drammaturgia Fabrizio Pallara e Roberta Ortolano
regia Fabrizio Pallara
voci Valerio Malorni, Lorenzo Gioielli, Silvia Gallerano
Musiche Økapi
modellazione e animazione 3D Massimo Racozzi
progettazione ambienti architettonici Sara Ferazzoli
sviluppo applicazione e implementazione VR Alessandro Passoni
produzione CSS Teatro stabile di innovazione del FVG –Lugano Arte e Cultura
Arezzo – Festival dello Spettatore 2021
Sala Sant’Ignazio dal 21 al 24 Ottobre 2021
Assieme all’incipit – “Uscire dallo spazio che su di noi hanno incurvato secoli e secoli è l’atto più bello che si possa compiere” –, di Uscite dal mondo di Elémire Zolla mi sono sempre rimaste impresse le pagine sulla realtà virtuale. Perché? Per la preveggenza rispetto agli anni in cui ne scrisse. E per le argomentazioni. Vi si diceva che, al pari delle estasi sciamaniche, quella virtuale avrebbe scardinato, finalmente, la realtà quotidiana come l’unica ad avere l’istanza assoluta di verità. Facendo esperienza diretta dello spettacolo Nel mezzo dell’Inferno quel concetto mi è tornato in mente.
Non si tratta di teatro vero e proprio. Non si è comodamente seduti in platea, non vi è palcoscenico, non vi è alcun sipario pronto ad aprirsi. Tutto si gioca attraverso strumentini in apparenza semplici ma efficacissimi: un caschetto da calare fin sugli occhi e attraverso il quale è possibile vedere immagini tridimensionali ben definite, una cuffia dove si udranno suoni e voci, un sensore che per mezzo di una cinta viene fatto indossare all’altezza dell’addome. Le maschere del teatro – la suggestiva sala Sant’Ignazio di Arezzo predisposta per l’occasione – accompagnano lo spettatore su un sofà, lo invitano a sedersi e lo spettacolo ha inizio. La storia che si rappresenta è quella dell’Inferno di Dante, l’inizio della sua vicenda, la discesa agl’inferi, l’incontro con alcune anime (Virgilio, Paolo e Francesca, il conte Ugolino), quello con Lucifero e, infine, “uscimmo a riveder le stelle”. Tutto ciò non viene rappresentato, ma riprodotto attraverso la tecnica della realtà virtuale. E lo spettatore non è passivo osservatore ma diviene Dante egli stesso. Nelle note di regia, si spiega la ragione di questa scelta: “Attraverso la scrittura, Dante inventa la possibilità di essere autore e allo stesso tempo narratore e personaggio di un’esperienza”. La compresenza di questi tre piani non poteva che realizzarsi per mezzo della realtà virtuale.
L’originalità di Nel mezzo dell’Inferno consiste nell’indurre lo spettatore ad agire. In caso contrario la storia non procederà, tutto resterà immobile al punto in cui ci si trova. Ciò che colpisce dello spettacolo è che l’istanza della verosimiglianza, cardine del teatro dai primordi, è messa in crisi. Quello che accade non avviene essendo esteriore a noi, ma attraverso di noi. Perché siamo noi a muoverci, ad agire, a incontrare le fiere nel mezzo della selva, a parlare con le anime dannate, a osservare Lucifero diventare gigantesco fino a sovrastarci. E in tutto ciò, da attore autore e spettatore al contempo, si acquisisce un’altra consapevolezza: quella della realtà come pure istanza mentale e percettiva assieme. Razionalmente si sa che quanto vediamo è frutto di elaborazioni computeristiche, ma il nostro cervello e il nostro corpo percepiscono tutto questo come vero. E tanto basta per innescare il gioco teatrale.
Un’esperienza singolare, originale, ben realizzata. Anche grazie alla bravura di tutte le voci recitanti.
Pierluigi Pietricola