di Stefano Massini
Uno spettacolo a cura di Enrico Fink e Ottavia Piccolo
Con Ottavia Piccolo e l'Orchestra Multietnica di Arezzo
Musica composta e diretta da Enrico Fink
Disegno luci: Alfredo Piras
Produzione: Teatro Stabile dell'Umbria, Officina della Cultura
al Teatro Vega di Catania dal 10 al 15 aprile 2018
Capelli bianchi, camicione grigio chiaro su tunica grigio scuro, scarponcini neri. Entra così agghindata Ottavia Piccolo sulla scena a gradoni del Teatro Verga di Catania, avendo intorno a sé gli otto elementi dell'Orchestra multietnica di Arezzo capitanata da Enrico Fink che con lei cura lo spettacolo Occident Express di Stefano Massini. Il volto della Piccolo illuminato doviziosamente dalle luci di Alfredo Piras sembra quello d'un camaleonte che muta espressione a secondo di ciò che sta profferendo. La sua voce è chiara, netta, limpida, portata si dice in gergo, e le finali si odono perfettamente, non come quelle di quei tanti angioloni televisivi le cui parole si disperdono nel nulla, con stizza di chi cerca di capirne il senso. Con voce oratoriale la Piccolo si cala nei panni di Haifa Ghermal, una donna anziana di Mosul, (città dell'Iraq, capitale assira citata nella Bibbia col nome di Ninive) che con la nipotina di 4 anni in braccio affronta un viaggio incredibile a piedi e con mezzi vari durato 118 giorni e che la condurranno infine a Stoccolma dopo aver percorso cinque mila kilometri, per una donna che era nata per stare ferma. È un cuntu di 90 minuti. Un melologo che non fa tossire nessuno degli spettatori, salvo qualcuno con cellulare acceso redarguito all'istante dalla stessa Piccolo che si lascia poi cullare dalle dolenti musiche dei violini, dei clarinetti e delle percussioni quando le tinte del racconto si fanno più tragiche. Anch'io ho avuto la sensazione di mettermi in viaggio con Ottavia, riempirmi di sabbia lungo il cammino, salire poi su un camion, venire fermato da soldati armati con il cuore che va a mille all'ora, vedere schizzare il sangue d'un pastore sui vetri del mezzo pesante e riprendere la corsa con dei bambini, che si sono aggiunti, alla volta della Turchia, infilarmi poi in un tubo lungo un kilometro e scorgere infine le luci della Grecia. In questa Odissea Haifa conosce una donna sfregiata dall'orecchio al labbro con in braccio un bimbo finto per avere qualche beneficio e insieme a lei e i bambini rimasti s'imbarcheranno su uno di quegli scafi a rischio, affrontando un mare inquieto che inghiottirà una di quelle creature. Sembra d'avere davanti la carta geografica di quella che viene ormai chiamata la rotta dei Balcani, obbligati quasi a passare dalla Macedonia, giungere in Ungheria, con la paura in corpo d'essere arrestati, per non dire della fame e della sete e del tempo infame che manda giù una pioggia a secchiate oppure dei lievi e soffici batuffoli di neve. Bisogna adesso giungere a Lipsia e da li imbarcarsi su una nave, su un cargo che porta la scritta Occident Express, Stoccolma. Bisogna pure rimediare 2500 dollari, subiti trovati grazie ad uno di quei bimbi che li aveva rubati ad altri profughi. Haifa è salva e con lei siamo salvi pure noi. Lo spettacolo è palpitante anche per merito della scrittura di Massini, che ancora una volta trova in Ottavia Piccolo la sua musa e la sua anima, come è avvenuto nei sei precedenti spettacoli, che vogliamo qui ricordare: Processo a Dio (sulla Shoa), Donna non rieducabile (sull'omicidio della giornalista russa Anna Politkovskaia) La commedia di Candido (un omaggio al Candide di Voltaire), L'arte del dubbio (sull'omonimo libro del magistrato e scrittore Gianfranco Carofiglio), Sette minuti (su quel gruppo di donne che dovrà decidere se accettare o no una riduzione di 7 minuti della pausa pranzo), Enigma (sulla Stasi nella Berlino Est della DDR).
Gigi Giacobbe