Due storie quasi d'amore
due atti unici di David Greig
traduzione Matteo Colombo
regia Vittorio Borsari
con Silvia Giulia Mendola e Alberto Onofrietti
produzione CHRONOS3 in collaborazione con PianoInBilico
Milano, Teatro Libero dal 24 al 30 marzo 2015
Il microcosmo di David Greig ....
Cronache di uomini e donne incapaci di vivere il presente ed impegnati nella ricerca, vana, dell'attimo perfetto, dell'eterna rivincita... Esistere, nel presente, riuscire a parlarne: tutto diventa una sfida sempre più ardua. Il passato è in fuga e le chance perse pesano come macigni.
In questa società frammentata e ossessionata dalla velocità, Dan - Lucy / Jack - Caroline vivono la loro notte infinita: nel vuoto esistenziale di una anonima suite o nel salotto, buio, di una modesta abitazione.
Scelte di vita, tic verbali, egoismi, decisioni si confrontano, in una sorta di "ring emotivo", articolato in due parti.
Kyoto
Tempus fugit ovvero l'apologia delle occasioni mancate
Dan e Lucy sono due delegati impegnati nella lotta contro il degrado climatico e ambientale. Greig traccia, unitamente, il doppio percorso di una storia d'amore e di una battaglia eco- politica : la salute del pianeta stabilisce anche il paradigma delle reciproche illusioni e infelicità.
Diffidenza e paura rimangono, per l'uomo, i due principali avversari nonché – l'impasse emotivo ed etico – col quale la coppia si trova a fare i conti nel corso del fatidico ed ultimo, incontro, a distanza di dieci anni ...
Una notte è un'unità di tempo neutra: troppo lunga da riempire di passione amatoria e troppo corta per rievocare dieci di anni di vita. Testimone ed "interprete silenziosa" dell'incontro – scontro è la scomoda, gelida, suite: arredata da accessori inservibili e da un monumentale letto "king size".
La Regia di Borsari ha un piglio deciso e brillante anche se , nel tentativo di adattare e alleggerire i toni, rischia di perdere di vista lo sguardo complessivo sul testo e puntare sugli aspetti più immediati. Il brillante e disinvolto stile interpretativo della coppia Giulia Amendola – Alberto Onofrietti tende a puntare su un registro informale e di presa immediata sulle aspettative e gli umori del pubblico.
Fragile ... il furore dei "perdenti"
Drammaturgia originale, giocata in chiave osborniana, e incentrata sulla rabbia impotente di Jack: paziente di un centro sociale in disarmo e vittima di ogni genere d'ingiustizia personale e sociale.
Motore dell'azione è l'effrazione, compiuta dal ragazzo, nella casa di Caroline (psichiatra): unico punto di riferimento del suo caos esistenziale.
Il testo, presentato e diretto con mano sperimentale da Vittorio Borsari, punta all'abbattimento della "quarta parete" e attribuisce, agli elementi della platea, il ruolo di "voce esterna" (come originariamente concepita dal testo di David Greig).
Lo scatenarsi delle emozioni in scena è stemperato ed, in qualche modo disperso, dalla scelta registica compiuta.
L'efficace performance di Alberto Onofrietti rischia infatti di rimanere inascoltata: disattesa da un pubblico più occupato a dare la battuta giusta che ad apprezzare valore e spessore dell'interpretazione ... E' un vero peccato!
Spettacolo nell'insieme godibile quanto non privo di spunti d'interesse; nota di merito a Matteo Colombo e Vittorio Borsari per aver rivelato, al grande pubblico, l'opera di e di un autore ancora poco noto.
Francesca Bastoni