di William Shakespeare
con Eros Pagni, Gaia Aprea, Max Malatesta, Sebastiano Tringali
adattamento e regia: Luca De Fusco
scene: Antonio Fiorentino, costumi: Vera Marzot
Napoli, Teatro Bellini, dal 11 al 16 marzo 2008
Quel mercante di Eros Pagni sembra Bogart
Ve le ricordate le città orientali, ad un tempo romantiche e decadenti, che compaiono in film come «Marocco», «La signora di Shanghai» e «Casablanca»? Ebbene, Luca De Fusco - regista dell'allestimento de «Il mercante di Venezia» che gli Stabili del Veneto, di Catania e di Verona presentano al Bellini - apparenta la Venezia di Shakespeare a una di quelle città, in particolare (se dobbiamo badare al pianoforte con annesso pianista che viene trascinato da un capo all'altro del palcoscenico per l'intera durata dello spettacolo) alla Casablanca della celeberrima battuta «Suonala ancora, Sam». Infatti, l'autore delle musiche, Antonio Di Pofi, trasforma la canzone in cui Porzia s'interroga sul come e sul perché nasca l'amore in eco evidente di «As time goes by», la canzone che, per l'appunto in «Casablanca», segna il primo incontro tra Ilsa e Rick e il loro primo ritrovarsi nel locale notturno aperto da lui. E l'idea di De Fusco appare senz'altro persuasiva. Perché non v'è dubbio che si somiglino, lo Shylock di Shakespeare e il Rick di Humphrey Bogart: se non altro per il distacco che entrambi manifestano nei confronti della vita. Del resto, proprio la separazione rispetto alla vita costituisce il vero dramma che s'agita ne «Il mercante di Venezia»: ne fa fede, a parte quello di Shylock, il personaggio di Porzia, che non a caso abita a Belmonte (giusto «separata» da Venezia) e si aspetta solo il marito che le destinerà la sorte: «Io non posso né scegliere colui che vorrei, né rifiutare colui che mi dispiace: tale è la volontà di una figlia viva imbrigliata dall'ultima volontà di un padre morto» (atto I, scena II). Per questo De Fusco ambienta la sequenza iniziale in un classico «haman» di Istanbul, vale a dire in un luogo «chiuso» per antonomasia. Per questo chiede allo scenografo Antonio Fiorentino quinte mobili ricoperte di specchi, ovvero il proliferare di pure immagini. E per questo, infine, di tanto in tanto proietta, tra i corpi degli attori, pallidi fantasmi provenienti dal contesto cinematografico di cui sopra. Venendo adesso agli interpreti, c'è da sottolineare specialmente la prova formidabile di Eros Pagni, che dona a Shylock tutti i chiaroscuri (ossia le contraddizioni e, quindi, la problematicità) di quello che è il primo, e forse il più convincente, degli inconfondibili ritratti dell'uomo moderno firmati da Shakespeare. Ma brava è anche Gaia Aprea (Porzia), e corretti risultano la Nerissa di Nunzia Greco, il Bassanio di Max Malatesta e il Lancillotto di Cosimo Coltraro. Alla fine le coppie amorose scendono dal palcoscenico e si allontanano attraverso la platea: è l'atto di fiducia in un teatro capace, appunto, di riconciliare con la vita.
Enrico Fiore