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MALATO IMMAGINARIO (IL) - regia Andrée Ruth Shammah

"Il malato immaginario", regia Andrée Ruth Shammah "Il malato immaginario", regia Andrée Ruth Shammah

di Molière
con Gioele Dix
e con Anna Della Rosa, Marco Balbi, Valentina Bartolo, Francesco Brandi,
Piero Domenicaccio, Linda Gennari, Pietro Micci,
Alessandro Quattro, Francesco Sferrazza Papa

traduzione Cesare Garboli
regia Andrée Ruth Shammah
scene e costumi Gian Maurizio Fercioni
luci Gigi Saccomandi
musiche Michele Tadini e Paolo Ciarchi
Produzione Teatro Franco Parenti
Roma, Teatro Eliseo dal 28 novembre al 17 dicembre 2017

www.Sipario.it, 15 dicembre 2017

L'ironia beffarda di Molière

Al teatro Eliseo in questi giorni è di scena il sarcasmo di Molière, celeberrimo autore francese che, attraverso una monumentale produzione drammaturgica, ha voluto denunziare i vizi che divoravano la società del diciassettesimo secolo.
Il malato immaginario è una delle commedie più volte rappresentate di cui ne ricordiamo anche una divertentissima pellicola cinematografica del 1979 interpretata da Alberto Sordi.
Dopo 34 anni dal primo allestimento della pièce, la regista Andrèe Ruth Shammah  si trova a fare i conti con il pubblico capitolino e a vincere. Il ruolo del protagonista che fu del compianto Franco Parenti è oggi affidato a Gioele Dix il quale, con disinvolta professionalità, carica di ironia beffarda il povero diavolo Argante vero antagonista dello stesso autore, in preda ad un delirante malessere che attanaglia assieme al corpo anche l'anima. L'astuzia di Molière sta nel rendere a personaggi sinistri un carattere carismatico e un profilo bizzarro gradevoli agli occhi degli spettatori.
Attorno al vecchio padrone, fagocitato da una malattia immaginaria che lo consuma tra le mura domestiche, prende corpo  e voce la vicenda.
Dalle le righe testuali fanno capolino l'ipocondria di Jean-Baptiste Poquelin e la sua diffidenza nei confronti della medicina.  Questa commedia è legata da un filo nero all'autore francese il quale, in seguito ad un malore che lo colse subito dopo la quarta rappresentazione quel funesto 17 febbraio 1673, spirò. Drammaturgo e Capocomico il geniale Molière costruiva, adagiandole sotto l'inchiostro, le immagini dei suoi personaggi ai quali regalava una personalità unica per poi lasciarli uscire da quelle pagine animati, armati e con i cuori gonfi di energia. Dava anche una forma e un tono ai suoi dolori, ai suoi dubbi, esprimeva i suoi malumori nei confronti di un macrocosmo sociale malsano, popolato da cancri sociali dei quali ne metteva al bando i vizi. Agghindato con fronzoli e ciprie Jean-Baptiste appariva sul palcoscenico per accusare, per denunziare, per provocare, per esprimere il suo disappunto nei confronti di talune specie di uomini, sovente di alto rango, che non gli andavano a genio e che spesso, con gran soddisfazione, vedeva arrossire in sala.
Tra le battute Beraldo, fratello del protagonista, raziocinante e caparbio che non si lascia sorprendere dall'istinto, intesse la tela della morale affinché possa rimanere tra gli uomini, nei secoli, il suo messaggio.
Sulle tavole della scena sobriamente allestita da Gian Maurizio Fercioni, tutti gli attori seguono con dovuto e sottile umorismo i dettami del testo, ne calcano i toni cupi lasciando emergere un personaggio che, riverso su una poltrona in velluto rosso con un carrello al seguito colmo di ampolle, essenze e clisteri, pur crogiolandosi nell'inedia e nel pessimismo,  riesce a conquistare l'intero parterre. Un plauso collettivo merita l'impegno dell'intero cast.
Lo spazio scenico, specchio di un ambiente domestico dalla cornice borghese, rappresenta il luogo deputato alla riflessione su fatti e personaggi. Quelle vicende e quegli stereotipi che ne fanno parte ancor oggi, modestamente, ci appartengono.

Patrizia Iovine

Ultima modifica il Lunedì, 18 Dicembre 2017 10:40

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