanto fanno i bellissimi Vicé e Totò di Scaldati, due personaggi che Vetrano e Randisi trasformano con spudoratezza in Vladimiro ed Estragone di Aspettando Godot, un segno rimarcato dal sorgere di un albero scheletrico invenzione fantasmatica di Maurizio Viani. Sullo sfondo l'ombra di un cadavere ancora da comporre, in primo piano una donna, figlia di quell'uomo combattuta fra il dolore per la perdita e la rabbia accumulata nei confronti di un padre-padrone. Nei panni della donna è una forte e fisicissima Margherita Smedile. L'Uomo cl fiore in bocca, un efficacissimo Enzo Vetrano affiancato da un non meno intenso Stefano Randisi. L'attesa della morte e la voglia di suggere ogni istante di vita che rimane trovano in Enzo Vetrano una concretezza interpretativa di grande precisione e partecipata emozione, così come in Stefano Randisi l'iniziale colloquio con i personaggi viveva di un preambolo gravido di poesia. La scena si chiude sull'incontro – sul rinnovato incontro – fra Totò e Vicè entrambi passati a miglior vita, Vicé nel sonno e Totò gettandosi nel vuoto per ritrovare l'amico. C'è di che commuoversi ad ascoltare il dialogo fra quei due, c'è di che piangere ad assistere a quei due che giocano a nascondino, uomini/bambini nati a nuova vita.- Da vedere.

Nicola Arrigoni

La morte e l'amore per la vita rappresentano il filo conduttore di "Fantasmi", debutto nazionale proposto al Nuovo Montevergini come secondo appuntamento del Palermo Teatro Festival. Lo spettacolo, diretto da Enzo Vetrano e Stefano Randisi, che ne sono anche interpreti insieme con Margherita Smedile, ricompone in unità l'atto unico "L'uomo dal fiore in bocca" e la novella "Lo sgombero" di Luigi Pirandello.
In Questo percorso si aprono tre squarci lirici dell'opera "totò e Vicè" di Franco Scaldati, proposti in una visione beckettiana (presente persino l'esile alberello di di Aspettando Godot) intrisa però del calore e della tenerezza dei due strampalati personaggi che persino la Morte rifiuta, in una dimensione surreale e tragica che ben si adatta all'acre umorismo pirandelliano.
La riscrittura, effettuata dagli stessi registi, è dunque un semplice gioco di successioni e incastri che in nulla modifica i testi selezionati.
La scena è spoglia, i luoghi allusi dai rumori e dalle musiche, solo lo sfondo, isolato dalle quinte nere, è il punto di luce di riferimento, che si anima di tanto in tanto in sagome d'ombra.
La vita, sciocca e banale, pesante e tragica, avara di piaceri è lì in agguato nel cuore e nei pensieri dei personaggi, e non basta disprezzarla per cessare di amarla disperatamente.
Ecco perché struggente e tragica appare la condizione umana, assetata di un'acqua che spesso sa di sale e fiele eppur disseta e placa.
Margherita Smedile, nel ruolo di figlie disonorata, è sanguigna e amareggiata, disincantata e pratica nel disbrigo delle faccende luttuose sin quando non torna il ricordo lancinante di una maternità subita che scalda ancora di vecchie nenie il cuore indurito dalle avversità.
Enzo Vetrano, protagonista de "L'uomo dal fiore in bocca", preferisce dare al suo personaggio un tono stizzoso e querulo che sovrasta il lucido e astioso filosofeggiare proprio della scrittura pirandelliana, mentre veste di dolcissima e lunare malinconia il suo Vicè, piccolo uomo dal grande cuore.
Gronda tenerezza anche il Totò di Stefano Randisi, che incontra sulle strade dell'amicizia l'unica vero sentimento per il quale valga la pena vivere e morire, mentre nei basiti panni dell'Avventore assiste incredulo alle disquisizioni dello sconosciuto con la morte addosso.
La vita esplode così nelle immagini ridenti delle rose di maggio, dell'albicocca matura e infine delle rondini, disegnate in punta di luce sul palcoscenico, che affollano con il loro garrito  il cielo oscuro della notte pirandelliana, che è la notte di tutti gli uomini della terra.

Agata Motta

Ultima modifica il Lunedì, 12 Agosto 2013 11:26

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