regia e drammaturgia di Auretta Sterrantino
Interpreti: Michele Carvello e Marcello Manzella
Musiche originali: Filippo La Marca
Scene e costumi: Valeria Mendolia
Disegno luci: Stefano Barbagallo
Produzione: Qua-QuasianonimaProduzioni
nella Chiesa Santa Maria Alemanna di Messina 27 maggio 2018
Che ci fanno insieme uno scrittore spagnolo e un pittore italiano come Miguel de Cervantes Saavedra e Michelangelo Merisi detto il Caravaggio, due monumentali figure post-rinascimentali vissuti a cavallo del '500/'600 che nella realtà non si sono mai incontrati? Ce lo ha spiegato Auretta Sterrantino, drammaturga e regista d'impostazione classica di Messina, facendoli incontrare nello spettacolo Quarantena, messo in scena nella centrale-restaurata-sconsacrata Chiesa Santa Maria Alemanna, nota per essere l'unico esempio di architettura gotica in Sicilia. Il titolo non vuole riferirsi ad una segregazione di 40 giorni patita dai due personaggi perché affetti da malattie contagiose, ma ad una condizione di isolamento d'una lunga notte (qui solo per una settantina di minuti), durante la quale i due eccitati e bravi protagonisti, in tuta bordeaux Michele Carvello (Cervantes), in tuta nera, borraccia binocolo e cannocchiale a tracolla, Marcello Manzella (Caravaggio) cercano di entrare in quelle geniali anime muovendosi come due duellanti in una navata della chiesa, con il pubblico tutt'intorno, lungo uno scivolo ligneo che culmina con una pala dai tratti astratti tagliata nel mezzo come fosse una quinta. Effettivamente, ci ricorda la Sterrantino, più che un vero incontro, un ruolo importante lo ha giocato la città di Messina, frequentata dai due in tempi e anni diversi. Sembra accertato infatti che Cervantes prendendo parte alla battaglia di Lepanto (1571) tra musulmani e cristiani che riuniva varie forze navali compreso l'impero Spagnolo, sia stato ferito gravemente alla mano sinistra e sia stato ricoverato giusto nella Chiesa di Santa Maria Alemanna o in un ospedale limitrofo. Mentre Caravaggio giunto a Messina nel 1608 in fuga da Malta, vi abbia soggiornato dipingendo due grandi tele, La resurrezione di Lazzaro e L'adorazione dei pastori, in bella mostra adesso nel Museo regionale cittadino, due anni prima della sua morte a Porto Ercole. Ma a parte questa storiografia spicciola, alla Sterrantino interessa mettere a confronto il pensiero dei due artisti nell'atto delle proprie opere, senza necessariamente far prevalere l'uno sull'altro. E se al pari di Calderon de la Barca anche per Cervantes la vita è sogno, tutta giocata dal bisogno di scoprire e indagare le zone oscure della coscienza, come il sogno appunto, ma anche la fantasia e l'attrazione verso l'ignoto e verso i mulini a vento, per l'inquieto e rissoso Caravaggio la vita va vissuta nei vicoli, nelle strade, nelle bettole, in una sorta di carpe diem senza fine, immersa in una realtà vera, pure pericolosa, fatta di rapporti intensi e pregnanti con uomini e donne che vedranno poi le loro facce immortalate nelle sue potenti opere dai forti contrasti che s'illuminano magicamente. Sembra che Cervantes abbia scritto solo il Don Chisciotte della Mancia, al punto che di lui si ricorda più il folle personaggio che il suo autore. Due menti e due filosofie a confronto che hanno influenzato l'umanità artistica - da Calvino a Pasolini in letteratura al Neorealismo al Cinema - due personaggi contemporanei da cui non si può prescindere. La scrittura della Sterrantino è colta, ha il gusto dell'endecasillabo, certamente ama Alfieri e Foscolo ma anche i classici greci frequentati al tempo in cui collaborava con l'Inda (Istituto Nazionale del Dramma Antico) di Siracusa e chiude questa sua Quarantena in maniera pittorica, con Caravaggio che abbraccia il corpo esanime di Cervantes che stirando le braccia mima il gesto allusivo della croce, come raffigurato nel dipinto della Resurrezione di Lazzaro.
Gigi Giacobbe