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VORREI UNA VOCE - di e con Tindaro Granata

“Vorrei una voce”, di e con Tindaro Granata. Foto Angelo Maggio “Vorrei una voce”, di e con Tindaro Granata. Foto Angelo Maggio

di e con: Tindaro Granata 
con le canzoni di Mina
ispirato dall’incontro con le detenute-attrici del teatro Piccolo Shakespeare all’interno della Casa Circondariale di Messina
nell’ambito del progetto Il Teatro per Sognare di D’aRteventi diretto da Daniela Ursino
disegno luci: Luigi Biondi
costumi: Aurora Damanti
regista assistente: Alessandro Bandini
produzione: LAC Lugano Arte e Cultura
in collaborazione con Proxima Res
partner di produzione Gruppo Ospedaliero Moncucco
Visto al Festival Primavera dei Teatri di Castrovillari il 29 maggio 2024

www.Sipario.it, 4 giugno 2024

Vertigini di emozioni a Castrovillari con “Vorrei una voce” di/ con Tindaro Granata
Uno e tante in scena, se stesso, Mina e le detenute della Casa Circondariale di Messina
L’ultimo concerto di Mina, canzoni in playback per guardare oltre i confini

Lui/ lei in un tutt’uno di stati d’animo che si fanno folla d’emozioni con le parole di Assunta, Vanessa, Gessica, Sonia e Rita, con Tindaro Granata, regista e interprete, e Mina, mito sconfinato che è anche memoria individuale per ascoltare se stessi, capirsi, il tutto nella coinvolgente condivisione con le detenute di alta sicurezza del teatro Piccolo Shakespeare della Casa Circondariale di Messina e successiva emersione, affioramento sul palcoscenico, puro, magnifico teatro. Così “Vorrei una voce”, visto al Teatro Vittoria di Castrovillari per Primavera dei Teatri, tra i più importanti, amati festival, per densità d’incontri, qualità degli spettacoli, per la preziosa atmosfera di condivisione tra artisti, organizzatori, critici, spettatori. 

Canta in playback Tindaro Granata, di cui ancora si ricorda il primo incontro, con “Antropolaroid”, una sorpresa commovente, lui solo in scena a comporre una pluralità di storie, di persone, entrando e uscendo fisicamente in/ da più ruoli, un racconto intimo e universale: le sue esperienze si sono poi moltiplicate, riconosciuto come grande artista dei nostri anni, abbastanza inquieto da cimentarsi in esperienze ogni volta diverse. Ma “Vorrei una voce” sembra comunque dialogare, malgrado l’assoluta distanza formale, stilistica, da “Antropolaroid”, con quella lontana opera, indimenticabile. Gli occhi truccati come Mina, abiti luccicanti che cambia più volte, sospesi in vari punti della scena, luci da gran concerto, una rigorosa adesione al playback, ai gesti della cantante, a tratti il seno scoperto, Tindaro svela una femminilità molteplice, stratificata, anche di chi, reclusa, ritrova il doloroso bisogno di coltivare sentimenti, affetti, anche se così separati, distanti.

“Il teatro per sognare” è il titolo del progetto da Daniela Ursino per la Casa Circondariale di Messina. Ma sognare non significa dimenticare se stessi, in un oltre fantastico. Si ricorda come sia Judith Malina che Emir Kusturica abbiano detto, con parole appassionate, in anni diversi, alle detenute della Casa Circondariale di Venezia, come anche il tempo recluso possa/ debba permettere di ri/costruire la propria persona. Oltre quella quotidianità definita dall’esterno si può trovare la propria complessità, ricchezza emozionale, di pensiero. Non è facile. Può aiutare l’ascolto di una canzone a scuotere quella passività che rende buia, opaca la mente? Tindaro Granata può rispondere sì. Meglio: la voce di una cantante - Mina! quelle parole dagli echi vibranti  - sa sollecitare anche quanto a volte si preferisce soffocare nella speranza di soffrire meno. E che invece sa regalare energia, forza, progettualità, lo sguardo più vivo, acceso. 

Nel bel programma di sala di “Vorrei una voce”, con molte foto dello spettacolo, l’attore ricorda il percorso di attività con quelle che a un certo punto chiama “le mie ragazze”, come fossero le interpreti di un musical nel racconto del regista: “proposi di fare quello che facevo da ragazzo quando ascoltavo le canzoni di Mina: interpretavo le storie fantastiche con la sua voce”. Ogni detenuta aveva a disposizione due canzoni di Mina da interpretare in playback con cui trasmettere “la forza e la potenza della propria storia per liberarsi da pensieri, angosce, fallimenti di una vita”. Alla fine è stato messo in scena l’ultimo concerto live di Mina, alla Bussola, 23 agosto 1978, quello stesso che appare a tratti come sfondo durante lo spettacolo visto a Castrovillari. 

Ma non si entra subito in quella teatralità avvolgente: Tindaro Granata inizia a raccontare come nel desiderio di instaurare un confronto con il pubblico, spiega l’attività svolta a Messina, come non fosse possibile portare quello spettacolo in tournée, ma presto l’attore entra in un’altra dimensione, se stesso con Mina, tra frammenti di discorsi di Assunta, Vanessa, Gessica, Sonia e Rita, anche di quando facevano resistenza all’idea di esporsi teatralmente, un Tindaro molteplice che non imita, ma assorbe in sé  e sa restituire con dolcezza, comprensione, straordinaria intelligenza. “Io vivrò senza di te”: no, non si muore senza amore…si continua a dormire, mangiare, piangere - e forse ancora, ancora aspettare. 

“Io mi sento libera in teatro perché non si vedono le sbarre”: quell’oltre ricercato per poter sognare diviene la scomparsa di quel preciso confine fisico. Per Tindaro Granata questa intuizione - scoprire il limite che soffoca, provare a superarlo - potrebbe diventare anche delle spettatrici/ spettatori, “per ritrovare quel desiderio di vivere, di cambiare prospettiva sul mondo”. E quando appare Mina sullo schermo lo sguardo continua ad andare da lei all’interprete in scena, in un vertiginoso abbandonarsi, conquistati da quel doppio teatralissimo. I versi di “Grande, grande grande” sembrano diventare un invito a continuare a lottare, lasciando aperti con “E poi”interrogativi senza risposta: “Ricominciare e poi/ che senso ha?”

E con “La voce del silenzio” si coglie un ulteriore crescendo di adesione allo spettacolo, alle parole, al canto, alle “ragazze” di Messina, straordinario Tindaro Granata: “Ci sono cose in un silenzio/ che non aspettavo mai. /Vorrei una voce…”. Applausi, applausi, applausi.

Valeria Ottolenghi

Ultima modifica il Mercoledì, 12 Giugno 2024 09:07

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