testo e regia Antimo Casertano
con Antimo Casertano, Daniela Ioia, Luigi Credendino, Ciro Kurush, Giordano Zangaro
assistente regia Lella Lepre
scene Flaviano Barbarisi
costumi Antonietta Rendina
musiche originale Marco D’acunzo e Marina Lucia
uno spettacolo di Compagnia Teatro Insania e Associazione Culturale NarteA
In scena al Piccolo del teatro Bellini, dal 26 aprile al 1 maggio 2022
“Quello è pazzo per questo riesce a essere quell’artista così bravo che è”: questa considerazione ha accompagnato la storia di tantissimi artisti, dai più osannati, ai temuti, a quelli rispettati, a quelli dimenticati. Tra questi ultimi vi è senza dubbio Vincenzo Gemito scultore, orafo, e disegnatore napoletano vissuto tra Ottocento e Novecento, autore di opere davvero belle in cui il maestro applicava uno studio accurato del dato naturale e una grande analisi introspettiva del soggetto rappresentato. Ecco, proprio questo, oltre ad una vita difficile cominciata con l’abbandono alla Ruota degli esposti ad un solo giorno di vita, lo portarono ad una follia divorante che lo fece richiudere in manicomio prima ed in auto isolamento nella sua casa di Via Tasso, poi.
La Compagnia Teatro Insania e l’Associazione Culturale NarteA propongono al Piccolo del teatro Bellini di Napoli, Gemito – l’arte do’ pazzo, titolo quanto mai indovinato per il lavoro che inscenano in cui s’indaga la malattia emotiva di Gemito, che potrebbe riguardare, ovviamente, tanti altri artisti.
In scena Antimo Casertano (Gemito), Daniela Ioia (Nannina, seconda moglie di Gemito), Luigi Credendino (amico di Gemito), Ciro Kurush Giordano Zangaro (Carlo V) in un cupo ambiente dove l’unica scenografia è rappresentata da un blocco di marmo, raccontano la vita di questo artista e, soprattutto, la sua ricerca ossessiva per la perfezione che lo porta ad impazzire.
Diversi, chiaramente, gli espedienti registici che utilizza Casertano per cercare di proporre un’analisi, per nulla banale, del difficile tema analizzato che, però, non sempre appaiono davvero funzionali.
I Momenti di delirio, di tormento dell’artista sono molto efficaci grazie alla interpretazione di Casertano che propone un Gemito convincente e centrato.
I dialoghi poche volte restano su un piano naturale e molte volte sconfinano verso l’onirico; a riportare tutto su un piano più realistico ci pensa la Nannina che vuole fare capire al marito l’importanza delle cose ‘terrene’ come il denaro, ma Gemito non vuole abbassarsi verso la normalità, non vuole svendersi, a lui interessa solo l’arte di un certo livello.
E come avrebbe potuto cambiare il suo modo di pensare, di concepire l’arte se, per esempio, obbligava i suoi modelli a rimanere in equilibrio su un grosso sasso insaponato allo scopo di studiare le fasce muscolari in un momento di sforzo. Quanto ricorda Caravaggio in questo, quel volere riprendere il vero perché la vera arte è solo quella che si può vedere!
Tutto precipita quando Gemito riceve da Umberto I la commissione di una statua marmorea più grande del vero raffigurante Carlo V da collocare in una delle nicchie della facciata del palazzo reale di Napoli di cui realizza solo il modello in gesso e il bozzetto bronzeo. Proprio questa opera diventa il suo tormento; Carlo V nello spettacolo si materializza e tormenta Gemito: non era facile far capire questo passaggio chiave nella storia del tormentato artista e la decisione di Casertano, di dargli una fisicità marcatissima, si rivela vincente.
Onore a Gemito, dopo anni di scarsa considerazione, ma anche studio su quello che accade nella mente di un artista sempre proteso verso la ricerca della perfezione nella creazione di opere immortali, eppure così profondamente umano e debole.
Un bel lavoro quello proposto anche se alcuni personaggi potrebbero essere ridimensionati, non per come gli attori li restituiscono perché sono centrati ed in parte, ma proprio per lasciare spazio ulteriore alle evoluzioni del protagonista.
Roberta D'Agostino