Con Alessandra Costanzo, Piero Nicosia ed Evita Ciri
Regia di Massimiliano Perrotta
Assistente alla regia: Denitza Nova
Collaborazione artistica: Sara Nussberger
Drammaturgia di: Sebastiano Addamo, Massimiliano Perrotta, Gaetano Savatteri
Una produzione Kairos
Con il sostegno di Nuovo Imaie
Napoli, Teatro Spazio Libero 9 giugno 2016
Non c'è cornice più adatta del Teatro Spazio Libero di Napoli ad ospitare monologhi che sono come intime rivelazioni, confessioni e appelli alla clemenza. La cantina di un palazzo, nell'elegante quartiere Chiaia: pochi posti a sedere, quelli che bastano ad un pubblico attento e partecipe, di fronte al palco ricavato tra le volte di pietra viva. In questo spazio raccolto e rassicurante (dove lo spettatore si sente finalmente libero di lasciarsi andare alle reazioni suscitate dallo spettacolo) è andata in scena La Provincia Inquieta: cinque monologhi siciliani scritti da Sebastiano Addamo e Gaetano Savatteri, interpretati da Alessandra Costanzo, Piero Nicosia ed Evita Ciri, con la regia di Massimiliano Perrotta.
Storie autentiche, che sembreranno bizzarre a chi vive in città e non conosce la dimensione remota della provincia. Proprio questo è il merito dello spettacolo prodotto dalla Kairos, col sostegno di Nuovo Imaie: offrire degli spaccati veri, nella loro disarmante semplicità, di un contesto antico, ma che non ha in sé solo l'elemento pittoresco di una cartolina. Tutt'altro.
La solitudine giocosa e libera di una ragazzina, che si ritrova per la prima volta in casa senza genitori e sorelle maggiori; il viaggio, che non è evasione, ma fuga vera e propria; la crisi esistenziale di un uomo, che non vuole rinunziare alla propria identità racchiusa in un cognome; il racconto all'apparenza delirante di una prostituta in là con gli anni; infine, l'elogio della banda muta, protagonista di un tipico corteo funebre siciliano.
Immagini della vita in provincia, come vecchie foto seppiate che rivivono nei gesti e nelle parole dei tre bravissimi interpreti. Personaggi sinceri che ti guardano dritto negli occhi, chiedendo ascolto, comprensione e quasi perdono. Che non possono rivelare a nessun altro, nel loro ristretto ambiente di paese, quello che vedono o sentono; le ragioni che li spingono a comportarsi in un certo modo.
Perché la ragazzina che per la prima volta si diverte a prepararsi da sola la cena (in assenza della mamma e del papà) avverte una curiosità incontenibile quando bussano alla porta? Le hanno raccomandato di non aprire a nessuno, ma lei muore dalla voglia di sapere chi ci sia all'uscio.
E qualcuno si domanda mai se chiamarsi Ficarotta pesi a quell'uomo distinto, proprietario terriero? A quello strano cognome, che è come una condanna, egli deve in realtà la nascita e la fine di un amore totalizzante (oltre alle derisioni da parte di coloro i quali lo circondano).
A chi, poi, potrebbe raccontare la prostituta del paese le sue visioni di fagiani dalle piume dorate, o di feste danzanti con tanto di dame in damascato e aitanti cavalieri? Nessuno le crederebbe, non è che una donna sola e anziana; eppure davanti agli occhi suoi ne succedono di stranezze.
Infine, vi è mai successo in vita vostra di "sentire" una banda muta durante un corteo funebre? I bandisti sono lì per dimostrare che il defunto e la sua famiglia possano permetterseli, ma non suonano per rispetto del lutto e marciano silenziosi.
Da queste tele dipinte a mano – lievi nello scorrere davanti al pubblico, ma generose ed incisive – emerge la provincia con le sue mille contraddizioni. L'autenticità, ma anche la solitudine di chi difficilmente riesce a liberarsi per intraprendere il proprio viaggio, evasione o fuga che sia.
Intanto, giunti a Napoli dalla Sicilia, i bravissimi Alessandra Costanzo, Piero Nicosia ed Evita Ciri (insieme al regista Perrotta) proseguiranno il loro percorso verso Roma, dove si esibiranno alla Cappella Orsini il prossimo 15 giugno.
Giovanni Luca Montanino