di Pierre Barillet e Jean-Pierre Gredy
traduzione di Gerardo Guerrieri
regia: Guglielmo Ferro
con Remo Girone, Eleonora Giorgi
Roma, Teatro Olimpico, dal 9 dicembre 2008
Napoli, Teatro Acacia, dal 12 al 15 febbraio 2009
Ad occhio e croce il teatro «boulevardier» visse la sua età dell'oro tra il 1860 e il 1914. È un genere che nacque dalla borghesia e per la borghesia, all'insegna del divertimento puro e dell'evasione programmatica mutuati dalla pochade e dal vaudeville. E non a caso, dunque, tornò in auge - dopo lunghi decenni di decadenza o di silenzio assoluto - durante gli anni del fatidico e famigerato «boom» economico. Il picco di questo ritorno di fiamma fu costituito, nel 1964, da «Fiore di cactus», la commedia di Pierre Barillet e Jean-Pierre Grédy che, ben presto acclamatissima in tutto il mondo, fu interpretata a Broadway e a Parigi da Lauren Bacall e nel 1969 divenne un film - regia di Gene Saks, protagonisti Ingrid Bergman, Walter Matthau, Jack Weston e Goldie Hawn - che vinse anche un Oscar. Adesso è in scena all'Acacia nella traduzione di Gerardo Guerrieri e per la regia di Guglielmo Ferro. Ma, qualcuno ogni tanto dovrebbe sospettarlo, col tempo le cose cambiano. Come può risultare oggi credibile - nel dilagare delle coppie «aperte» e dei «singoli» per scelta o per ripiego - la storiellina del dentista Giuliano Foch che, donnaiolo impenitente, è costretto, per difendersi dalle mire matrimoniali di una sua giovane amante, Antonia Marechal detta Tonia, prima a inventarsi una moglie e tre figli e poi a far passare per quell'inesistente consorte la propria devota, irreprensibile e fiscalissima infermiera/segretaria Stefania Vigneau? Lo spettacolo in sé, poi, suscita nel cronista ulteriori e non meno fondate perplessità. Perché sulla pentola messa in bella vista nel cucinino di Tonia è scritto «ghoulasch», quando il termine che designa il famoso spezzatino alla paprica è il tedesco «gulasch» mutuato dall'ungherese «gulyás»? Perché le scene girevoli di Alessandro Chiti, allorché girano per mostrarci gli interni (l'appartamento di Tonia, lo studio di Foch, il night...), continuano a lasciare in ancor più bella vista le insegne della strada? E infine: mentre il testo parla del «Gran ballo della Rosa», qui si svolge, in tutta evidenza, il ballo dei debuttanti. Debutta in teatro, proveniente dal cinema e dalla tv, Eleonora Giorgi nel ruolo di Stefania (nella foto con Girone). Debutta in teatro, proveniente dalla soap «Vivere», Donatella Pompadour nel ruolo di Tonia. E debutta in un ruolo comico, proveniente dal teatro e dalle fiction drammatici, Remo Girone (Foch). Ma che non sia un attore comico si vede. Va meglio la Giorgi che la commedia l'ha frequentata. E se la Pompadour punta sulla simpatia, va a finire che il successo personale, davvero inatteso, se lo becca il nostro buon Guglielmo Guidi (il colonnello Cochet). Alla «prima», l'avete capito, timide risatine e applausi rituali.
Enrico Fiore
di bugie e di equivoci amorosi
Fiore di cactus, che segna all'Olimpico il felice debutto in palcoscenico di Eleonora Giorgi, sta al teatro come Natale a Rio sta al cinema: leggerezza, umorismo, situazioni paradossali, divertimento assicurato. La pièce, di Abe Burrows, corrisponde al film di Gene Saks del 1969 sceneggiato da Pierre Barillet e Jean-Pierre Grédy, autori della storia Fleur de cactus. Si presta a far brillare attori di cartello come Remo Girone, qui protagonista maschile nei panni del medico dentista Julian; interpreti giovani; bravi caratteristi. Nonché (è il caso della signora Giorgi) esordienti di lusso che uniscano un'indubbia classe e lo spirito necessario all'esperienza artistica maturata sul set.
La storia, che la regia di Guglielmo Ferro dipana davanti agli spettatori con la necessaria disinvoltura, aiutandosi, per i molti cambi di ambiente, con i "girevoli" tanto amati da Garinei&Giovannini, è ben congegnata. Lui, Julian, scapolo maturo, impenitente e donnaiolo, si fidanza con la giovane Tonia e finisce per volerla sposare. Deve però superare un ostacolo: alla ragazza, in un primo tempo, aveva raccontato di essere sposato e padre di tre figli. Che fare? Il bel dentista chiede all'algida infermiera che lavora nel suo studio da anni, efficientissima, apparentemente disinteressata all'eros, di fargli da consorte. Dovranno incontrare la sensibile Tonia e convincerla che il divorzio è assolutamente indolore. Ma...
Ne accadono, ovviamente, di cotte e di crude. Julian (Girone, bravissimo nel ruolo del fascinoso) inanella corone di bugie, si scontra con la propria età e finisce per chiedere all'infermiera (Giorgi più che all'altezza) di passare l'estate in Bretagna in sua compagnia. Tonia si fidanza con il coetaneo Igor. La vita dello studio dentistico riprende con i soliti ritmi, segnata dalla presenza di spassosissimi clienti.
Fabrizio Barbone, Donatella Pompadour, Andrea Garinei, Guglielmo Guidi, Federica Montanelli e Giorgia Trasselli formano, con merito, il resto della compagnia "agli ordini" dell'attentissimo Ferro. Lo spettacolo non ha sbavature, fila liscio dall'inizio alla fine senza lungaggini ad onta di un copione non certo breve. Applausi calorosissimi alla "prima". Repliche fino al 21 dicembre.
Rita Sala