Di Robert Thomas
Produzione La Pirandelliana, Compagnia Molière in collaborazione con ABC Produzioni
Traduzione di Anna Galiena
Adattamento di Micaela Miano
Scene Fabiana Di Marco
Costumi Francoise Raybaud
Musiche Massimiliano Pace
Regia di Guglielmo Ferro
Con Anna Galiena, Paola Gassman, Debora Caprioglio, Caterina Murino e Antonella Piccolo, Claudia Campagnola, Giulia Fiume e Maria Chiara Dimitri
Bassano del Grappa, teatro Remondini, 26 marzo 2019
Le otto donne ci sono tutte, e il mistero anche, anzi sembrerebbero molti più di uno, partendo dal fatto che fuori è Natale, così dice la trama, ma in scena non si capisce da nessun elemento. Una messa in scena che appare fin da subito senza un particolar ritmo, e, paradossalmente, con dialoghi tra le interpreti serratissimi, troppo, da non far capire bene cosa stia succedendo. Ci sta un (probabile) assassinato, e otto donne che gli ruotano attorno in tutti i sensi. E tutte della stessa famiglia, Nonna, figlia, altre figlie, cameriera, governante, cognata. E chi di loro è stata ad ammazzarlo? Erano tutte in quella casa, e nel susseguirsi dei minuti si scambiano accuse continue a destra e a manca, l'una verso l'altra. Ambientato in una scena bellissima, che riporta al teatro quello concreto, di una volta per intenderci, il primo colpo di scena riguarda la donna-nonna in carrozzina, che si alza di scatto, scoprendo così che ha sempre mentito quel suo stato. Paola Gassman la interpreta fino in fondo con una miriade di sfumature, facendo venir fuori il mestiere, salvandosi più che egregiamente da ottima attrice qual è. La sua figura-personaggio riesce ad elevarsi e ad elevare quel che la contorna quando recita. Non così per Debora Caprioglio, che fa della sua problematica e arcigna figlia una figura più che caricaturale, estremizzata senza motivo perché il contesto non la conforta, e sembra di assistere a una recita amatoriale quando si vede calcare così un personaggio. Anna Galiena, Gaby, dal canto suo, altra brava attrice, come la Gassman è quella che rallenta la recitazione, fortunatamente, dando toni pacati e veritieri al suo personaggio, anch'esso (come tutti) ambiguo. Ma siamo però in un contesto che, proprio per il serrar dei dialoghi, si inasprisce verso un limite teatrale non piacevolissimo da vedere, che non rende una vera giustizia ai personaggi che meritavano un meccanismo di maggior attenzione, scattante, misterioso, con l'ala del mistero del titolo appunto. Se dramma c'è nella storia, di questo pare non ci sia una reale traccia nei personaggi così allegramente dispersivi. La regia di Guglielmo Ferro è ben realizzata, forse un po' troppo statica, ma nel complesso scivola via bene per tutta la durata della pièce. In generale insomma la commedia pare non decollare mai, e anche Caterina Murino, Pierrette, non pare davvero a proprio agio nel ruolo della fatalona cognata di Gaby. Il protagonista maschile, Marcel, che non si vede mai, viene dipinto come un conquistatore, desiderato da più parti, amato, cercato e trovato. Le quattro attrici meno conosciute fanno dei loro personaggi una costruzione abbastanza credibile nella totalità, con un plauso maggiore che va a Claudia Campagnola, che interpreta Suzanne. Tutto questo vira però, va dato atto, a un favorevole apprezzamento del pubblico a cui piace evidentemente la grande leggerezza che aleggia nell'aria, e ha calorosamente applaudito al termine, trovando anche il finale delizioso a quanto è sembrato. Il film omonimo, con un cast stellare e diretto da Francois Ozon, nel 2002 ha vinto l'Orso d'Argento a Berlino per la miglior atttrice, all'insieme di tutte le protagoniste, come pure all'European Film Awards. Ma da quel film lo spettacolo si è permesso di prendere un po' di distanze. Può non essere proprio sempre un male, ma...
Francesco Bettin