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MAL'ESSERE - regia Davide Iodice

Luigi Credendo in "Mal'essere”, regia Davide Iodice. Foto Pino Miraglia Luigi Credendo in "Mal'essere”, regia Davide Iodice. Foto Pino Miraglia

dall'Amleto di William Shakespeare
ideazione, drammaturgia e regia Davide Iodice
riscrittura in napoletano di Gianni 'O Yank De Lisa (Fuossera), Pasquale Sir Fernandez (Fuossera), Alessandro Joel Caricchia, Paolo Sha One Romano, Ciro Op Rot Perrotta, Damiano Capatosta Rossi
con Salvatore Caruso, Luigi Credendino, Veronica D'Elia, Angela Garofalo, Francesco Damiano Laezza, Marco Palumbo, Antonio Spiezia
e con i rapper attori Gianni 'O Yank De Lisa, Vincenzo Oyoshe Musto, Paolo Sha One Romano, Damiano Capatosta Rossi, Peppe Oh Sica
spazio scenico, maschere, pupazzi Tiziano Fario
costumi Daniela Salernitano
disegno luci Angelo Grieco, Davide Iodice
musiche composte ed eseguite dal vivo da Massimo Gargiulo
aiuto regia Michele Vitolini
assistente alle scene volontario Tommaso Carusoassistente ai costumi e sarta Ilaria Barbato
produzione Teatro Stabile di Napoli-Teatro Nazionale

Teatro San Ferdinando 1 febbraio – 12 febbraio 2017

www.Sipario.it, 5 febbraio 2017

La tradizione accoglie la contemporaneità come in un abbraccio. Linguaggi nuovi raccontano l'antico e ne rivelano il fascino che non smette di risplendere. Uno dei luoghi più sacri alla drammaturgia napoletana ospita un'opera rap: e l'incontro tra passato e presente è significativo, sia perché lo spettacolo è una riscrittura dell'Amleto di Shakespeare (tragedia tra le più note e preziose del Bardo, che da secoli offre motivi e ispirazioni nuove) e sia perché il palcoscenico è quello del Teatro San Ferdinando, la "casa" di Eduardo De Filippo.
Mal'Essere è il dramma ideato, curato nella drammaturgia e nella regia da Davide Iodice. Una dolorosa necessità, come spiega Iodice, un modo per riflettere e dire «una parola mia su Napoli. In questo tempo di "paranze d''e criature" e di criature morti ammazzati, di padri che mandano – ancora – i figli alla strage, nell'Elsinore dove vivo, tra Forcella e Sanità, qui mi riappare l'ombra di Amleto, qui sento che non è tanto questione di essere o non essere ma di mal'essere, nel senso doppio della nostra lingua che dice insieme di persona cattiva ma anche di un profondo scoramento, esistenziale: essere o non essere il male, piuttosto».
Probabilmente, nessuno più dei rapper attivi a Napoli e in Campania avrebbe saputo dare voce a questa tragedia di grande attualità, che giorno dopo giorno si consuma nelle periferie abbandonate e nei quartieri insanguinati. I rapper che, come aedi moderni, hanno messo mano alla riscrittura di un teso importante e, con amore e rabbia che si può solo gridare, hanno accettato la responsabilità.
Qualcuno nel pubblico alle prime battute, riconoscendovi accenti e modi di dire televisivamente noti, può cadere nell'equivoco: Mal'essere non strizza l'occhio a Gomorra, ma attraverso il linguaggio della Napoli odierna ripercorre la tragedia shakespeariana rispettandone il plot.
Vi ritroviamo tutti i personaggi: Amleto, principe di Danimarca, che si rifugia nella pazzia per sopravvivere al dolore causato dalla scomparsa del padre (tutto il suo dolore esplode come cariche di dinamite, grazie all'interpretazione del bravissimo Luigi Credendino); Orazio, amico inseparabile nonché testimone onesto e leale, a regalarci gli unici momenti di dolcezza e sentimento; il re Claudio e la regina madre, marci nella loro incestuosa e insanguinata unione; Rosencrantz e Guildenstern, il consigliere Polonio e suo figlio Laerte.
La giovane Ofelia, vittima nella sua purezza di violenze e trame incomprensibili per qualsiasi animo nobile. Siamo tutti Ofelia, cantano al termine dello spettacolo i rapper: vittime di una società violenta, che ci condanna a isolamento e incomunicabilità. Siamo tutti Ofelia, messi a tacere, imbavagliati fino a soffocare e costretti a non capire il perché di tanta cattiveria. Senza che nessuno sia disposto ad ascoltare, oppure a tenderci una mano; spinti ad annegare nella nostra disperazione.
Eppure Ofelia vive. Nella voglia di riscatto, nella speranza di chi non si dà per vinto e crede in una Napoli buona. Ofelia vive. E nel degrado delle periferie sboccia come un candido fiore.

Giovanni Luca Montanino

Ultima modifica il Domenica, 05 Febbraio 2017 11:36

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