di Amélie Nothomb
regia di Cristina Crippa
con Elio De Capitani, Elena Russo, Arman Corrado Accordino
Milano, Teatro dell'Elfo 9-31 dicembre 2009
In un non precisato tempo, in una non definita città dell'Est europeo si sta combattendo l'ennesima guerra senza nome. E' inverno. Dell' esterno avvertiamo solo i bombardamenti. Un professore (Elio De Capitani), il suo assistente Daniel (Corrado Accordino) e Marina (Elena Russo Arman),l'allieva amante di turno di Daniel, combattono la loro guerra contro il freddo. Tre generazioni riunite in un limbo ghiacciato, la stanza del professore, una stanza il cui cuore è una stufa silente in attesa di tornare a palpitare calore. Ma tutto è stato bruciato. Restano solo i libri, la cui sacralità viene minata dalla giovane che, per prima, scalpitando in favore della sopravvivenza, propone di farne combustibile. Segue dunque una dissertazione figlia delle seguenti domande che inizialmente tormentano il professore e il suo assistente : "Quale autore sacrificare per primo? Di quale libro si può fare a meno? Di quale libro si può privare la nostra cultura e il nostro spirito per scaldare il corpo?". Ma attenzione. Il punto focale della questione si sposta dal gelido nozionismo appena si intuisce che gli autori menzionati sono frutto di invenzione. Si va al di là della bruciante ironia che la platea accoglie con calorose risate. Non appena la stufa intacca il primo "volume-sacrificale", il freddo diventa palpabile anche per gli spettatori perché insieme assistiamo ad una perdita irreversibile..una perdita di cui i "libri da ardere" sono un simbolo inequivocabile. I "barbari" che assediano la città spingono ad un imbarbarimento interiore. L'Uomo che incendia la sua memoria,l'eternità contenuta in quelle pagine, al fine di guadagnare anche solo un minuto di tiepido presente,ritrova i suoi istinti più animali, le pulsioni che portano anche alla copulazione per il mero desiderio di generare calore; calore che purtroppo è sinonimo di inaridimento.
Arriviamo in questo modo all'ultimo libro. Un romanzo. O meglio il romanzo d'amore tanto denigrato dal professore nelle sue lezioni. E se Marina si era battuta con ardore in favore di questo "olocausto", ora con tutte le fibre del suo corpo difende questo superstite perché la passione narratavi possa sopravvivere alle brutture della guerra e giungere ai posteri come ricordo indelebile di ciò che era stato l'Uomo prima che si votasse all'autodistruzione. Ma non c'è scampo. Il professore immola anche questo volume, mentre Marina seguita dal suo "antico amore" Daniel si getta tra le strade in attesa che i "barbari" la abbattino definitivamente.
L'Amore muore. Il tempo si ferma con l'ultima fiammata che illumina e deforma il volto del professore, quell'ultimo uomo seduto davanti al fuoco. Così, davanti al fuoco, la prima grande conoscenza appresa dal genere umano che qui annienta tutte le altre, e davanti al gelo che entra nella stanza e contamina il resto, riecheggia, lapidaria, nella nostra mente l'unica citazione vera: "L'inferno è il freddo" (Bernanos).
Al di là del merito del testo che con acume ritrae la condizione "infernale" verso cui si muove imperterrito il genere umano,un plauso sincero va alla regia attenta ed essenziale e alla sta-ordinaria e disperata umanità degli interpreti che anche nel recitare le didascalie non si risparmiano in generosità e verità.
D.G.