di James Matthew Barrie
Traduzione tedesca di Erich Kästner
Regia, scena e ideazione luci: Robert Wilson
Con: Luca Schaub, Claudia Burckhardt, Anke Engelsmann, Johanna Griebel, Raphael Dwinger, Anna Graenzer, Traute Hoess, Boris Jacoby, Marvin Schulze, Stefan Kurt, Christopher Nell, Stephan Schäfer, Marko Schmidt, Martin Schneider, Sabin Tambrea, Jörg Thieme, Felix Tittel, Georgios Tsivanoglou, Axel Werner, Nadine Kiesewalter, Ella Thierbach e "The Dark Angels" (Florian Bergmann, Hans-Jörn Brandenburg, Philipp Kullen, Matthias Müller, Jihye Han, Andreas Henze, Stefan Rager, Ernesto Villalobos)
Musica e canzoni: CocoRosie
Costumi: Jacques Reynaud
Drammaturgia: Jutta Ferbers, Dietmar Böck
Luci: Ulrich Eh
Berliner Ensemble, dal 17 aprile 2013
Un Peter Pan in giacca di pelle anziché in calzamaglia è quello che il regista Robert Wilson porta in scena al Berliner Ensemble. Un Peter Pan ingellato, macho nonostante l'aspetto androgino alla David Bowie, che ammicca al pubblico di continuo. Un Peter Pan adolescente, irriverente e un po' perverso. Evidente è l'intenzione del regista di superare il personaggio dell'eterno bambino e rendere alla messa in scena le note erotiche che appartengono all'opera di James Matthew Barrie, troppo spesso interpretata come classico natalizio e storia zuccherosa. Il risultato è una messa in scena decisamente noir, più vicina all'incubo che al sogno. Emblematico in proposito è il ritornello della canzone che chiude lo spettacolo, quando Peter Pan (Sabin Tambrea) rimane escluso dal ritorno di Wendy (Anna Graenzer) e dei fratelli (Marvin Schulze e Stephan Schäfer) in famiglia: "la morte sarebbe l'avventura più grande", intonano in coro i personaggi in scena con inquietanti smorfie dipinte sui volti.
Anche questa volta Wilson non delude nella costruzione dei personaggi, cui riesce a conferire un ipnotico magnetismo; personaggi che già nella prima scena sfilano di fronte allo spettatore quasi a volersi presentare uno ad uno. Ognuno con le sue tipiche movenze meccaniche, una mimica facciale portata all'estremo, il trucco pesante ormai cifra distintiva del regista (viso dipinto di bianco, occhi contornati di nero, sopracciglia ben delineate), i personaggi del Peter Pan del Berliner Ensemble inquietano e attraggono al contempo, quasi fossero bambole che improvvisamente prendono vita in un mondo fantastico e da incubo: i bimbi sperduti dai capelli color arancioni, pettinati in stile punk, la gang di pirati di Capitan Uncino dai capelli neri e ritti sulla testa, Wendy e i suoi fratelli con indosso camicia da notte o pigiami di un bianco candido ecc. Nel ricco ventaglio di personaggi, la figura meno riuscita è proprio quella di Peter Pan, il protagonista, che con i suoi continui ammiccamenti finisce per infastidire e annoiare oltre che scalfire quell'attrazione magnetica che i personaggi di Wilson sono in grado di esercitare per definizione. E la spuntano i personaggi secondari, dai bimbi sperduti punk (Luca Schaub, Anke Engelsmann, Johanna Griebel, Raphael Dwinger, Jörg Thieme, Marko Schmidt) alla fata Campanellino queer (Christopher Nell), dai pirati da fumetto (Felix Tittel, Georgios Tsivanoglou, Axel Werner, Nadine Kiesewalter, Martin Schneider, Boris Jacoby, Claudia Burckhardt) a un Capitan Uncino effeminato (Stefan Kurt).
La messa in scena di Wilson è un vero e proprio trionfo della tecnica, dai costumi al trucco, passando per la musica: agli affascinanti corpi dei personaggi fa da accompagnamento la colonna sonora del duo indie-rock e folk psichedelico americano CocoRosie, che con ventuno canzoni e diversi interludi rendono il Peter Pan di Wilson una sorta di musical.
Uno spettacolo in definitiva bello da vedere e piacevole da ascoltare, ma senza autentica profondità: la rilettura perversa e noir di Wilson si ferma alla superficie, senza riuscire ad andare oltre l'immane sforzo tecnico e a coinvolgere del tutto lo spettatore.
Gloria Reményi