di Giusi Arimatea e Giovanni Maria Currò
Regia: Giovanni Maria Currò
Interpreti: Alessio Bonaffini, Tino Calabrò e Mauro Failla
Voci di Antonio Alveario, Ivan Giambirtone ed Elisabeth Agrillo
Scenografie e scenotecnica Franco Currò
Aiuto regia Giusi Arimatea
Costumi: Liliana Pispisa
Audio e suoni: Carmelo Galletta
Grafica: Cinzia Muscolino
Foto di scena Giuseppe Contarini
Produzione: Clan degli attori- Messina
Al Clan Off Teatro di Messina 11 e 12 maggio 2019
Il Clan Off Teatro di Messina chiude la sua terza stagione, sempre all'insegna di una giovane drammaturgia, con Il rasoio di Occam della collega Giusi Arimatea e di Giovanni Maria Currò pure regista, che vede come interpreti un trio di attori all'altezza, Mauro Failla, Pino Calabrò, Alessio Bonaffini, espressioni d'una nouvelle vague attoriale dello Stretto. Un lavoro all'apparenza leggero ma che tale non è perché ambientato il 9 maggio del 1978 nel giorno del ritrovamento in Via Caetani del corpo di Aldo Moro nel bagagliaio d'una rossa Renault 5 ucciso dalle Brigate Rosse. Gruppo armato molto temuto dal barbiere Tanino (Failla) intorno al quale ruota la divertente pièce, di cui però non conosce nulla, solo che uccidono a bruciapelo. Una mattina dopo aver fatto la barba ad un professore (Calabrò) irrompe nel suo salone un tale (Bonaffini) con una pistola in mano che Tanino classifica subito come brigatista. In realtà è un ladro che dopo aver fallito una rapina in banca s'è rifugiato in quella bottega. Fedele a quella diceria che vuole i barbieri loquaci, dissertare in modo approssimativo su ogni cosa, guai a toccare lavoro moglie e figli, Tanino non è da meno, aprendo bocca per dire cose banali, trite e ritrite. rompendo la tensione creatasi con l'innescare alla radio musicassette di canzonette trash che gli altri due non vogliono sentire, creando così dei pesanti momenti di silenzio, riempiti all'istante dal ticchettio amplificato d'un orologio o dalla voce fuoricampo della sconvolta moglie di Tanino o da ripetuti interventi del maresciallo Jacopino, (quella dell'attore Antonio Alveario), simile a quella vocina della "volante uno, volante due" d'una trasmissione radiofonica di Renzo Arbore, che intimano al ladro d'arrendersi e di uscire a mani alzate dal salone. Intanto le chiacchiere chiariscono che il ladro è un intellettuale senza lavoro anche perché non sa fare niente, che ha letto libri di filosofia come la Dissipatio Humani Generis di Morselli, ma che conosce pure di Buzzati, il Teatro della Commedi dell'Arte e altro ancora, entrando in sintonia col professore che pare abbia in simpatia la rivolta armata e/o che lui stesso ne abbia potuto far parte. Ad un tratto parlando di felicità il professore toglie i proiettili dalla pistola, facendo credere a Tanino che ce n'è solo uno, in realtà neppure quello, per giocare alla roulette russa. Un modo forse per svelare chi in realtà lui ha di fronte. È chiaro che i colpi sparati sulle tempie del professore e del ladro fanno solo clic e quando tocca a Tanino, che si è riempito di cacca, anche lui chiaramente rimane incolume. Ed è qui che entra in gioco Il rasoio di Occam, un principio metodologico, ritenuto alla base del pensiero scientifico moderno, espresso dal teologo, filosofo e religioso francescano inglese Guglielmo di Ockham, od Occam, vissuto tra il XIII e il XIV secolo, che nella sua forma più immediata, suggerisce di scegliere ai fini della risoluzione di un problema quella più semplice tra più ipotesi possibili. Al suo nome si è ispirato Umberto Eco per il personaggio Guglielmo da Baskerville, protagonista del romanzo Il nome della rosa. Un argomento che il professore tira in ballo nel vedere Tanino accontentarsi delle cose più semplici, dove due più due fa quattro, senza voli pindarici o progetti utopici. Ha capito tutto Tanino. Ha capito in particolare che in questa vita ci si deve accontentare per sopravvivere e che se non si fa il bagno a mare si può prendere il sole a pancia all'aria e se arriva un brutto pensiero lo si deve scacciare. Tanino col suo rasoio elimina le cose superflue, quelle che complicano la vita non servono. Occam lo predicava molto tempo prima che Tanino c'arrivasse senza neppure sapere chi fosse non sapendo nulla di filosofia o di scienza. La conclusione è tragica e io la dico lo stesso: il professore indosserà il passamontagna del ladro, uscirà fuori con la pistola in mano scarica e si udranno una sfilza di colpi di armi da fuoco. Straordinari e molto applauditi i tre interpreti, in particolare Mauro Failla che ha sfoderato una serie di numeri esilaranti, posture di figaro nostrani e modi di dire tipici dello slang dialettale messinese.
Gigi Giacobbe