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NIÑO - regia Tino Caspanello

"Niño", regia Tino Caspanello "Niño", regia Tino Caspanello

di Tino Caspanello
con Cinzia Muscolino
regia di Tino Caspanello
produzione Teatro Pubblico Incanto
al Clan Off Teatro di Messina 28-29 gennaio 2017

www.Sipario.it, 31 gennaio 2017

Cinzia Muscolino se ne sta seduta su una sedia di legno azzurra monologante per una cinquantina di minuti. Uno spot illumina il suo viso che muta di continuo: severo se parla del ricamo che deve essere preciso, pulito senza sbavature d'ambo i latti: sorridente quando le parole lambiscono i bambini che con devozione raccoglie per strada: incredulo quando un uomo straniero, nientemeno dell'Argentina, la vuole sposare per procura scegliendola tra tante altre ragazze. È una storia vera quella scritta e diretta da Tino Caspanello nel piccolo spazio del Clan Off Teatro di Messina, strapieno nella replica cui ho assisto con i ragazzi seduti per terra, titolata Niño (bambino): una creatura che quella semplice donna d'un paese siciliano del secondo dopoguerra, non avrà mai, avendolo tra le braccia solo per poco tempo, allorquando la nave sta per approdare a Buenos Aires e qualcuno le mette in braccio un involucro con dentro un neonato. Il promesso sposo, visto solo una volta al paese durante una breve vacanza e che adesso è lì sul molo per poterla abbracciate, pensa che quel bambino possa essere della donna e ha una reazione di rigetto nei suoi confronti, senza tuttavia esimersi dal consumare da lì a poco ciò che crede possa essere di suo possesso. Non si sa che fine fa il bambino, né dove è andato a finire lo sposo, né Caspanello ce lo dice, come nel suo stile minimalista diretto a far pensare allo spettatore ciò che vuole. Fatto è che ora quella donna dall'ampia gonna a fiori, con i capelli corti e neri a maschietto e con in mano l'abito bianco da sposa ricavato da un vecchio paracadute, se ne sta lì su quella sedia azzurra, diventata tutto il suo mondo, a raccontare con gli occhi lucidi la sua vera storia vissuta negli anni '50 del secolo scorso e venuta alla luce solo dopo la sua morte. La canzone il lingua spagnola in chiusura di spettacolo fa pensare che la donna sia rimasta in Argentina senza fare più ritorno al suo paesello, protagonista tuttavia d'una piccola storia trasognata, metafisica tout court, in cui il desiderio d'una vita nova e la speranza d'un radicale cambiamento si sono infrante con i pregiudizi e l'ignoranza di chi le è stato accanto.

Gigi Giacobbe

Ultima modifica il Mercoledì, 01 Febbraio 2017 12:49

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