Con Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti, Corinna Lo Castro
Regia, Mitipretese
Luci e impianto scenico, Mauro De Santis
Direzione musicale, Sandro Nidi
con canti dal vivo della tradizione popolare italiana e musiche originali
Produzione, Centro di Produzione Teatrale La Fabbrica dell'Attore-Teatro Vascello Roma -CTB Centro Teatrale Bresciano
al Teatro Verdi di Pordenone il 28 aprile 2019
Prima di diventare uno dei cineasti scomodi e controversi del cinema italiano, il giovane Elio Petri lavorò come giornalista per l'"Unità", e nel 1951 scrisse l'inchiesta Roma ore 11 su richiesta del regista Giuseppe De Santis che insieme agli altri sceneggiatori (Cesare Zavattini, Basilio Franchina, Romolo Sonego e Gianni Puccini) stava progettando la realizzazione dell'omonimo film che, uscito l'anno seguente, fu accolto come uno dei capolavori del neorealismo. L'intento dell'inchiesta di Petri era quello di fornire una base di conoscenza diretta e approfondita di un tragico avvenimento verificatosi a Roma nel gennaio del 1951, il crollo della scala di una palazzina in cui erano convenute circa trecento giovani aspiranti ad un unico posto di dattilografa e che aveva causato la morte di una delle ragazze e il ferimento di altre settanta. Le sue interviste alle ragazze coinvolte, in seguito raccolte in volume (pubblicato nel 1956 per le Edizioni Avanti! e ristampato da Sellerio nel 2004), furono essenziali per la redazione della sceneggiatura, sia dal punto di vista tematico che della struttura narrativa, restituendo la complessità sociale e psicologica del fenomeno della disoccupazione femminile dal punto di vista geografico (le donne provenivano dalla metropoli ma anche da altre parti d'Italia, soprattutto le zone depresse del Meridione) e familiare (esprimendo, trasversalmente alle varie classi sociali d'appartenenza, il disagio delle giovani nei confronti delle imposizioni genitoriali).
Ciò che colpisce nel romanzo-inchiesta del ventiduenne giornalista romano è la maturità e profondità dello sguardo dell'intervistatore che compone un affresco della mentalità e del costume sociale, oltre che delle difficili condizioni di vita, della Roma popolare e piccolo-borghese degli anni dell'immediato dopoguerra. È la miseria la molla principale che spinge la maggior parte delle ragazze a cercare un'occupazione, o la volontà di aiutare le loro famiglie in difficoltà, oppure il desiderio di indipendenza per costruirsi un'esistenza autonoma, libera, dignitosa. Molte di esse lamentano difficoltà analoghe nella ricerca o nel mantenimento del posto di lavoro; prima fra tutte il tentativo di corruzione sessuale da parte delle varie figure maschili responsabili dell'assunzione o della direzione degli uffici.
Lo stile dell'opera di Petri, tra il diaristico e il documentaristico, ricco di passaggi riflessivi o contemplativi, costituisce un'ibrida e originale forma di scrittura letteraria dalle virtualità sia cinematografiche sia teatrali, che nel 2006 (anno della prima messinscena dello spettacolo, vincitore nel 2007 del Premio ETI – Gli olimpici del teatro) ha attratto le quattro attrici di "Mitipretese", Manuela Mandracchia, Alvia Reale, Sandra Toffolatti e Corinna Lo Castro, le quali hanno desunto la denominazione della compagnia teatrale proprio dall'espressione utilizzata nell'annuncio di lavoro uscito sul "Messaggero" il 14 gennaio 1951 ("Signorina giovane intelligente, volenterosissima, attiva conoscenza dattilografia, miti pretese, per primo impiego cercasi..."). Il loro adattamento drammaturgico infatti ha mantenuto inalterato il testo di Petri, sia nelle parti narrative che in quelle monologiche in cui le donne ripercorrono le loro vite, segnate dal tragico avvenimento di Via Savoia, per le ripercussioni fisiche e psicologiche. In più, Mitipretese ha inserito alcune sequenze dai cinegiornali dell'Istituto Luce sulla Roma dei primi anni cinquanta, proiettate su uno dei tanti lenzuoli stesi sul fondoscena, che pur immergendo ulteriormente il pubblico nel clima dell'epoca, risultano solo un pallido riflesso delle accurate e accorate descrizioni di Petri dei diversi quartieri da lui visitati, da quelli residenziali, a quelli popolari, alle borgate, alle baraccopoli degli sfollati dai tempi di guerra (come il tristemente celebre Campo Parioli) e che le quattro attrici, a turno, nelle vesti del narratore, hanno efficacemente riproposto, alternandole all'interpretazione dei vari personaggi femminili. Questi ultimi sono stati scelti, tra i molti presenti nel romanzo-inchiesta, seguendo il criterio della più ampia rappresentatività, dal punto di vista dell'età (non esclusivamente giovanile), dell'area geografica di provenienza (anche esterna alla capitale, come il Meridione o il Nord Italia) e della classe sociale di appartenenza (medio borghese, popolare, sottoproletaria ecc.), in modo da fornire un quadro di respiro nazionale e di stringente attualità, come testimoniato dal divertente prologo allo spettacolo in cui le quattro attrici, interagendo in platea col pubblico, hanno letto e commentato alcuni annunci di lavoro, tratti da giornali dei nostri giorni, richiedenti improbabili requisiti. Un'altra aggiunta al testo originale è stata quella di una serie di canzoni popolari utilizzate come siparietti ora ironici, come nel caso delle dattilografe impegnate in uno scanzonato e straniante coretto da réclame, ora lirico-drammatici, come per le sartine costituitesi in cooperativa per sfuggire allo sfruttamento lavorativo precedentemente sperimentato a livello individuale. Ma è stato nel ritratto a tutto tondo delle varie donne che le valenti attrici hanno dato il meglio di sé rendendo con autenticità e naturalezza le loro aspirazioni e delusioni, speranze e frustrazioni. Ispirandosi nella recitazione ad una vena schiettamente popolaresca ma senza cadere nel bozzettismo, sono riuscite a cogliere, attraverso l'immediatezza e sinteticità dell'espressione verbale e mimica, la verità psicologica riposta nell'animo femminile di ciascun personaggio. In tal modo il gruppo di Mitipretese ha ricreato sulla scena la magia dell'incontro, che Petri era riuscito a fissare sulla pagina, tra il giovane giornalista-artista e le persone "comuni" che, affidandosi a lui con sincerità, si sono tramutate in indimenticabili personaggi, rappresentativi di un difficile passaggio della nostra storia repubblicana; un grido corale di sofferenza e un anelito alla liberazione, il loro, di certo pronto a propagarsi, mutatis mutandis, anche da molte giovani d'oggi.
Lorenzo Mucci