Regia e drammaturgia di Auretta Sterrantino
Interpreti: Michele Carvello, Giulia Messina
Musiche originali: Filippo La Marca e Vincenzo Quadarella
Allestimento: Valeria Amendolia
Produzione: QA-QuasiAnonimaProduzioni
nella Chiesa Santa Maria Alemanna di Messina 18 novembre 2018
Il duca di Gloucester ovvero Ricardo III, come dire l'Homo Machiavellus per il quale il fine giustifica i mezzi, un carro armato, una macchina schiaccia sassi che stende tutto e tutti coloro che si frappongono ai suoi disegni da macelleria, per raggiungere solo una cosa: il potere. Un personaggio sanguinario come Caligola o la premiata ditta Macbeth o il Tamerlano fra i più cruenti della letteratura teatrale, non distante da tanti personaggi contemporanei che occupano al momento i palcoscenici politici mondiali. Un personaggio certamente attuale Riccardo III di Shakespeare, di cui ricordo la vampiresca faccia di Carmelo Bene accanto alla Lady Anna di Lidia Mancinelli o la poderosa edizione avignonese di tre anni fa secondo Ostermeier con un ottimo Lars Eidinger nel ruolo del titolo, che caracollava sulla scena come un ragno velenoso, gobba posticcia sulla spalle e una sorta di cuffia di pelle nera in testa tipo quella dei giocatori di rugby o dei boxeur, quasi una rock-star in grado di fare Tarzan lanciandosi dal palco alle prime file con le mani appese ad un simil-lunga-liana con filo elettrico, su cui stava attaccato un microfono e una telecamerina. Lontano invero adesso da questa minimale messinscena di Auretta Sterrantino in un'ala della gotica chiesa di Santa Maria Alemanna di Messina, autrice pure d'un testo lirico, interpretato al centro della navata centrale da due soli personaggi, Riccardo III e Lady Anna, quelli dai visi cinerei degli espressivi Michele Carvello e Giulia Messina, lui con pantaloni bianchi e gilerino bianco, lei in gonna e bolerino nero, già in scena quando gli spettatori prendono posto tutti intorno. Direi che lo spettacolo con una bella scelta di pezzi musicali di Filippo La Marca e Vincenzo Quadarella, in cui prevalgono suoni cupi, percussioni, aure astratte miste ad alcune tranche dei Carmina Burana di Orff, più che una suite d'un mariage come da sottotitolo, sembra un lungo pas de deux, una danza di Eros e Thanatos in cui prevalgono i sentimenti razionali di Riccardo III e quelli di difesa mista a repulsione di Lady Anna che via via si stemperano senza mai dileguarsi del tutto. Anche se lei, invero, accetterà di finire a letto col suo carnefice che gli ha ammazzato padre-marito-suocero e lei stessa poi gettata a marcire nella Torre di Londra. A Riccardo, nella sua corte a Lady Anna, bastano "tre pagine dell'in-folio shakespeariano e quarantatré battute di dialogo", come scrive Jan Kott in un suo celebre saggio, per ottenere ciò che vuole. La resa della donna si spiega solo con la paura di quei tempi elisabettiani in cui nessuno era sicuro della propria vita e ci metterei pure un pizzico di Vanitas femminile, allorquando quell'uomo perverso le dice d'aver ucciso i suoi cari solo per amore suo. In questa sua felice scrittura drammaturgica, Auretta Sterrantino sembra quasi uno Sherlock Holmes che indaga sui caratteri dei due personaggi o anche un Freud che cerca di entrare nelle loro anime: quella del viscido usurpatore che cerca di ottenere con ogni mezzo ciò che vuole e quella della donna pudica, ridotta quasi come fosse una bambola, che cerca di vendicarsi del bastardo. Alle quattro Categorie di Lady Anna che si batte il petto nel pronunciarle, Prestato, Vecchio, Nuovo, Blu, Riccardo III le contrappone l'inverno del loro scontento. Una stagione che è una grigia paratia acciaiosa fra i due, come il mare o l'aria o come quella mano della donna che non riuscirà a fermare gli attacchi di quel genio del male. Per la Sterrantino Lady Anna si sente Consunta, Spampinata, Sfiorita, Sfiorata, Sfinita, Sfidata, Già colta, Raccolta, Sconvolta, Abusata, Accusata, Solcata, Sfruttata, Invecchiata, Vecchia. Mentre a Riccardo gli fa riconoscere d'essere un rospo, rettile disgustoso, maiale, vipera, cane rabbioso, camaleonte, ma con più colori, nuovo Proteo, ma con forme inattese e migliori. Istrice, istrione, affabulatore. Retore orrido, viscido dissimulatore. Freddo, meccanico, calcolatore, nonché un uomo lupo, aggressivo, nocivo, uno che combatte, morde, graffia, aggredisce per avere tutto quanto gli è stato negato. Riccardo vuole fare l'en plein alla roulette. Vuole vincere e vuole che tutto gli appartenga e mente spudoratamente quando dice alla donna che potrebbe darle ogni cosa per un suo sorriso, addirittura la vita per ridarle lo sposo. E lei glaciale gli risponde che il miele che stilla dalle sue labbra è veleno per il suo basso ventre. Danzano i due splendidi protagonisti, avvinghiati come Romeo e Giulietta, nel piccolo spazio chiesastico, accanto ad una scaletta con tre gradini e una gruccia lignea a forma di croce che accoglie un drappo azzurro, quale mantello per lui e un paio di vestiti, uno bianco virginale e uno rosso come la tonaca di Cristo che la donna indosserà, quasi a ricordarci i fiumi di sangue che hanno insanguinato il dramma e di quelli che scorreranno ancora in Inghilterra nella Guerra delle due Rose dividendo per sempre la dinastia degli York e dei Lankaster e in cui tutto resterà non tanto com'era, ma come sarà.
Gigi Giacobbe