scritto e diretto da Tindaro Granata
con Tindaro Granata, Mariangela Granelli, Paolo Li Volsi, Bianca Pesce, Francesca Porrini, Giorgia Senesi
voce registrata elena Arcuri, scene e costumi di Agostino Riola
disegno luci di Matteo Crespi, elaborazioni musicali di Marcello Gori
produzione BIBOteatro e Proxima Rez
al Teatro al Parco di Parma, 17 aprile 2015
Alla fine l'applauso non parte, la platea è gelata, infastidita, colpita alla pancia e risulta difficile applaudire quanto è accaduto in scena. Ben inteso questo applauso che parte a stento non è una valutazione di merito ed estetica rispetto a Invidiatemi come io ho invidiato voi, ma è la risposta imbarazzata alla storia raccontata di un caso di pedofilia, di un mondo di parole non dette, azioni non compiute, emozioni soffocate, passioni inconfessate. Ma basta parlare di pedofilia per inibire l'applauso, choccare la platea? No, non basta ed infatti la pièce scritta e diretta da Tindaro Granata, ispirata a un fatto realmente accaduto, non si limita ad essere la storia di un abuso su una bambina di tre anni da parte dell'amante della madre e datore di lavoro del padre inetto (Tindaro Granata) e succube della sorella (Francesca Porrini). Intorno alla morte della bambina e alla storia di violenza c'è l'analfabetismo emotivo di una comunità/società, c'è la fragilità della madre Angela (Mariangela Granelli) in cerca d'amore al punto di concedere la bambina al suo amante (Paolo Li Vlolsi) come pegno 'obbligato' per avere tutto per sé quell'uomo che incarna il benessere e la felicità.
Invidiatemi come io ho invidiato voi procede per punti di vista, racconta la verità parziale secondo la prospettiva dei vari personaggi, confessioni davanti al giudice o alle telecamere della televisione verità, la differenza è minima. Quattro monconi di finestre appese, alcune sedie e il comporsi in quadri dei vari protagonisti: sono gli estremi di un'azione che procede per giustapposizione di scene, con fredda e implacabile oggettività, offrendo i punti di vista della vicina (Giorgia Senesi), della mamma di Angela (Bianca Pesce) oltre che le confessioni dei protagonisti, Angela, il marito e l'amante. Nessun punto di vista privilegiato: tutto accade con apparente oggettività in attesa di un giudizio, di una condivisione da parte della platea, di una presa di posizione, forse. Il pubblico infatti è chiamato in causa, è forse giurato del processo, è senza dubbio spettatore – ovvero colui che guarda ed assiste da fuori – di una storia che finisce con infastidire, che fa chinare gli occhi per la crudezza del linguaggio, ma soprattutto che ti obbliga a rispecchiarti in quei silenzi, nel far finta di non vedere, nel dire: 'non è affar mio, ci penserà qualcun'altro'. Il tema di Invidiatemi come io ho invidiato voi non è la pedofilia, ma bensì l'indifferenza e l'invidia di cui quell'umanità è ostaggio. C'è l'invidia per un benessere sognato che si crede sia sinonimo di felicità, c'è lo spiare e il commentare azioni e usi dell'altro visto sempre come nemico, c'è un disinteresse che finisce col farsi silenziosa indifferenza, un lavarsene le mani. Ed è questa anaffettività che scombussola la pancia, ancora prima che la violenza alla bambina. Con Invidiatemi come io ho invidiato voi Tindaro Granata ci mette di fronte alla miseria del nostro presente, ci scuote, racconta delle relazioni in frantumi di un mondo che si rifugia in casa e se va bene spia la realtà con diffidenza e indifferenza dalla finestra o dal televisore che non a caso occupa il centro della scena. Davanti a tutto questo l'applauso non può essere che imbarazzato, ma anche più che dovuto e meritato per la capacità di scrittura di Tindaro Granata che sa incidere senza pietà alcuna sulla coscienza degli spettatori.
Nicola Arrigoni